T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 29-11-2011, n. 9354

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Col ricorso in esame, gli interessati – dipendenti (o ex dipendenti) di un’Azienda Ospedaliera toscana – hanno chiesto (previa disapplicazione degli atti amministrativi con esso contrastanti) l’accertamento del diritto a percepire il trattamento economico (proprio del primo livello dirigenziale) corrispondente alle mansioni da essi effettivamente espletate.

All’esito della discussione svoltasi nella pubblica udienza del 5.10.2011, il Collegio – trattenuta la causa in decisione – constata come le pretese attoree siano intrinsecamente infondate.

Si rileva, in proposito, come i ricorrenti pretendano (in buona sostanza) di far valere un diritto che – in quanto privo, come da loro stessa ammissione, della prescritta base normativa – non può, "tecnicamente", definirsi tale.

E che ciò sia vero è dimostrato (anche) dal fatto che i cennati soggetti sollevano questione di costituzionalità di una disposizione settoriale – quella di cui all’art.18, comma 2 bis, del d.lg. n.502/92 – della quale (peraltro) riconoscono che è stata fatta, da parte della resistente, corretta applicazione.

Non ci si può, in ogni caso, esimere dal considerare

che i ricorrenti, sino alla data di adozione della delibera di cui si chiede la disapplicazione, erano inquadrati – con la qualifica di "Assistente" – al nono livello; e si differenziavano, pertanto, dagli "Aiuti" (ai quali, soli, era riconosciuto – senza che nessuno avesse mai avuto nulla da eccepire – il livello superiore);

che (al di là di questo, pur dirimente, dato formale) i cennati livelli (in vigore, lo si ripete, prima della riforma del S.S.N.) corrispondevano a posizioni di lavoro nettamente differenziate. (Sia per quanto attiene ai requisiti di accesso, alla responsabilità ed alle mansioni; sia, correlativamente, sotto il profilo del trattamento economico).

E dunque; atteso

che la norma di cui si deduce l’incostituzionalità costituisce puntuale applicazione del criterio posto dall’art.1, lett. q, della "leggedelega" n.421/92;

che essa, nel voler evitare – in presenza di indubbie differenze di carriera e di anzianità tra i lavoratori interessati dalla riforma – repentine (e forzate) equiparazioni, è espressione coerente (cfr., sul punto, Corte Cost. n.605/87) dei canoni costituzionali di eguaglianza e ragionevolezza;

che la conformità al dettato costituzionale della norma "de qua" è confermata, ulteriormente, dalla previsione (contenuta nella norma stessa) della possibilità – per coloro che versa(va)no nella posizione dei ricorrenti – di conseguire la fascia retributiva superiore a seguito di un semplice giudizio di idoneità (cfr. – qui – Tar Lazio, 1^ bis, 1991/2005: che ha recisamente escluso che tale norma confligga col disposto dell’art.3 Cost.),

il Collegio – con ogni conseguenza in ordine alle spese di lite – non può (appunto) che concludere per l’infondatezza della proposta azione cognitoria.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)

rigetta il ricorso indicato in epigrafe;

condanna i proponenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio: che liquida in complessivi 10.000,00 euro.

Ordina che la presente sentenza, che – per impedimento temporaneo del Presidente all’uso della mano destra – viene sottoscritto (in sua vece: e su sua disposizione) dal componente più anziano del Collegio, sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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