Cass. civ. Sez. V, Sent., 20-04-2012, n. 6256 Accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – L’agenzia delle entrate ricorre per cassazione, con tre motivi, nei confronti della sentenza della commissione tributaria regionale del Lazio, n. 205/21/2010, che ha confermato la decisione con la quale la commissione tributaria provinciale di Roma aveva accolto un ricorso della curatela del fallimento di Aexis telecom s.p.a. avverso un avviso di accertamento redatto nei confronti della fallita e relativo all’anno fiscale 2002.

L’intimata non ha svolto difese.

Motivi della decisione

1. – La sentenza riferisce che l’impugnazione avverso l’atto impositivo era stata proposta sulla duplice considerazione (a) che la dichiarazione dei redditi, diversamente da quanto contestato dall’agenzia delle entrate, era stata validamente presentata dal liquidatore della società, e (b) che la motivazione dell’atto era da ritenere carente per insussistenza dei presupposti di legge, attesa la regolarità delle scritture contabili dell’impresa.

Evidenzia quindi che il giudice di primo grado, "ritenute fondate le eccezioni della ricorrente", aveva accolto la detta impugnazione.

Tale statuizione è stata confermata in ragione essenzialmente della prima questione ("se la dichiarazione presentata dal liquidatore della società, anzichè dal curatore fallimentare, potesse considerarsi come omessa") , riguardo alla quale la commissione regionale ha ritenuto di fornire risposta negativa, giacchè – ha detto – la dichiarazione era stata comunque presentata sulla base di bilancio chiuso al 31.12.2002, approvato dall’assemblea dei soci il 12.5.2003, prima, cioè, della nomina del curatore fallimentare (avvenuta in data 11.6.2003). Ha in ogni caso evocato il principio di generale sanabilità della sottoscrizione ove anche eseguita da soggetto non legittimato, ai sensi del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 1, comma 3.

Dalla previa affermazione di validità della dichiarazione detta, la commissione ha tratto che le restanti argomentazioni dell’ufficio in tema di inattendibilità delle scritture contabili erano "ultronee e irrilevanti ai fini della controversia", in quanto "l’accertamento era stato effettuato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 che ha quale presupposto necessario e vincolante l’omissione o la nullità della dichiarazione". Ha in ogni caso aggiunto che tale (pur superflua) verifica in punto di attendibilità o meno delle scritture era stata "già puntualmente svolta dai primi giudici e non contestata, se non genericamente, dall’atto di appello". 2. – Ciò stante, la ricorrente denunzia, col primo motivo, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d), artt. 41 e 42 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la commissione regionale ritenuto illegittimo il ricorso all’accertamento induttivo per il sol fatto della insussistenza del presupposto correlato alla affermata (nell’atto impositivo) nullità della dichiarazione dei redditi. In particolare ascrive al giudice di merito di avere ritenuto irrilevante la verifica della inattendibilità delle scritture contabili, che pur aveva costituito distinto presupposto – espressamente menzionato nella motivazione – della metodologia induttiva utilizzata.

Col secondo mezzo deduce vizio di motivazione (sotto il profilo della insufficienza e della contraddittorietà) sul fatto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5) costituito dall’espresso riferimento dell’atto impositivo anche a tal profilo, della esistenza, cioè, di una contabilità considerata inattendibile nel suo complesso. Mentre la commissione aveva liquidato ogni questione genericamente (ed erroneamente) affermando che l’accertamento era stato effettuato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1972, art. 41. Col terzo mezzo deduce, infine, insufficiente motivazione nella misura in cui la commissione regionale, alla luce dei pur trascritti motivi d’impugnazione, involgenti l’esistenza dei presupposti di fatto di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, si è limitata ad affermare che la superflua verifica di attendibilità delle scritture contabili della società fallita era stata puntualmente svolta dal giudice di primo grado e non contestata nell’atto d’appello "se non genericamente". 3. – I motivi, suscettibili di unitario esame in quanto tra loro connessi, sono fondati.

4. – Nell’avviso di accertamento, trascritto nelle parti salienti in seno al ricorso per cassazione, risulta premesso (1) che nella specie rilevava la dichiarazione dei redditi mod. unico 2003, relativa all’anno d’imposta 2002; (2) che la dichiarazione era stata presentata in data 31.10.2003 a firma del liquidatore; (3) che il fallimento era stato peraltro dichiarato con sentenza in data (OMISSIS).

L’accertamento ha quindi richiamato il verbale di constatazione della g.d.f. del 18.12.2003, evidenziante una marcata differenza tra ricavi contabilizzati dalla fallita (Euro 7.012.684,00) e ricavi effettivi (Euro 11.169.449,00), e, in aggiunta al rilievo di "omessa presentazione dell’unico 2003 per il 2002" e di "omessa presentazione del bilancio al 31/12/2002 e relativi allegati", ha contestato "che (..) la contabilità (..) è risultata inattendibile nel suo complesso, configurandosi in tal modo l’applicazione della procedura induttiva per la determinazione del reddito d’impresa".

L’impugnata sentenza, in risposta al gravame dell’amministrazione finanziaria avverso la decisione di primo grado (gravame distinto in censure involgenti entrambi i profili, come ancora emerge dalla trascrizione delle relative partizioni, in questa sede eseguita dalla ricorrente), ha confermato l’annullamento dell’atto impositivo essenzialmente affermando che questo era stato invece "effettuato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, il cui presupposto (la nullità della dichiarazione fiscale) ha negato per le ragioni all’inizio ricordate.

Ma in tal modo non ha adeguatamente valutato che, seppure in effetti menzionante, in fine, solo l’art. 41 cit., l’avviso di accertamento, nella riferita parte motiva, conteneva un concorrente espresso riferimento alle condizioni di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d). Al quale espresso riferimento il giudice del merito non ha prestato alcuna attenzione, ancorchè all’uopo sollecitato dal gravame proposto avverso la decisione di primo grado, i cui tratti salienti erano costituiti dal rilievo di "legittimità del ricorso all’accertamento presuntivo, poichè le scritture contabili evidenziavano numerose e ripetute irregolarità, come rilevato dal p.v.c. di cui sopra".

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’interpretazione della domanda – anche di quella tradotta in pretesa fiscale – costituisce sì operazione riservata al giudice di merito (cfr. per tutte Cass. n. 22893/2008; n. 14751/2007; e da ultimo, seppure per riferimenti a diversi fini, sez. un. 4617/2011), ma suppone un’adeguata indagine sorretta da congrua motivazione; la quale adeguata indagine è invece, nel caso di specie, mancata.

5. – Può quindi anche convenirsi con l’affermazione previa della commissione regionale, che ha ritenuto nella specie non integrato il presupposto di cui al citato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 ancorchè dovendosi al riguardo correggere la motivazione all’uopo redatta, dal momento che la ragione della insussistenza della nullità della dichiarazione, presentata nel caso in esame dal liquidatore della fallita, non è costituita dall’irrilevante profilo della consecuzione al bilancio approvato dagli organi sociali prima della dichiarazione di fallimento, ma dal fatto che trattavasi di dichiarazione relativa a periodo d’imposta (2002) anteriore a quello nel corso del quale la procedura concorsuale era stata aperta: v.

D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 183 Tuir e del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 5). Detta affermazione, d’altronde, non risulta neppure censurata in questa sede. Ma resta il fatto che una simile preliminare valutazione non risolveva la materia del contendere, residuando comunque il distinto profilo della metodologia induttiva correlata, nell’atto impositivo, al contestato riscontro di una contabilità nel complesso inattendibile, per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica.

Nè può ritenersi in proposito soddisfatto l’onere di disamina e di connessa motivazione, che incombeva al giudice d’appello, in virtù del laconico inciso caratterizzante l’ultima parte della motivazione dell’impugnata sentenza.

Il riferimento al fatto di una svolta puntuale verifica dei primi giudici "non contestata, se non genericamente, nell’atto di appello", commisurato alla specificità della censura (anche in tal caso trascritta per intero in seno al ricorso per cassazione, nel rispetto del canone di autosufficienza di questo), si rivela apodittico e, come tale, inadeguato a esprimere le ragioni di un giudizio.

6. – Per le esposte considerazioni, il ricorso si palesa dunque meritevole di accoglimento; donde l’impugnata sentenza va cassata con rinvio, per nuovo esame, alla commissione tributaria regionale del Lazio, diversa sezione, la quale provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla commissione tributaria regionale del Lazio.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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