Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 29-09-2011) 27-10-2011, n. 38862 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale di Cagliari ha affermato la responsabilità dell’imputato in epigrafe, sottufficiale dell’arma dei Carabinieri, in ordine ai reati di peculato, falsità ideologica, detenzione illecita di due etti di hashish, cessione di un quantitativo di tale stupefacente a tale A.M.; e lo ha condannato alla pena di nove anni di reclusione e 30.000 Euro di multa. La pronunzia è stata confermata dalla Corte d’appello di Cagliari.

2. Ricorre per cassazione l’imputato deducendo 11 motivi.

2.1 Con il primo si lamenta travisamento delle dichiarazioni di F. R.. Vengono trascritti brani delle dichiarazioni di costui ponendo in luce che egli è in corso in contraddizioni, pervenendo a ritenere di esser certo sul peso della stupefacente con improvvisa enunciazione incoerente con quanto in precedenza riferito. Le enunciazioni accusatorie sono d’altra parte in contrasto con il contenuto della indicazione riportate nel reperto sequestrato e sottoscritto dal F., nel quale si parlava di diciotto e di cinque panetti di hashish. Le dichiarazioni sono anche contraddittorie giacchè da un lato si afferma di non aver controllato minuziosamente i panetti e dall’altro si assume la certezza di aver ricevuto tre chili di stupefacente. Le inconciliabili prospettazioni del dichiarante non risultano sottoposte ai necessario vaglio critico e sono state anzi pedissequamente recepite.

2.2 Con il secondo motivo si deduce che le stesse dichiarazioni sono state anche incongruamente valutate come prova della responsabilità, in violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., comma 3. I giudici di merito, considerato che si era in presenza di imputato di reato connesso o comunque collegato, avrebbero dovuto valutare l’attendibilità del dichiarante, l’attendibilità intrinseca della chiamata di correo, l’esistenza di riscontri esterni. Nessuno di tali requisiti è stato oggetto di verifica. Si è in particolare trascurato di considerare le ragioni di risentimento nei confronti dell’imputato che lo aveva già in precedenza tratto in arresto; la discordanza tra le tre diverse dichiarazioni rese nel corso del processo; la mancanza di spontaneità; la connessione tra la modifica delle dichiarazioni e la acquisita conoscenza dell’arresto dell’imputato.

Si è pure trascurato di considerare l’inaffidabilità del soggetto per via del suo atteggiamento reticente e per molti versi menzognero, avendo costui taciuto il nome del venditore della sostanza ed avendo mentito sulla descrizione della sua condotta precedente al fermo. Si è pure trascurata la circostanza che il F. era stato visto quella mattina a bordo di un’auto in compagnia di altro soggetto, circostanza che deponeva nel senso che il dichiarante avesse ceduto prima del fermo una parte della sostanza acquistata. In sostanza il coimputato aveva interesse a rendere le dichiarazioni in esame a fronte del rischio di poter essere accusato della cessione a terzi di una parte della sostanza acquistata.

L’inattendibilità delle dichiarazioni avrebbe dovuto escludere la possibilità della loro utilizzazione come prova.

Si lamenta infine che difettano riscontri esterni alle accuse.

2.3 Con il terzo motivo si censura la valutazione delle dichiarazioni rese da A.M.. Anche costui era imputato di reato connesso ed analogamente si configura violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., comma 3. La Corte d’appello considera tale soggetto esplicitamente come testimone. Tale errore spiega il credito attribuito alla indicate dichiarazione, senza vagliarne la attendibilità alla stregua dei criteri di legge.

In realtà, la chiamata in correità è assolutamente inattendibile sotto il profilo soggettivo. Sono infatti emersi con grande chiarezza i motivi di grave risentimento nei confronti dell’imputato. Traspare infatti da alcune conversazioni telefoniche l’esistenza di forte astio, dovuto al fatto di attribuire al ricorrente la responsabilità di avergli cagionato nocumento a livello personale e familiare-avendo comunicato alla moglie l’esistenza di una stabile relazione extraconiugale ed avendo anche ingenerato il dubbio che egli intrattenesse a sua volta un rapporto sentimentale con la moglie. E’ pure emerso che A. attribuiva all’imputato il coinvolgimento in un’indagine relativa a traffici illeciti di stupefacente, come emerge da comunicazione telefonica in data 6 giugno 2008 allegata al ricorso. (allegato numero due).

Emerge pure che A. maturò proposito di vendetta e vi diede attuazione concreta. A tale riguardo si indicano alcune conversazioni telefoniche che vengono pure allegate e trascritte nelle parti in cui si fa esplicito riferimento a propositi vendicativi.

Anche da altra comunicazione, emerge che l’imputato si felicita della notizia dell’arresto ed esplicita che essa è il frutto della sua vendetta per i comportamenti scorretti.

Pure in altre conversazione la moglie di A. comunica al ricorrente il proposito di vendicarsi. Tale proposito è stato concretamente attuato fornendo in vario modo notizie mendaci sul suo conto ai Carabinieri del nucleo operativo attraverso le conversazioni telefoniche che sapeva intercettate ed a mezzo di dichiarazioni spontanee. Solo nell’esame dibattimentale A. superava il precedente atteggiamento vendicativo e rendeva dichiarazioni di segno opposto; avendo negato che l’imputato gli avesse mai consegnato la droga e che da lui provenisse il pezzetta di hashish sequestratogli;

avendo riferito che il C. era solito attribuirsi per vezzo e millanteria comportamenti in realtà privi di ogni aderenza al vero;

ed affermando di non aver creduto che la sottrazione descritta fosse realmente avvenuta. Da tali emergenze occorre trarre l’univoca indicazione che l’accusatore non sia attendibile e che le dichiarazioni siano state ispirate dal proposito di incastrare l’avversario.

2.4 Con il quarto motivo si deduce violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. con riguardo alla valutazione delle dichiarazioni accusatorie sopra indicate, essendo state valutate senza considerarne l’inaffidabilità e la inattendibilità. 2.5 Il quinto motivo attiene al vizio della motivazione per quanto riguarda la esclusione di intenti calunniatori da parte di A.. Si assume che emerge pacifica dagli atti la prova dell’esistenza di un piano volto ad incastrare l’imputata sicchè il materiale probatorio avrebbe dovuto essere valutato alla stregua di tale emergenza. Al riguardo la pronunzia è priva di adeguata motivazione. La Corte si limita a considerare l’atteggiamento complessivamente favorevole tenuto dal coimputato in dibattimento trascurando che egli aveva programmato ed attuato il suo piano ben prima dell’udienza nella quale venne sentito in Tribunale. Attesa tale precisa genesi delle dichiarazioni rese in dibattimento, la questione della riconducibilità delle accuse ai manifestati ed attuati intenti calunniosi non avrebbe certamente potuto essere risolta avendo riguardo soltanto all’atteggiamento tenuto in dibattimento.

La motivazione è altresì censurabile per ciò che riguarda l’affermazione che A. non sapesse di essere intercettato. Si è trascurato che l’imputato aveva riferito al suo superiore dell’ingiustificata fuga di notizie che metteva in pericolo il buon esito delle indagini avviate e la sua incolumità. D’altra parte la conversazione in data 5 giugno tra A. e la compagna mostra una tale artificiosità da denotare la strumentalità rispetto agli obiettivi calunniatori.

2.6 Il sesto motivo censura la motivazione per quanto attiene alla prova della sottrazione dello stupefacente ad opera dell’imputato. Si assume infatti che tale sottrazione abbia avuto luogo durante il trasporto in auto e che a tal fine l’imputato abbia distratto l’autista del veicolo con lo stratagemma di fargli notare il malfunzionamento del tachimetro; e che la stessa sottrazione emerge da quanto riferito dal C. a A.. Intanto nulla autorizzava a dare per scontato che, nonostante la narrazione, la sottrazione fosse effettivamente avvenuta. Il dubbio è alimentato anche dalle dichiarazioni dibattimentali del ridetto A., nelle quali si mostrò persuaso che il fatto non rispondesse al vero e costituisse solo uno scherzo. Nè si può trascurare che le dichiarazioni potevano trovare giustificazione nel proposito dell’imputato di instaurare un rapporto confidenziale.

D’altra parte dall’esame del carabiniere conducente dell’auto risulta con chiarezza che l’imputato non operò la sottrazione e neppure toccò la busta. Il teste ha infatti escluso di aver notato che il C. controllasse il contenuto della busta sequestrata.

D’altra parte l’ipotesi accusatoria appare anche obiettivamente inverosimile e di difficile se non impossibile esecuzione; tanto più che la droga era custodita in una busta a sua volta collocata all’interno di altra busta di carta contenente anche capi di abbigliamento, sicchè appare impossibile che il C., seduto sul sedile passeggero potesse porre in essere la sottrazione senza che altri se ne accorgesse. Inoltre, l’ipotesi che l’imputato abbia distratto il conducente segnalandogli il cattivo funzionamento del contachilometri appare irragionevole, essendo tale condotta inidonea ad impedire che l’autista si rendesse conto di un’ eventuale sottrazione accompagnata dal gesto rovistare all’interno della busta.

D’altra parte il teste non ha mai riferito che sia stato il C. ad attrarre la sua attenzione sul guasto in questione. Si argomenta infine che l’imputato sedeva sul sedile lato passeggero sicchè, attesa la conformazione del cruscotto, non poteva vedere il tachimetro.

2.7 Con il settimo motivo si denunzia travisamento delle risultanze dell’intercettazione della conversazione telefonica in data 1 giugno 2008 tra A. e la sua compagna. Infatti dalla trascrizione non emerge affatto che si è dimostrato inequivocabilmente che l’imputato giunse nel panificio recando la hashish. Infatti l’affermazione compromettente è pronunziata da tale P., altro personaggio coinvolto nella conversazione. Si configura pertanto gravissimo travisamento dell’intercettazione.

2.8 L’ottavo motivo attiene alla motivazione della reiezione della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale al fine di procedere ad esperimento giudiziale, volto ad accertare la realizzabilità della condotta all’interno dell’abitacolo dell’auto con le modalità e nel contesto descritti. La Corte d’appello non ha dato alcun riscontro nè nel giudizio nè in sentenza a tale ben motivata richiesta.

2.9 Con il nono motivo si lamenta violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. in ordine alla prova della cessione di hashish ad A.. La Corte d’appello trae argomento laconicamente dal contenuto delle intercettazioni telefoniche e dall’esito della perquisizione che si assume riconduca la sostanza alla medesima partita in precedenza sottratta. La conversazione del 1 giugno era infatti estranea alla persona del C.. Quella del successivo 5 giugno non assurgeva certamente al livello di indizio valutabile ai sensi dell’art. 192, in considerazione della laconicità e non univocità dei riferimenti oltre che per il sospetto fondato che il colloquio fosse fittizio e finalizzato ad incastrare l’imputato. Nè sussiste la necessaria concordanza con ulteriori elementi indiziari. La Corte ha anche travisato il contenuto dell’analisi tossicologica. Il consulente ha infatti parlato solo di analogia e non di uguaglianza e sovrapponibilità. D’altra parte si sarebbe anche dovuto considerare che tale analogia è stata basata sulla mera percentuale di principio attivo e dunque in modo non concludente. Infine il confronto è stato operato sui valori di un campione di cinque panetti sui 18 disponibili, senza che sia possibile comprendere il valore riscontrato in ciascuno dei panetti. D’altra parte il riferimento al valore medio del principio attivo contenuto nei detti panetti senza considerare tutto il materiale in sequestro rende la prova priva di decisiva e certa rilevanza.

2.10 Il decimo motivo riguarda il difetto di motivazione in ordine al diniego della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale al fine di eseguire perizia tossicologica nonchè per il travisamento delle risultanze della consulenza tecnica.

L’argomentazione della sentenza risulta inconferente rispetto ai profili in ordine ai quali la richiesta era stata avanzata. Erano stati infatti prospettati dubbi in ordine alla correttezza della metodica seguita dal consulente del pubblico ministero, atteso che l’indagine non era in linea con i protocolli vigenti in materia e generalmente eseguiti per accertare la positività in ordine all’assunzione di stupefacenti; essendo stato tra l’altro considerato un valore soglia dimezzato rispetto a quello fissato a livello nazionale. La Corte d’appello ha inoltre errato nel ritenere che l’imputato fosse un forte assuntore di hashish giacchè il consulente ha riferito di non poter stabilire se l’assunzione fosse abituale o occasionale.

2.11 L’ultimo motivo censura il diniego delle attenuanti generiche, dell’attenuante di cui all’art. 73, comma 5, e la incongruità del trattamento sanzionatorio. Infatti una medesima circostanza non può essere considerata e valutata a diversi fini. La Corte d’appello, invece, trae argomento dalla gravità del fatto al fine di respingere indistintamente tutte le richieste difensive. La motivazione pare particolarmente carente per quanto attiene al diniego dell’attenuante di cui al già indicato art. 73, comma 5. Si sarebbe dovuto tener conto non solo della quantità e della qualità della sostanza oltre che delle modalità di attuazione proprie di tale reato, mentre la motivazione si riferisce ad argomenti e circostanze che riguardano il diverso reato di peculato.

3. Il ricorso è infondato. I motivi di ricorso colgono specifici aspetti della valutazione del materiale probatorio da parte della Corte d’appello e, dunque, possono essere analizzati congiuntamente, attraverso l’analisi dell’argomentazione probatoria; salve alcune censure che richiederanno qualche considerazione aggiuntiva e specifica.

Il fatto è stato ricostruito dai giudici di merito nei seguenti termini. Nel corso di indagini supportate dall’ascolto di conversazioni telefoniche si era appreso che F.R. avrebbe trasportato una partita di hashish a bordo di un autobus proveniente da Cagliari. Fu conseguentemente disposto un servizio mirato che simulò un ordinario controllo cui parteciparono l’imputato ed altri due militari. Il F. fu sottoposto a perquisizione; all’interno di una busta che aveva con sè furono trovati alcuni panetti di hashish;

venne quindi tratto in arresto. Negli uffici di polizia la droga venne controllata pensata e risultò essere costituita da 18 panetti di hashish del peso di 100 grammi ciascuno e di cinque panetti del peso di 200 grammi ciascuno, per un peso complessivo di 2757 grammi;

ed in tali termini furono redatti i verbali di arresto e sequestro.

Nell’udienza dibattimentale l’arrestato dichiarò di aver acquistato 3 kg di hashish al prezzo di quattro Euro al grammo per una spesa complessiva di 12.000 Euro; ed aggiunse che i panetti erano cinque da due etti e venti da un etto.

Il successivo 6 giugno 2008 nel corso di perquisizione nei confronti di A. venne trovato un pezzo di hashish che risultò avere caratteristiche simili a quelle dei 18 panetti trovati in possesso del F..

Dalle indagini e dalle disposte intercettazioni è emersa la frequentazione e la dimestichezza di rapporti tra l’imputato e l’ A.. Quest’ultimo in dibattimento, pur rendendo dichiarazioni favorevoli all’imputato, affermò che C. in due distinte occasioni gli aveva confidato di essersi appropriato di due panetti di hashish durante il trasporto dell’arrestato presso il comando di polizia; e che per far ciò aveva distratto l’appuntato Co., conducente dell’auto di servizio, facendogli notare che il tachimetro aveva problemi di funzionamento, cosicchè mentre il collega era intento ad osservare l’apparato egli aveva potuto prendere due panetti dalla busta che teneva tra le gambe e nasconderli sotto il sedile. A tale circostanza è stata attribuita particolare importanza poichè il detto appuntato, che non aveva avuto rapporti di alcun genere con le altre persone coinvolte nella vicenda, ricordò che durante il trasferimento del detenuto a bordo di un’auto di servizio, effettivamente l’imputato gli aveva fatto notare che il tachimetro dell’auto era rotto. Se ne desumeva che l’ A. non avevo potuto conoscere che dall’imputato tale informazione.

Dalle indagini è altresì emerso che il C., mentre i colleghi erano impegnati nella pesatura dei panetti presso il Comando, era tornato nell’auto di servizio dove a suo dire aveva dimenticato il telefono cellulare; e pertanto aveva avuto la possibilità di recuperare i due panetti in precedenza nascosti.

Il giorno 21 giugno il C. venne tratto in arresto.

In data 24 giugno venne effettuato un prelievo di sangue e di urine del sottufficiale e le indagini tossicologiche rivelarono l’assunzione di hashish; con la conseguenza che l’imputato, poco prima del suo arresto, aveva evidentemente assunto tale stupefacente.

La sentenza d’appello risponde a tutte le censure difensive che vengono in massima parte pedissequa mente riproposte nel presente giudizio di legittimità.

La dichiarazione accusatoria del F. è stata ritenuta particolarmente attendibile poichè, nonostante le contestazioni, egli ha riferito in dettaglio sul quantitativo di stupefacente acquistato, sul numero dei panetti, sulla somma di danaro utilizzata, sul dettaglio delle spese compiute in quella giornata. Il F. ha anche riferito di aver testato la qualità della sostanza staccandone un pezzetto; e tale circostanza è stata riscontrata, a riprova che aveva attentamente controllato la droga prima di essere fermato dai Carabinieri. Infatti un panetto era risultato mancante di un angolo.

Risultano dunque non veritiere le dichiarazioni rese nell’immediato, nelle quali egli aveva parlato di soli due chili: dichiarazioni mendaci giustificate dal proposito di sminuire ingenuamente la gravità del fatto. L’arrestato, inoltre al tempo della deposizione dibattimentale, era già stato giudicato e quindi non aveva alcun interesse a mentire. Dunque, le dichiarazioni in questione sono attendibili e dimostrano l’ammanco di due panetti da 100 grammi ciascuno.

E’ altresì emerso che tale sostanza è stata sottratta dall’imputato, l’unico che quel giorno ne aveva avuto l’opportunità.

Infatti al momento del controllo dell’autobus era stato proprio il C. a fermare il F. e a farsi consegnare da lui la busta contenente la droga; busta che aveva aperto nella pubblica via constatando che conteneva numerosi panetti di droga, alcuni dei quali sciolti, che aveva prelevato, soppesato distribuendoli pubblicamente fra i colleghi. Pure tale apprezzamento del giudice di merito, visto nel complessivo contesto probatorio, non è privo di significatività: l’atto di aprire la busta in strada e distribuirne il contenuto ai colleghi, oltre ad essere singolare, si presta agevolmente ad esser letto come artifizio volto a prendere preliminare contezza del contenuto del reperto che si sequestrava.

Inoltre, il C. aveva tenuto la busta e l’aveva portata con sè nell’auto di servizio riponendola tra le gambe. Risulta particolarmente significativo nell’ottica accusatoria che il sottufficiale abbia con pervicacia rifiutato di far salire sul mezzo un collega, nonostante questi gli avesse riferito di aver ricevuto ordini in tal senso dal maresciallo comandante. La giustificazione offerta dall’imputato di non aver consentito la presenza del collega per il fatto che l’ordine non era stato impartito a lui personalmente viene ritenuta risibile dalla Corte d’appello, mentre trova accreditamento l’ipotesi accusatoria secondo cui egli si era già determinato ad impossessarsi di alcuni panetti e che per attuare tale proposito non volesse altri militari a bordo dell’auto.

Ancora, la circostanza della distrazione del conducente dell’auto di servizio riferita dall’ A. finalizzata alla sottrazione di due panetti trova conforto nelle dichiarazioni dibattimentali del conducente che ha riferito, appunto, della segnalazione ricevuta dall’imputato in ordine al guasto del tachimetro, di modo che il militare conducente dell’auto si era concentrato sull’apparato consentendo la sottrazione dei due panetti.

Pure significativa viene ritenuta dalla Corte la circostanza che il C. rientrò con una scusa nell’auto di servizio all’evidente fine di recuperare i due panetti in precedenza occultati sotto il sedile.

La Corte reputa altresì rilevante la circostanza che l’imputato non abbia mai voluto spiegare come il suo confidente A. fosse venuto a conoscenza della discussione sul tachimetro. Si tratta di questione che il giudice di merito rimarca e che viene ritenuta di particolare rilievo probatorio.

La pronunzia sottolinea altresì che le dichiarazioni rese nel primo giudizio volte ad accreditare l’ipotesi di un complotto proveniente da un suo superiore, che hanno determinato una complessa attività istruttoria, sono state ritrattate in appello ove il C. ha attribuito un ruolo calunnioso al confidente A. di cui aveva tradito la fiducia avendo rivelato alla moglie che questi aveva una relazione extraconiugale, attirandosi in tal modo il suo odio ed ingenerando propositi di vendetta.

Secondo il giudice d’appello, tuttavia, nelle dichiarazioni dell’ A. non si configura alcuno specifico intento calunniatorie.

Infatti la sua deposizione è stata resa in termini complessivamente favorevoli all’imputato avendo addirittura sostenuto che la sostanza rinvenuta nei suoi locali era in suo possesso da tempo e quindi escludendo che fosse stata ceduta dall’imputato.

Si aggiunge che da diverse comunicazioni telefoniche è emerso che l’imputato si presentava anche a tarda notte nell’abitazione dell’ A.; che in alcune comunicazioni egli veniva indicato come persona che aveva portato lo stupefacente.

Non vi sono elementi per ritenere che l’ A. avesse già dall’inizio ordito un piano per incastrare il C. e che quindi nel corso delle comunicazioni, non si sa come consapevole di essere sottoposto ad intercettazione, avesse falsamente riferito della ricezione di hashish dal C. in modo da poterlo far incriminare.

La prospettazione difensiva di una calunnia ad opera dell’ A. perde poi ulteriormente consistenza alla luce dei rapporti tra i due:

la relazione che il C. aveva avuto con la moglie dell’ A. che ovviamente aveva suscitato la reazione di quest’ultimo e quindi anche il rancore. Nonostante il tradimento, A. aveva ricevuto il sottufficiale in casa, aveva discusso della questione ed aveva fumato ben tre canne incurante di essere in presenza di un maresciallo dei carabinieri che aveva assistito senza battere ciglio. L’imputato non si è limitato ad una erronea e poco professionale gestione dei rapporti con il confidente, ma aveva instaurato con questi un rapporto di tutt’altro genere, tanto che andava a trovarlo ad ora tarda, si intratteneva mentre l’amico assumeva droghe di vario genere, aveva anche intrecciato una relazione con la moglie dell’ A. ridetto, alla quale aveva pure riferito delle relazioni extraconiugali del marito.

Infine la Corte reputa significativa la circostanza dell’assunzione di hashish da parte del C., dimostrata dalla perizia tossicologiche esperita sul sangue e sulle urine. La Corte ritiene ai limiti dell’inammissibilità la richiesta di una nuova perizia tossicologica che sarebbe inutile posto che verrebbe eseguita a distanza di anni dal fatto; e considerato che incredibilmente il C. ha attribuito le tracce di Cannabis al fumo passivo nel corso dell’incontro con l’ A..

In conclusione, avuto riguardo al complesso degli elementi emersi in giudizio, tutti gravi tra loro convergenti e non confutati da valide prospettazioni alternative, la Corte d’appello ha ritenuta accertata la responsabilità per tutti i reati ascritti.

Tale apprezzamento del materiale indiziario risulta nel complesso immune da censure. Gli indizi di cui si è sopra dato sinteticamente conto sono plurimi e nel loro complesso altamente significativi; nè lasciano spazio ad ipotesi ricostruttive alternative. D’altra parte, tutta la valutazione del materiale probatorio si risolve, direttamente o indirettamente, anche in una ponderazione in ordine alle conferme esterne alle dichiarazioni di F. ed A..

Attraverso l’allegazione di frammenti del materiale probatorio, il ricorrente tenta in larga misura di sollecitare questa Corte alla riconsiderazione del merito. Senza dubbio i rapporti tra C. ed A. erano non solo deviati ma anche ambivalenti, per le ragioni che sono state sopra esposte. Ma, anche a voler ritenere che la Corte territoriale abbia sottovalutato le ragioni di astio da parte dell’ A. e la malevolenza dei suoi propositi, resta il fatto che costui contribuisce a fondare l’accusa in modo specifico soprattutto per ciò che attiene alla narrazione afferente alle modalità dell’inganno del conducente dell’auto di servizio (l’evocazione del cattivo funzionamento del contachilometri). Orbene, sul punto, come evidenziato dai giudici di merito, non vi è possibilità di ritenere che vi sia stata un’invenzione calunniosa, visto che il Co. ha puntualmente confermato la circostanza: le deduzioni che si possono trarre da ciò sono univoche: A. narra un fatto realmente accaduto, che non può aver appreso che dal C.. Il peso probatorio di tale contingenza, d’altra parte, è di tutta evidenza.

E’ questo l’aspetto rilevante delle dichiarazioni accusatorie ed esso è ampiamente confermato dall’esterno: cadono, quindi, le censure volte a screditare l’utilizzazione del materiale probatorio attraverso la dedotta violazione dell’art. 192 cod. proc. pen..

3.2 Per ciò che attiene al travisamento della prova di cui al motivo n. 7 di cui si è dato sopra conto, rileva da un lato che la comunicazione è talmente smozzicata che è difficile comprendere chi abbia realmente portato la droga nell’abitazione dell’ A.; e dall’altro che, comunque, anche ad ipotizzare che il senso della comunicazione sia stato frainteso, si tratta con tutta evidenza di un modesto frammento del materiale probatorio che non esercita alcuna influenza sulla complessiva tenuta della motivazione.

3.3 Pure prive di pregio sono le deduzioni a proposito della richiesta di esperimento giudiziale e di nuova perizia. La Corte ha risposto in primo luogo indirettamente ma chiaramente, mostrando la compiutezza del materiale probatorio e la conseguente sostanziale inutilità delle indagini evocate. Quanto alla perizia, poi, si pone in luce un dato che nel suo nucleo non può essere posto in discussione: l’assunzione di hashish mostrata dall’indagine tossicologica e puerilmente negata dal C.. Tutto il resto è stato ritenuto dalla Corte territoriale privo di significatività. Si tratta di apprezzamenti tipicamente demandati alla discrezionale valutazione di giudice d’appello, sovrano nel valutare la necessità di approfondimenti istruttori nella sede impugnatoria.

3.4 Quanto al contenuto delle conversazioni intercettate, il giudice di merito non vi attribuisce un significato decisivo, utilizzandole solo per tratteggiare la relazione tra l’imputato e l’ A., sicuramente deviata ed estranea, nel suo complesso, alla deontologia oltre che al rispetto della legge, come si è sopra fatto cenno. In tale ottica acquista rilievo anche il rinvenimento di sostanza stupefacente simile a quella sequestrata e sottratta.

3.5. Infine, pure prive di pregio sono le censure per ciò che attiene alla pena, alle attenuanti generiche ed all’invocata attenuante. Quanto all’applicazione dell’art. 73, la pronunzia reca appropriata ponderazione immune da vizi logico-giuridici. Si considera che l’entità del fatto va rapportata, come per legge, non solo al valore ponderale ma anche ai mezzi ed alle modalità dell’azione che, nel caso indicato, connotano negativamente il fatto per l’abuso della funzione. Infine, la connotazione completamente negativa della personalità del ricorrente, contrassegnata da organizzata propensione a delinquere, giustifica sia il diniego delle attenuanti generiche che l’entità della sanzione: tipiche valutazioni di merito che, sorrette come sono da adeguata motivazione non possono essere riconsiderate nella presente sede di legittimità.

Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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