Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 05-10-2011) 27-10-2011, n. 38840

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di T.D. propone ricorso avverso l’ ordinanza del 20 aprile 2011 emessa dal Tribunale di Milano con la quale è stata dichiarata l’inammissibilità dell’impugnazione proposta avverso il provvedimento di applicazione della misura di custodia cautelare emesso nei confronti del ricorrente dal gip di quel Tribunale il 4 marzo 2011.

La decisione è fondata sull’assunto secondo cui il difensore non sarebbe legittimato a proporre impugnazione dell’ordinanza di custodia cautelare nell’ipotesi di mancata esecuzione della misura, prima che la dichiarazione di latitanza sia stata emessa.

L’impugnazione si fonda invece sul difforme indirizzo interpretativo di questa Corte di legittimità, sopraggiunto a tale prima lettura, secondo cui la fissazione del dies a quo per l’impugnazione, funzionale alla determinazione del termine finale, non implica inammissibilità del ricorso antecedentemente proposto.

Richiamata tale difforme giurisprudenza, se ne rivendica l’applicazione nel caso concreto, sollecitando per tale motivo l’annullamento dell’ordinanza impugnata per contraddittorietà ed illogicità della motivazione e violazione della norma processuale di cui all’art. 309 c.p.p..

Motivi della decisione

1. Preliminare alla cognizione del motivo proposto è accertare che l’impugnazione sia stata presentata da soggetto legittimato, accertamento incidentalmente accantonato dal giudice di merito, ma il cui approfondimento è indispensabile al fine di verificare la corretta instaurazione della procedura incidentale.

Si deve a tal fine rilevare che il difensore, prima di presentare l’istanza di riesame, risulta aver depositato presso la procura della Repubblica un mandato difensivo, con contestuale elezione di domicilio presso il suo studio, sottoscritto apparentemente dal suo assistito ed inviato al difensore via fax, la cui sottoscrizione risulta autenticata dal professionista all’atto della ricezione; si assume nel medesimo atto che l’originale dell’atto di nomina fosse stato spedito dall’interessato tramite il servizio postale, mentre l’esame degli atti ha consentito di accertare esclusivamente la presenza del citato fax, cui non risulta essersi aggiunta la produzione dell’originale dell’atto, della cui possibilità di ricezione non appare lecito dubitare, dato il tempo trascorso dalla relativa attestazione.

Tale essendo la situazione di fatto occorre valutare se T. possa ritenersi validamente rappresentato in giudizio del difensore, e questo oltre che al fine della presentazione del riesame, anche per verificare successivamente la valida instaurazione del contraddittorio, posto che l’espletamento della procedura di impugnazione presuppone la previa convocazione dell’interessato che, stando all’attestazione contenuta nel fax, dovrebbe avvenire presso il domicilio del medesimo difensore.

Se in alcune pronunce di questa Corte (Sez. 3, Sentenza n. 4968 del 19/01/2011, dep. 10/02/2011, imp. C e altri, Rv. 249409) è stato espresso un principio di utilizzabilità della comunicazione telematica per copia, deve però osservarsi che ciò si è verificato esclusivamente nei casi in cui la particolare forma usata non consenta di nutrire dubbi sulla sicura riconducibilità di quanto riportato nell’atto alla volontà del diretto interessato.

Sulla base di tali presupposti non risulta possibile nella specie ricondurre, con assoluta certezza, il contenuto della comunicazione inviata alla volontà del diretto interessato, con conseguente inammissibilità dell’istanza in quanto proposta in assenza di legittimazione.

L’art. 96 c.p.p. specifica le forme nelle quali deve essere conferito il mandato al difensore il cui rispetto è ritenuto essenziale al fine di garantire la sicura riconducibilità dell’atto volontario all’interessato; nel caso di specie tale esigenza risulta ancora più pressante in conseguenza della persistente mancanza di contatto del diretto interessato con l’autorità giudiziaria e della conseguente perenzione del suo diritto al riesame, nell’ipotesi in cui si ritenga ammissibile quello proposto dal suo difensore (Cass. sez 2, 19/4/2006, dep. 9 giugno 2009, n. 19835, RV. 234655). Per escludere ogni potenziale effetto negativo per l’interessato e contestualmente, per garantire la corretta instaurazione del procedimento camerale è essenziale la certa riconducibilità della nomina del difensore e della contestuale elezione di domicilio al diretto interessato.

Deve rimarcarsi sullo specifico aspetto della regolarità della citazione che la condizione di T. al momento della proposizione dell’istanza di riesame quale ricercato, non ancora formalmente latitante, non permetteva di azionare le modalità di notifica del provvedimento previste dall’art. 165 c.p.p., con la conseguenza che la citazione presso il difensore può ritenersi idonea ad instaurare validamente contraddicono solo in caso di assoluta certezza della riconducibilità della nomina e della contestuale elezione di domicilio presso il professionista al diretto interessato.

Sotto tale profilo la comunicazione dell’atto ricevuto dal difensore via fax contenente l’autentica di firma sulla copia prodotta dal professionista, se può essere sufficiente, dati gli stringenti tempi della procedura instaurata, a consentire di realizzare la citazione delle parti, non può ritenersi tale per il prosieguo, occorrendo, per garantire la riconducibilità dell’atto all’interessato, la produzione della copia della nomina, certificata conforme all’originale, da parte dei difensore, con allegazione dell’originale della ricevuta postale nel caso di sua trasmissione a mezzo raccomandata, secondo quanto stabilito dall’art. 27 disp. att. c.p.p., lett. e) attestazioni assenti nella specie nè evocati dalla difesa nell’atto prodotto, che richiama esclusivamente l’attestazione di spedizione, nulla dichiarando circa la successiva ricezione di una comunicazione tramite posta e sul suo contenuto, nè certificando la conformità all’originale.

Si ritiene di conseguenza che, nella situazione descritta, essendo priva la nomina di qualsiasi attestazione di conformità all’originale, che dal tenore della medesima dichiarazione difensiva risulta ancora non nella materiale disponibilità del legale, non possa ritenersi raggiunto con il grado di certezza richiesta dalla norma, prova dell’esistenza del rapporto di fiducia dell’interessato con il professionista, circostanza che non permette neppure di ritenere validamente instaurato giudizio di impugnazione.

In tale situazione di fatto deve pervenirsi alla dichiarazione di inammissibilità del gravame proposto, cui deve conseguire la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma indicate nel dispositivo in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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