Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 29-09-2011) 27-10-2011, n. 38859

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Tribunale di Parma ha affermato la responsabilità delle imputate in epigrafe in ordine al reato di furto pluriaggravato. La pronunzia è stata confermata dalla Corte d’appello di Bologna.

L’imputazione attiene alla sottrazione di monili e denaro contenuti nella camera da letto di un’abitazione, mentre i proprietari si trovavano a lavorare nell’orto contiguo. I giudici di merito hanno altresì ritenuto l’esistenza dell’aggravante della destrezza connessa all’approfittamento della lontananza delle vittime; nonchè quella dell’approfittamento di particolari circostanze di tempo di luogo nonchè dell’età avanzata dei derubati, tali da ostacolare la privata difesa.

2. Ricorrono per cassazione le imputate deducendo diversi motivi.

2.1 Con il primo motivo si censura la ritenuta esistenza di un reato consumato. La Corte d’appello ha tratto argomento dalla brevissima relazione delle donne con le cose sottratte, trascurando completamente di prendere in esame il principale motivo d’appello con il quale si era prospettato che il possesso dei beni era stato in realtà soltanto apparente, posto che la condotta illecita era stata compiuta sotto il costante controllo di una vicina di casa che aveva pure provveduto a sollecitare l’intervento delle forze dell’ordine urlando. Un così costante controllo esterno esclude che possa configurarsi la consumazione dell’Illecito. D’altra parte, la condotta della vicina ha avuto concreta efficienza causale nel senso che ha effettivamente inibito il perfezionamento dell’illecito.

Oltre a ciò rileva che nel caso esaminato non si configura un autonomo momento afferente all’impossessamento, distinto da quello della sottrazione. E’ ben vero che la giurisprudenza è da tempo orientata a sminuire l’autonomia strutturale del l’impossessamento, considerandolo null’altro che l’altra faccia della sottrazione, tuttavia tale interpretazione viene ritenuta censurabile posto che essa contrasta con l’essenza stessa del delitto di furto che è un reato di arricchimento e quindi richiede un sia pur fugace godimento della cosa, che nella specie non si è concretizzato.

2.2 Con il secondo motivo si censura la ritenuta esistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 5. Tale circostanza si concretizza quando il soggetto agente abbia tratto concreto vantaggio dallo stato di vulnerabilità della vittima. Nel caso oggetto del processo, invece, le imputate hanno tratto vantaggio solo dall’assenza delle persone offese dall’abitazione e non già dalla loro età. Al riguardo i giudici di merito si lasciano andare a giudizi meramente ipotetici quando congetturano che le vittime potevano avere problemi di udito o non essere in grado di inseguire le ladre: tutti elementi che non assumono alcuna concretezza nel processo. In conclusione, è da escludere che l’età avanzata dia luogo ad una presunzione assoluta di minorata difesa avulse dalle circostanze del caso concreto.

2.3 Il terzo motivo attiene alla circostanza aggravante della destrezza. La pronunzia è contraddittoria poichè applica cumulativamente due circostanze che riguardano modalità d’azione in realtà incompatibili. Delle due l’una, o le vittime erano particolarmente vulnerabili e non era quindi richiesta alcuna speciale destrezza, ovvero occorre ritenere che le imputate siano dovute ricorrere ad espedienti per eludere la vigilanza normale dell’uomo medio. In breve, destrezza e vulnerabilità non possono coesistere.

In ogni caso la destrezza non si concretizza affatto, posto che i due derubati si trovavano in un luogo diverso dall’abitazione in cui avveniva il furto e precisamente nell’orto. Si configura quindi il semplice mancato controllo da parte delle vittime, di cui le imputate hanno approfittato.

3. Il ricorso è infondato.

3.1 La sentenza d’appello e quella di primo grado recano una diffusa ricostruzione del fatto; senza che la vicina evocata del ricorrente vi assuma alcun concreto, significativo ruolo. Del resto la trascrizione riportata in nota al ricorso per cassazione descrive una condotta del tutto generica, radicalmente diversa dal costante e penetrante controllo del personale di vigilanza che, in alcuni specifici e definiti contesti, ha consentito ad un indirizzo della giurisprudenza di questa suprema Corte di ritenere non consumato l’illecito. Dunque, il palese stato delle cose, che esclude la vigilanza solo teoricamente evocata dalla ricorrente, rende inutile qualunque approfondimento argomentativo in ambito motivazionale.

Quanto alla consumazione del reato la pronunzia impugnata rimarca che le due donne non solo si sono impossessate di alcuni bracciali e di denaro contante all’interno dell’abitazione ma hanno pure portato la refurtiva con loro, fuori dall’abitazione e poi all’interno dell’auto a bordo della quale si sono date a precipitosa fuga. Solo successivamente l’intervento dei Carabinieri ha consentito il recupero della cose sottratte. Non si dubita, quindi, che vi sia stato impossessamento, sia pure per un breve periodo di tempo. Tale ricostruzione rende del tutto inconferenti le deduzioni difensive a proposito del momento di consumazione del reato.

3.2 Per ciò che attiene all’aggravante della minorata difesa la pronunzia considera che i derubati avevano 81 e 78 anni e quindi versavano in una condizione tale da minorare le capacità auditive, visive e locomotorie. Tale condizione ha avuto un ruolo eziologico, posto che le vittime potevano avere difficoltà nell’udire l’arrivo delle ladre, (circostanza verificatasi); e nel reagire alla sottrazione con l’inseguimento. Nel caso concreto, d’altra parte, le due ladre si avvicinarono al luogo della sottrazione progressivamente e poterono quindi rendersi conto che gli anziani proprietari erano fuori dall’abitazione intenti in lavori orticoli. Dunque, anche qui sì è in presenza di argomentato apprezzamento in fatto sulla condizione di minorazione, nelle circostanze date, delle anziane vittime; e non vi è spazio per nuova considerazione di tale profilo nella presente sede di legittimità. 3.2 Quanto all’aggravante della destrezza la sentenza considera che le vittime si trovavano nelle immediate e specifiche pertinenze dell’abitazione e segnatamente nell’orto; e pertanto la loro assenza dall’abitazione non costituiva mancata vigilanza, bensì mera minorata vigilanza per lo svolgimento di attività che comportava un’attenzione intermittente. Tale situazione lasciava spazio per un’azione repentina ed abile di chi si introduce in casa approfittando del fatto che il proprietario, pur presente, è impegnato momentaneamente in altra attività. Si tratta di esposizione che reca un compiuto accertamento in fatto in ordine alla studiata ed abile manovra necessaria per introdursi nell’abitazione approfittando dell’attimo appropriato. Tale apprezzamento di carattere fattuale non può essere qui posto in discussione.

Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta i ricorsi e condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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