Cass. civ. Sez. II, Sent., 24-04-2012, n. 6486 Prezzo

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Svolgimento del processo

Con atti regolarmente notificati R.G. evocava in giudizio avanti al Tribunale di Milano la società Ornella a rl nonchè l’Immobiliare Patti srl e premesso di avere con esse stipulato n. 2 preliminari per la compravendita di un immobile sito in (OMISSIS), chiedeva la restituzione della somma di L. 149.232.000 già corrisposta, in relazione alla nullità parziale di tale contratto nella parte in cui prevedeva l’ingiustificata corresponsione di interessi sulle rate del prezzo ancora da corrispondere. Chiedeva inoltre l’attore la pronuncia costitutiva ai sensi dell’art. 2932 c.c., in relazione al medesimo immobile per il quale aveva in realtà corrisposto l’intero prezzo, ovvero in via subordinata, la risoluzione del preliminare, con la condanna delle convenute alla restituzione delle somme già incassate ed al risarcimento de danno.

Si costituivano entrambe le società contestando la domanda avversaria di cui chiedevano il rigetto, atteso l’inadempimento dell’attore che non aveva interamente onorato l’obbligazione assunta.

Espletata l’istruttoria mediante CTU contabile, l’adito Tribunale n. 3888/06 in data 38.3.2006 rigettava tutte le domanda proposte dall’attore che condannava alla rifusione delle spese processuali. La sentenza veniva appellata dal R.; resistevano ai gravame le due società appellate che proponevano a loro volta appello incidentale.

L’adita Corte d’Appello di Milano con sentenza n. 2632/09 depositata in data 22.10.2009 rigettava l’appello principale e quello incidentale, compensando le spese di entrambi i gradi. La corte territoriale riteneva giustificato il pagamento degli interessi nella scelta del regolamento rateale di pagamento del prezzo convenuto ed esclusa la natura compensativa degli stessi, riteneva che la loro previsione "assolveva ad una funzione risarcitoria a vantaggio del creditore per la mancata immediata disponibilità della somma costituente il prezzo dell’alienazione". L’appellante sulla base delle risultanze contabili risultava altresì inadempiente per cui non poteva essere accolta la sua domanda di trasferimento coattivo ex art. 2932 c.c..

Avverso la predetta sentenza l’ A. ricorre per cassazione sulla base di n. 3 censure; resistono le società intimate con controricorso, illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Con il 1^ motivo del ricorso l’esponente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1224 e 1282 c.c.. Sostiene che il pagamento degli interessi gravanti sulla somma capitale è privo di causa, non potendosi qualificare tali interessi come moratori, compensativi o corrispettivi; non esiste, a suo avviso, la possibilità di configurare un ulteriore categoria d’interessi, ovvero alcun altro diritto che ne autorizzi il pagamento. La corte territoriale ha quindi erroneamente ritenuto di giustificare la corresponsione di altissimi interessi pretesi dal venditore "con una non meglio definita "funzione risarcitoria", derivante dal fatto dell’intervenuta alienazione del bene oggetto del contratto con pagamento rateale. In realtà non siffatta funzione risarcitoria, di conseguenza sulla base del combinato dell’art. 1325 c.c., n. 2 e art. 1418 c.c., comma 2, si configura la nullità parziale del contratto di compravendita stipulato, nella parte relativa alla maturazione degli interessi, che dunque non sono dovuti; ciò comporta conseguentemente anche l’accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c. per l’avvenuto pagamento dell’intero prezzo in relazione alla somma realmente incamerata dai venditori.

La doglianza non ha fondamento.

Contrariamente a quello che ritiene il ricorrente, la previsione degli interessi era giustificata proprio dalla dilazione del pagamento del prezzo, come sottolineato dalla corte territoriale, per la quale "assolveva ad una funzione risarcitoria a vantaggio del creditore per la mancata immediata disponibilità della somma costituente il prezzo dell’alienazione". Al riguardo occorre rilevare che l’art. 1499 c.c., consente di pattuire convenzionalmente ("salvo diversa pattuizione") gli interessi compensativi sul prezzo, "anche se questo non è ancora esigibile". In merito questa S.C. ha precisato (sia pure con una non recente decisione) che "in tema di contratto di vendita, gli interessi compensativi di cui all’art. 1499 c.c. hanno la funzione di compensare il venditore del mancato godimento della cosa già consegnata, nel caso in cui al compratore sia concessa una dilazione nel pagamento del prezzo: di conseguenza, essi prescindono da un inadempimento del compratore e sono dovuti anche in caso di ritardo non colposo del compratore stesso, e se questi incorre poi in mora, si convertono in moratori, ma con lo stesso tasso, eventualmente superiore a quello legale, stabilito convenzionalmente dalle parti (Cass. n. 1201 del 05/04/1976).

Passando all’esame del 2^ motivo, con esso l’esponente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1815 c.c., comma 2, nonchè dell’art. 112 c.p.c.; deduce la mancata pronuncia sulla domanda ovvero/omessa motivazione relativa all’eccezione proposta in appello circa la natura di interessi usurai.

La doglianza non è fondata. L’art. 1284 c.c. consente invero alle parti di stabilire convenzionalmente gli interessi in misura superiore a quella legale purchè siano stabiliti per iscritto (requisito richiesto ad substantiam: Cass. sentenza n. 2317 del 02/02/2007). Peraltro nella fattispecie non vi sono i presupposti per ritenere gli interessi pattuiti come usurai, non essendo a tal fine sufficiente avere riguardo al solo saggio degli interessi convenuto.

Secondo questa S.C. "in tema di usura, e con riferimento a fattispecie anteriore all’entrata in vigore della L. 7 marzo 1996, n. 108, la pattuizione di interessi ultra legali non è di per sè viziata da nullità, essendo consentito alle parti di determinare un tasso d’interesse diverso e superiore a quello legale, purchè ciò avvenga in forma scritta e sussistendo l’illiceità del negozio soltanto nel caso in cui si ravvisino gli estremi del reato di usura.

Conseguentemente, può ritenersi l’illiceità del contratto solo se ricorrano un vantaggio usurario, lo stato di bisogno del mutuatario e l’approfittamento di tale stato da parte del mutuante (Cass. n. 25182 del 13/12/2010).

Passando al 3^ motivo, infine, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla domanda subordinata di risoluzione del contratto svolta in sede d’appello ed in ogni caso alla ripetizione di quanto versato; ovvero, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e per omessa motivazione del provvedimento.

La doglianza non ha pregio.

Non v’è dubbio infatti, richiamate le precedenti considerazioni, che sulla domanda in questione la corte distrettuale si è pronunciata, sia pure implicitamente, per il suo rigetto. Secondo questa S.C. "ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass. n. 20311 del 04/10/2011;

Cass. 10696 del 10.05.2007).

In conclusione il ricorso dev’essere rigettato. Le spese processuali per il principio della soccombenza sono poste a carico del ricorrente.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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