Cass. civ. Sez. II, Sent., 24-04-2012, n. 6480 Reintegrazione o spoglio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 1179 del 2005 la Sezione stralcio del Tribunale di Chieti, in accoglimento della domanda di reintegrazione nel possesso formulata da R.V., aveva ordinato ai convenuti F. R., F.A. e D.G. la rimozione di ogni ostacolo che impediva al ricorrente l’esercizio del possesso di una servitù di passaggio in (OMISSIS), condannandoli alla rifusione delle spese di lite. Interposto appello da parte dello stesso R.V., il quale deduceva l’omessa pronuncia sulla domanda relativa all’illegittima occupazione del suo fondo identificato con le particelle nn. 251 e 166, la Corte di appello di L’Aquila, nella resistenza degli appellati, con sentenza n. 261 del 2009 (depositata il 5 ottobre 2009), rigettava il gravame (pur confermando che rimanevano fermi i profili che riguardavano il regolare esercizio del diritto di passaggio da parte del R. con l’adottata pronuncia di reintegrazione in primo grado), regolando le complessive spese di entrambi i gradi di giudizio, che compensava per metà, lasciando a carico degli appellati l’altra metà (con esclusione di quelle occorse per la c.t.u. in primo grado e rideterminando la misura dei compensi liquidati con la sentenza di prime cure, in accoglimento dell’unico motivo di appello incidentale formulato). A sostegno dell’adottata sentenza la Corte abruzzese riteneva insussistente in giudizio la prova del possesso rivendicato in ordine ai fondi corrispondenti alle due indicate particelle.

Avverso la suddetta sentenza di secondo grado (notificata il 30 dicembre 209) ha proposto ricorso per cassazione (basato su nove motivi) il R.V., in ordine al quale si sono costituiti, in questa fase, con controricorso gli intimati F.A. e D.G..

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione o falsa applicazione – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – degli artt. 347 e 350 c.p.c., con riferimento all’art. 291 c.p.c. e art. 171 c.p.c., comma 3, e degli artt. 115 e 116 c.p.c. oltre che dell’art. 2697 c.c., avuto riguardo all’omessa declaratoria di contumacia dell’appellato F.R..

1.1. Il motivo è manifestamente infondato poichè – secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (v., ad es., Cass. n. 1697 del 1997 e Cass. n. 16229 del 2005) – la dichiarazione, da parte del giudice, della contumacia di una parte non costituita non rappresenta una formalità essenziale e la sua omissione, pertanto, non comporta la nullità del procedimento o della sentenza, quando risulti che il contraddittorio è stato ritualmente instaurato nei confronti di detta parte.

2. Con il secondo motivo il ricorrente ha denunciato la violazione o falsa applicazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) dell’art. 324 c.p.c. e art. 2909 c.c., con riferimento all’omessa declaratoria di definitività della sentenza del Tribunale di Chieti nei confronti di F.R., per intervenuta cosa giudicata.

3. Con il terzo motivo il ricorrente ha prospettato (in ordine all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) il vizio di omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione agli artt. 115, 116, 324 e 329 c.p.c. e art. 2697 c.c., avuto riguardo alla mancata esplicitazione di apposita argomentazione, nella sentenza impugnata, in ordine al passaggio in giudicato della sentenza di primo grado nei riguardi del predetto F.R..

3.1. Questi due motivi – che possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi – sono infondati.

Posto, innanzitutto, che, nell’ambito del procedimento possessorio, sussiste ordinariamente una ipotesi di litisconsorzio facoltativo tra autore morale e autore materiale dello spoglio o della molestia (cfr.

Cass. n. 11916 del 2000 e, da ultimo, Cass. n. 7748 del 2011, ord.), l’omessa impugnazione da parte di uno di detti litisconsorti, in caso di accoglimento della domanda possessoria in primo grado nei confronti di entrambi, comporta la formazione del giudicato nei confronti della parte non impugnante senza che occorra un’apposita pronuncia del giudice del gravame. Nella specie, al di là della circostanza che l’appello risulta proposto dallo stesso attuale ricorrente con riferimento al riconoscimento della tutela delle sue ragioni anche in ordine all’ulteriore domanda di assunta occupazione illegittima delle particelle nn. 156 e 251 (non accolta in primo grado), senza che sia stata posta in discussione, nemmeno mediante la proposizione di appello incidentale (da parte degli altri due appellati), la domanda principale possessoria attinente alla spoglio del possesso della servitù di passaggio, l’effetto del giudicato nei confronti del F.R. discende dalla mancata formulazione, da parte dello stesso, di apposita l’impugnazione avverso la sentenza di prime cure. Peraltro, è lo stesso R.V., nello svolgimento dei motivi in esame, ad ammettere che il suddetto F.R. (quale autore materiale dello spoglio) aveva anche prestato acquiescenza in relazione alla statuizione del primo giudice (senza che, oltretutto, tale aspetto avesse costituito oggetto della materia del contendere in sede di appello, donde l’insussistenza delle condizioni per la configurabilità dell’assunta violazione di legge e della dedotta carenza motivazionale).

4. Con il quinto motivo il ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’omessa, apparente e/o insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio e, in particolare, sull’esistenza della prova del possesso in capo ad esso R.V. delle particelle nn. 156 e 251 al momento del denunziato spoglio.

5. Con il sesto motivo il ricorrente ha dedotto la violazione o falsa applicazione (in ordine all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè dell’art. 2697 c.c., sempre avuto riguardo al mancato accoglimento dell’appello in relazione all’invocata tutela possessoria inerente le due indicate particelle.

5.1. I due motivi – che possono essere esaminati unitariamente in virtù della loro evidente connessione – si prospettano inammissibili.

Rileva, infatti, il collegio che, con le doglianze in questione, il ricorrente ha inteso porre riferimento alla mancata valutazione delle risultanze probatorie attinenti alla relazione di perizia del geom.

M. e alle deposizioni testimoniali richiamandole, tuttavia, in modo del tutto generico, con la conseguente violazione del principio dell’autosufficienza, rilevandosi, invero, l’omessa trascrizione degli assunti riscontri dell’elaborato peritale e delle dichiarazioni testimoniali dalle quali il giudice di appello avrebbe potuto desumere la possibile fondatezza del gravame. Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte (v., tra le tante, Cass. n. 2977 del 2006; Cass. n. 5043 del 2009 e, da ultimo, Cass. n. 17915 del 2010, ord.), infatti, il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione sulla valutazione di un documento e/o di risultanze probatorie, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova e le risultanze delle prove esperite, così come il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la Corte di cassazione deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative.

6. Con il quarto motivo il ricorrente ha censurato – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la sentenza impugnata per il vizio di ultrapetizione delle decisioni relative alle spese di lite, con riferimento all’art. 112 c.p.c., avuto riguardo alla disciplina delle spese stesse in relazione al rapporto processuale intercorso tra il medesimo ricorrente ed il F.R. (non costituitosi in appello).

7. Con il settimo motivo il ricorrente ha denunciato (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) l’illogicità e contraddittorietà della motivazione sulla regolamentazione delle spese di lite, in relazione all’adottata regolamentazione delle spese complessive del giudizio su presupposto della riforma parziale della sentenza di primo grado, malgrado la Corte di appello fosse, in effetti, pervenuta al rigetto dell’appello principale e nonostante che l’appello incidentale fosse stato limitato alla sola riliquidazione dei diritti e degli onorari riconosciuti con la sentenza di primo grado sulla base della rideterminazione del valore della controversia.

8. Con l’ottavo motivo il ricorrente ha dedotto – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per assunta ultrapetizione sulla regolamentazione delle spese di lite, in relazione all’adottato nuovo riparto delle spese del giudizio di primo grado malgrado – come già sottolineato – gli appellanti incidentali si fossero limitati ad impugnare la sentenza di prima istanza solo in ordine alla ritenuta erronea liquidazione dei compensi della causa in rapporto al suo effettivo valore.

8.1. I motivi quarto, settimo ed ottavo – che possono essere trattati insieme perchè manifestamente connessi (siccome riguardanti plurime censure relative agli aspetti della sentenza impugnata attinenti alle spese giudiziali) – sono fondati e devono, perciò, essere accolti.

Secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza di questa Corte (cfr, ad es., Cass. n. 12963 del 2007 e Cass. n. 26985 del 2009), in materia di liquidazione delle spese giudiziali, il giudice d’appello, mentre nel caso di rigetto del gravame non può, in mancanza di uno specifico motivo di impugnazione, modificare la statuizione sulle spese processuali di primo grado, allorchè riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, è tenuto a provvedere, anche d’ufficio, ad un nuovo regolamento di dette spese alla stregua dell’esito complessivo della lite, atteso che, in base al principio di cui all’art. 336 c.p.c., la riforma della sentenza dei primo giudice determina la caducazione del capo della pronuncia che ha statuito sulle spese.

Orbene, sulla scorta di tale principio, avendo rigettato integralmente l’appello principale ed essendo pervenuta all’accoglimento dell’appello incidentale proposto dai soli F. A. e D.G. (mentre il F.R. – come detto – era rimasto contumace) relativamente alla doglianza limitata all’ottenimento della rideterminazione dei compensi liquidati con la sentenza di primo grado in dipendenza della determinazione dell’effettivo valore della controversia, la Corte territoriale è incorsa nelle dedotte violazioni perchè non sarebbe potuta intervenire sulla sentenza impugnata con riguardo alla disposta condanna dei convenuti al pagamento delle spese (siccome non oggetto di impugnazione) ma si sarebbe dovuta limitare – in accoglimento, appunto, del formulato (e limitato) appello incidentale (e con riferimento al solo rapporto tra il R. e gli stessi appellanti incidentali) – alla riliquidazione della misura dei compensi riconosciuta all’esito del giudizio di primo grado, dovendo, poi, provvedere autonomamente e distintamente, in base ai principi di legge propriamente applicabili (di cui agli artt. 91 e 92 c.p.c.), alla disciplina delle spese relative al giudizio di secondo grado.

9. Con il nono motivo il ricorrente ha prospettato (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) il vizio di illogicità e contraddittorietà della motivazione sulla regolamentazione delle spese di c.t.u., in relazione agli artt. 91 e 92 c.p.c..

9.1. Questo motivo rimane assorbito in dipendenza dell’accoglimento dei precedenti motivi (4; 7 e 8).

10. In definitiva, alla stregua delle complessive ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato con riferimento ai primi tre motivi, al quinto ed al sesto, mentre va accolto con riguardo al quarto, settimo ed ottavo motivo, con derivante assorbimento del nono. A questa pronuncia consegue la cassazione della sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte di appello di Perugia che si atterrà ai principi di diritto precedentemente enunciati e provvedere a regolare anche le spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte rigetta i motivi primo, secondo, terzo, quinto e sesto;

accoglie i motivi quarto, settimo ed ottavo e dichiara assorbito il nono; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Perugia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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