Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 20-04-2012, n. 6205

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Ericsson telecomunicazioni spa chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di Roma, pubblicata il 28 gennaio 2010, che ha respinto il suo appello e confermato la decisione di primo grado.

Il Tribunale di Roma aveva accolto il ricorso di S.S., proposto ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, e volto, in presenza di più contratti di somministrazione ritenuti irregolari, a ottenere la costituzione di un rapporto di lavoro direttamente alle dipendenze dell’impresa utilizzatrice (Ericsson), con effetto dall’inizio del primo rapporto di lavoro somministrato.

La sentenza di primo grado, respinta ogni pretesa per rapporti intercorsi tra le parti in precedenza, in accoglimento quindi parziale del ricorso della lavoratrice, accertò l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra le parti a decorrere dal 1 luglio 2005, con conseguente condanna al ripristino del rapporto ed al risarcimento dei danni.

Il contratto di lavoro giudicato irregolare si innestava in un contratto di somministrazione stipulato tra la Ericcson spa e la Adecco, ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, comma 3, lett. a). Il Tribunale, in relazione a tale contratto, accertò che l’attività in realtà svolta dalla S. alle dipendenze della Ericsson non corrispondeva a quella indicata nel contratto di somministrazione.

La società propose appello, che, come si è detto, la Corte d’appello di Roma ha respinto, confermando il giudizio del Tribunale in ordine alla su indicata non corrispondenza.

La società propone un ricorso per cassazione articolato in tre motivi, illustrati anche con una memoria per l’udienza. La S. si è difesa con controricorso.

Con il primo motivo la società denunzia violazione dell’art. 1362 c.c., e del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20. Insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia.

La violazione della norma di ermeneutica contrattuale riguarderebbe l’interpretazione che la Corte ha fornito di "ciascun contratto all’interno del noto rapporto trilatero che caratterizza la c.d. somministrazione". La Corte non avrebbe tenuto conto del comportamento della S. precedente, parallelo e successivo al rapporto di lavoro: non avrebbe tenuto conto del verbale di conciliazione con il quale si definivano i precedenti rapporti intercorsi tra le parti (precedente); del fatto che durante il rapporto la S. non ha mai lamentato alcunchè e che, successivamente, ha posto in essere comportamenti concludenti consistenti nell’essere a disposizione della Adecco Italia per altre e diverse missioni.

Tali comportamenti – è la tesi della società ricorrente – "avevano dimostrato una sorta di acquiescenza di controparte alla legittimità e validità del contratto" (ricorso, pag. 18) e "avrebbero dimostrato interesse (della S.) all’efficacia e validità della forma contrattuale prescelta" (così il ricorso a conclusione del motivo).

Il motivo è inammissibile per due ragioni.

In primo luogo perchè è generico: chiede alla Corte di cassazione di riformulare il giudizio sull’interpretazione negoziale, senza peraltro specificare quale dei due contratti che integrano il rapporto trilaterale della somministrazione sarebbe stato male interpretato senza tener conto del comportamento della lavoratrice.

Il motivo inoltre, e soprattutto, è distonico rispetto al contenuto della sentenza, che si basa su di un assunto molto preciso: la difformità tra l’attività descritta nel contratto di somministrazione (tra Ericsson e Adecco) e l’attività in realtà svolta dalla S. per la Ericsson. Con il secondo motivo si denunzia la violazione di un altro criterio ermeneutico, quello previsto dall’art. 1367 c.c., e vizio di motivazione insufficiente. La violazione dell’art. 1367 c.c., vi sarebbe perchè "in applicazione del principio di conservazione degli atti ex art. 1367 c.c., una minima deviazione dal dato testuale nell’esecuzione del contratto non può portare all’invalidità dell’intero contratto".

Nel corso del motivo si critica la valutazione convergente della Corte e del Tribunale in ordine alle dichiarazioni rese dal rappresentante della società in sede di interrogatorio libero, censurando la "discutibile interpretazione …di una frase".

Il motivo è inammissibile perchè non pone una questione di diritto, ma chiede alla Corte di Cassazione di rivalutare non tanto il contenuto di un contratto (senza ancora una volta specificare quale contratto tra i due che integrano la fattispecie della somministrazione), ma il significato attribuito dai due giudici di merito alle dichiarazioni del suo stesso rappresentante. Significato che non viene neanche definito errato bensì "discutibile" a testimonianza del carattere prettamente di merito della censura.

Inoltre chiede alla Corte di Cassazione di valutare in modo difforme dal giudizio convergente dei giudici di merito l’entità della "deviazione" che essa ricorrente riconosce ma giudica "minima". Anche questo è tema prettamente di merito e non di legittimità.

Con il terzo motivo la società denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 416 c.p.c..

La Corte di merito, ritenuto provata la difformità (tra l’attività prevista dal contratto di somministrazione e quella in realtà svolta dalla lavoratrice) sulla base delle dichiarazioni del rappresentante, ha poi, con motivazione chiaramente aggiuntiva, ritenuto che la società nel costituirsi non aveva specificamente contestato la ricostruzione delle sua mansioni fatta nel ricorso introduttivo dalla S..

Anche questo terzo motivo è inammissibile perchè chiede alla Corte di cassazione di rinnovare un giudizio prettamente di merito.

Il principio di diritto enunciato dall’art. 416 c.p.c. è che, a fronte della esposizione-allegazione di fatti costitutivi della domanda contenuta nel ricorso introduttivo, il convenuto, nel costituirsi, "deve prendere posizione, precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda".

Nel caso di specie, la Corte d’appello ha rilevato che la Ericsson nel costituirsi "a fronte di una specifica allegazione" della ricorrente circa i compiti dalla stessa svolti, "non ha mosso alcuna specifica contestazione" e non ha detto "neppure una parola sulle mansioni da questa svolte effettivamente e tanto meno ha precisato quali servizi di consulenza e assistenza informatica o caricamento dati la predetta avrebbe svolto". In tal modo la Corte ha correttamente applicato il principio di diritto su enunciato, valutando la memoria di costituzione in maniera conforme a tale principio e motivando adeguatamente le sue conclusioni.

Il ricorso per cassazione tenta di ribaltare questo giudizio, prospettando la tesi che "il combinato disposto dei punti k) ed l) chiarisce in modo evidente quali fossero secondo la prospettazione aziendale le mansioni della S..

Ora, a parte la considerazione che tali due capitoli di prova (k ed l) non concernono le mansioni effettivamente svolte dalla S., ma le mansioni previste nel contratto di somministrazione stipulato tra le due società (cap. K) e il fatto che la S. venne "fornita" nuovamente alla Ericsson dopo aver sottoscritto un verbale di conciliazione con Ericsson) (cap. 1), deve, anche con riferimento a questo motivo, rilevarsi che lo stesso per il suo contenuto attiene al merito della valutazione della Corte d’appello e pertanto pone questioni inammissibili in sede di legittimità.

In conclusione, tutti i motivi del ricorso per cassazione di Ericsson telecomunicazioni spa sono inammissibili e quindi il ricorso nel suo complesso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese, per legge, devono essere poste acarico della parte che perde il giudizio.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in 30,00 Euro, nonchè 3.000,00 Euro per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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