Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 20-04-2012, n. 6217 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza del 15 – 30.9.2009, in riforma della pronuncia di primo grado, ritenuta la nullità del termine apposto al contratto di lavoro, decorrente dall’8.7.2002, concluso fra la Poste Italiane spa e M.E. ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, per esigenze tecniche organizzative e produttive e in concomitanza ad assenze per ferie contrattualmente dovute a tutto il personale nei periodo estivo, dichiarò che dalla suddetta data dell’8.7.2002 era intercorso fra le parti un rapporto a tempo indeterminato, ordinò la riammissione della lavoratrice nel medesimo posto di lavoro e condannò la parte datoriale al pagamento delle retribuzioni dalia data di messa in mora, avvenuta con raccomandata del 17.11.2004, oltre agii interessi legali sulle somme rivalutate.

Per la cassazione di tale sentenza la Poste Italiane spa ha proposto ricorso fondato su cinque motivi e illustrato con memoria.

L’intimata M.E. ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1. Il contratto di lavoro per cui è causa è stato concluso "ai sensi della vigente normativa per esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie prodotti e servizi, nonchè all’attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002, congiuntamente alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenza per ferie contrattualmente dovute a tutto il personale nel periodo estivo".

La Corte territoriale ha reputato la nullità del termine finale stante il mancato rispetto del canone di trasparenza, per la genericità delle esigenze, che nulla dicevano in ordine al nesso causale che le doveva collegare alle mansioni per cui la lavoratrice era stata assunta; inoltre la relativa indicazione avrebbe dovuto essere contenuta nel contratto e doveva precedere l’esecuzione della prestazione in vista dell’esigenza di veridicità e immodificabilità; nè potevano essere richiamati come causale gli accordi di mobilità interaziendali, "di per sè inidonei a giustificare la mancata specificazione dei motivi con inerenza alla singola assunzione". 1.1 Tale impostazione è stata diffusamente censurata dalla parte ricorrente con i primi due mezzi, da esaminarsi congiuntamente.

La questione all’esame è già stata affrontata dalla giurisprudenza di legittimità e risolta con l’affermazione del principio secondo cui l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dal D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1, a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto, impone ai datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, si da rendere evidente la specifica connessione fra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata a realizzare e la utilizzazione de lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa; spetta al giudice di merito accertare, con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità, la sussistenza di tali presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni specificatamente indicate con atto scritto ai fini dell’assunzione a termine, ivi compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel contratto costitutivo del rapporto (cfr., ex plurimis, Cass., nn. 2279/2010; 10033/2010; 16303/2010).

1.2 Ed invero l’esplicitazione delle ragioni dell’apposizione del termine può risultare anche indirettamente dal contratto di lavoro, attraverso il riferimento ad altri testi scritti accessibili dalle parti, in particolare nel caso in cui, data la complessità e la articolazione del fatto organizzativo, tecnico o produttivo che è alla base della esigenza dell’assunzione a termine, questo risulti analizzato in specifici documenti, specie a contenuto concertativo, richiamati nella causale di assunzione; nel caso in esame, come detto, il contratto di assunzione oltre a richiamare "esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche prodotti e servizi", fa riferimento anche alla "attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002", in base ai quali, come dedotto dalla parte ricorrente, le parti si erano date atto, fra l’altro, che la Società avrebbe continuato a fare ricorso all’attivazione di contratti a tempo determinato per sostenere il livello del servizio di recapito durante la fase di realizzazione dei processi di mobilità. 1.3 In effetti la Corte territoriale ha limitato il proprio esame alle ragioni indicate nella prima parte della clausola riportata in seno al contratto di assunzione, ritenendole vaghe e meramente apparenti, ma non ha anche valutato – ritenendoli "di per sè" inidonei a giustificare la mancata specificazione dei motivi – l’incidenza che sulla posizione della dipendente potevano dispiegare gli accordi collettivi indicati nello stesso contratto.

L’omissione di tale valutazione appare censurabile, in quanto deve rilevarsi che, seppur nel nuovo quadro normativo di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, alla contrattazione collettiva non spetti più un autonomo potere di qualificazione delle esigenze aziendali idonee a consentire l’assunzione a termine, tuttavia, la mediazione collettiva ed i relativi esiti concertativi restano pur sempre un elemento rilevante di rappresentazione delle esigenze aziendali in termini compatibili con la tutela degli interessi dei dipendenti, con la conseguenza che gli stessi debbono essere attentamente valutati dal giudice ai fini della configurabilità ne caso concreto dei requisiti della fattispecie legale. Nei suddetti limiti i motivi all’esame devono pertanto ritenersi fondati.

2. Quanto alla causale alternativa delle esigenze sostitutive, la Corte territoriale ne ha ritenuto l’illegittimità mancando l’indicazione del nome del dipendente sostituito.

Tale impostazione è stata censurata dalla parte ricorrente con il terzo mezzo.

2.1 Anche tale questione è già stata affrontata dalla giurisprudenza di questa Corte, che l’ha condivisibilmente risolta con l’enunciazione del principio secondo cui, in tema di assunzione a termine di lavoratori subordinati per ragioni di carattere sostitutivo, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 214 del 2009, con cui è stata dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 2, l’onere di specificazione delle predette ragioni è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel corso del rapporto; pertanto, nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l’apposizione del termine deve considerarsi legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse – risulti integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (quali l’ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alta conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorchè non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del prospettato presupposto di legittimità (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 1576/2010;

4267/2011).

2.2 La parte ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non ha tuttavia specificato se e in forza di quali elementi – al di là della mera indicazione dei termini iniziale e finale del rapporto e della generica contemplazione della concomitanza assenza per ferie contrattualmente dovute nel periodo estivo – sia stata integrata, nel caso all’esame, l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti; dal che discende, modificata la motivazione della sentenza impugnata nei termini anzidetti, il rigetto del motivo all’esame.

3. Va ribadito il principio, già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte ed applicabile alla fattispecie all’esame, secondo cui l’indicazione di due o più ragioni legittimanti l’apposizione di un termine ad un unico contratto di lavoro non è in sè causa di illegittimità del termine stesso, ove non sussista incompatibilità o intrinseca contraddittorietà, nè ridondando ciò, di per sè solo, salvo un diverso accertamento in concreto, in incertezza della causa giustificatrice dell’apposizione del termine (cfr., ex plurimis, Cass., nn. 16396/2008; 16424/2010).

Pertanto, dovendo escludersi nel caso concreto profili di incompatibilità o intrinseca contraddittorietà fra le due distinte causali, la rilevata illegittimità di quella inerente all’esigenza di sostituire lavoratori assenti non comporta altresì, di per sè, l’illegittimità dell’altra e già esaminata causale.

4. Il quarto e il quinto mezzo, relativi alle conseguenze risarcitorie, restano assorbiti.

5. In definitiva il ricorso va accolto nei limiti anzidetti, con conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvio al Giudice designato in dispositivo, che procederà a nuovo esame conformandosi agli indicati principi di diritto e provvedere altresì sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, rigetta il terzo e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Bologna.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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