Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
La Restore Service s.r.l. in liquidazione si opponeva al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Milano su ricorso della Camar s.r.l. per il pagamento della somma di Euro 40.711,43, a titolo di corrispettivo della vendita di merce. A sostegno dell’opposizione deduceva di non avere mai ordinato nè ricevuto la merce, e indicava quali titolari nel lato passivo del rapporto contrattuale controverso T.I.F., B.I.C. e la Mizar s.r.l., che chiamava in causa.
Nella contumacia di questi ultimi, costituita, invece, la società opposta, il Tribunale di Milano dichiarava inammissibile la chiamata in causa dei terzi e rigettava l’opposizione.
Tale pronuncia, gravata dalla Restore Service s.r.l., era parzialmente riformata dalla Corte d’appello di Milano, con sentenza pubblicata il 15.9.2009, che, revocato il decreto ingiuntivo, condannava l’appellante al pagamento della minor somma di Euro 9.634,84, compensando integralmente fra le parti le spese dei due gradi di giudizio. Confermata l’inammissibilità della chiamata in causa dei terzi, e ritenute prive di rilievo le contestazioni svolte dalla parte appellante circa la tardività del deposito del fascicolo di parte appellata e della sua non conformità al fascicolo di primo grado, potendo la causa decidersi sulla scorta della documentazione prodotta dalla stessa società appellante, la Corte d’appello riteneva che l’assegno bancario firmato da B.I.C. e tratto sul conto corrente della Restore Service, dell’importo di L. 51.883.683, posto da Camar a fondamento della richiesta di decreto ingiuntivo quale riconoscimento di debito (quantomeno parziale, rispetto all’importo azionato in sede monitoria di Euro 40.711,43) e promessa di pagamento da parte di Restore Service, assegno non pagato per difetto di autorizzazione del soggetto emittente, non poteva assumere valenza di promessa unilaterale in relazione all’intera somma portata dal titolo. Infatti, proseguiva la Corte, se era vero che B.I.C., socio della Restore Service, aveva il potere di operare sul conto corrente della società; che tra la Restore Service e la Mizar vi erano legami soggettivi (sotto l’aspetto della compagine sociale) ed oggetti vi (quanto a ubicazione delle sedi e delle unità locali); che le ricevute bancarie emesse a carico della Restore Service erano rimaste impagate, ma quest’ultima società non ne aveva contestato l’emissione; e che tali elementi "uniti all’emissione di fatture per merci e prestazioni di servizi a favore di Restore Service di cui risulta effettuata la consegna a persone ricollegabili a detta Società ed in luoghi di sua pertinenza, e per le quali deve ritenersi l’avvenuta accettazione in mancanza di tempestive ed adeguate contestazioni" (così, testualmente), costituivano indizi univoci della riferibilità alla società appellante dell’assegno anzi detto; se ciò era vero, era tuttavia da considerare che il riconoscimento di debito doveva essere riferito alla data di emissione del titolo e all’importo ivi segnato, dal quale dovevano detrarsi gli ulteriori tre assegni bancari consegnati a saldo della vendita, sicchè il residuo debito alla data del febbraio 2002 doveva quantificarsi nella somma di L. 18.655.659, corrispondenti a Euro 9.634,84. Pertanto, posto che la Camar, gravata del relativo onere probatorio, non aveva dimostrato che tali assegni non erano andati a buon fine, e che dopo il primo assegno del novembre 2001, non pagato per difetto di autorizzazione dell’emittente, altri pagamenti erano stati effettuati, la somma residua a credito della Camar non era quella portata dal decreto ingiuntivo, ma quella, minore, anzi detta, pari a Euro 9.634,84.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre la Camar s.r.l., formulando due motivi d’impugnazione.
Resiste con controricorso la Restore Service s.r.l., che propone, altresì, ricorso incidentale affidato a otto motivi, illustrati da memoria.
Al ricorso incidentale la Camar ha replicato con controricorso.
Motivi della decisione
1. – Con il primo motivo del ricorso principale è dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 2697, 1176 e 1180 c.c. Deduce parte ricorrente che la sentenza impugnata nella parte in cui afferma parzialmente estinto il credito della Camar per effetto del pagamento di assegni, provenienti da terzi, in quanto detta società non ha dimostrato che i titoli non avrebbero avuto buon fine, non ha correttamente applicato le suddette norme in tema di onere della prova e di pagamento del terzo, atteso che è il debitore, e non il creditore, a dover provare il pagamento, e che, nella specie, la Restore Service aveva categoricamente escluso di aver adempiuto. Ad ogni modo, sostiene, la mera consegna di assegni bancari provenienti da un terzo non prova l’avvenuto incasso dei titoli.
2. – Il secondo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 2730, 2735 e 1199 c.c. atteso che la sentenza impugnata ha attribuito valore confessorio in ordine al fatto che al momento dell’ingiunzione il credito della Camar era inferiore a quello richiesto, e che le erano stati consegnati tre altri assegni bancari e tre documenti (due lettere del legale della Camar e una di quest’ultima, diretta ad un terzo) che non possiedono tale efficacia, trattandosi di dichiarazioni in due casi provenienti dal difensore della medesima parte, e nel terzo caso rese dalla stessa Camar, ma rivolte ad un terzo e non alla Restore Service. L’errore in cui è incorsa la Corte d’appello, si sostiene, consiste nell’aver attribuito valore di quietanza ad una dichiarazione non resa al debitore e riguardante la ricezione degli assegni, cioè di titoli di pagamento che non attestano l’avvenuto pagamento della somma.
3. – Con il primo motivo dell’impugnazione incidentale parte controricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per l’omessa pronuncia sulla domanda (rectius, semmai, eccezione) di accertamento e declaratoria di "inammissibilità, e/o irritualità e/o inesistenza e/o nullità" della costituzione in appello e de fascicolo della Camar, in quanto depositato in duplicato successivamente alla prima udienza, e senza autorizzazione del giudice e dichiarazione di smarrimento da parte della cancelleria, e senza che si potesse verificare la rispondenza dei documenti ivi allegati a quelli prodotti nel fascicolo di primo grado. A fronte di tale contestazione della parte appellata, la Corte d’appello si è limitata ad osservarne l’irrilevanza, ritenendo determinante ai fini della decisione la documentazione prodotta dalla stessa parte appellante.
4. – Con il secondo motivo è dedotta la contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, costituito dall’obbligazione dedotta a carico della Restore Service senza un titolo contrattuale che la sorreggesse, in quanto nel fascicolo di primo grado di parte Camar comparivano, sub doc. 13, delle ricevute bancarie che, sebbene irrilevanti ai fini del giudizio a stregua della prima affermazione della Corte territoriale, di poi, nel prosieguo della sentenza, sono state contraddittoriamente considerate tra i documenti fondanti la decisione.
5. – Con il terzo motivo è dedotta la nullità del procedimento e della sentenza, per essere state prese in esame ai fini della decisione anche le ricevute bancarie di cui parte Restore Service aveva eccepito sia in primo che in secondo grado la tardiva produzione in giudizio.
6. – Analogamente, il quarto motivo denuncia la violazione degli artt. 184, 184-bis e 345 c.p.c., perchè la Corte d’appello, nel valutare o comunque – considerare le predette ricevute bancarie, ha implicitamente affermato il potere del giudice di dare ingresso a documenti depositati oltre il termine perentorio dell’art. 184 c.p.c. (testo ante novella D.L. n. 35 del 2005, convertito in L. n. 80 del 2005), senza una previa rimessione in termini e al di fuori dell’applicazione dell’art. 345 c.p.c. 7. – Con il quinto motivo parte controricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 e 1988 c.c., nonchè del R.D. n. 1736 del 1933, artt. 1, 11, 14, 16 e 45 perchè la Corte d’appello ha preso in considerazione l’assegno di L. 51.883.683 emesso sul c/c della Restore Service da B.I.C. quando questi era privo del relativo potere essendogli stata revocata la procura ad operare sul conto, di guisa che l’assegno poteva impegnare, sotto il profilo della ricognizione di debito, solo il traente e non la società correntista.
8. – Il sesto motivo denuncia l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo, costituito dal valore di ricognizione di debito attribuibile o non al predetto assegno. In particolare, parte controricorrente lamenta che la Corte milanese non abbia esplicitato per quale ragione la predetta condotta di un semplice socio (s’intende, privo di poteri amministrativi) poteva essere riferita alla società.
Oltre a ciò, prosegue la parte controricorrente, la Corte territoriale non ha neppure spiegato da quale circostanza abbia tratto la convinzione che la merce sia stata consegnata a persone ricollegabili alla società Restore Service e in luoghi a quest’ultima pertinenti, nonostante le specifiche eccezioni svolte al riguardo dalla parte (in allora) appellante.
Ancora, i giudici d’appello non hanno ammesso i capitoli di prova testimoniale e per interrogatorio sui capitoli 1), 2) e 3) della memoria istruttoria ex art. 184 c.p.c., i quali avrebbero consentito di dimostrare che la Restore Service non aveva mai effettuato alcun ordinativo alla Camar.
9. – Il settimo motivo lamenta la contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, in quanto l’assegno di L. 51.883.683 è nettamente inferiore sia all’importo ingiunto (L. 78.828.320), sia alla somma di L. 60.001.401 portata dai tre assegni che la Camar sostiene di aver ricevuto nel febbraio del 2002 a saldo di alcun fatture.
10. – L’ottavo motivo censura, per il denegato caso in cui fosse ritenuta fondata la ricostruzione del rapporto di dare-avere tra le parti conformemente alla ricognizione di debito di cui all’assegno di L. 51.883.683, l’omessa motivazione in ordine alla conclusione di un contratto relativamente a ciascuna delle fatture emesse dalla Camar, non avendo la Corte territoriale individuato alcuna fonte di obbligazione diversa e ulteriore rispetto al predetto riconoscimento di debito.
11. – Avendo ad oggetto l’an debeatur, il ricorso incidentale va esaminato prioritariamente.
11.1. – Il primo motivo è infondato perchè il vizio di omessa pronuncia è configurabile solo con riguardo a domande o eccezioni di merito (cfr. Cass. nn. 1701/09 e S.U. 15982/01), lì dove, nella specie, l’affermata illegittimità della costituzione in giudizio della parte appellata per il tardivo deposito del fascicolo di parte, ricostruito in duplicato nonostante il difetto – si sostiene -delle relative condizioni, configura un error in procedendo, per di più rilevante non ex se, ma solo in rapporto alla specifica compromissione del contraddittorio o del diritto di difesa che ne sia derivata, e che è onere della parte specificare (con la conseguenza che se tale onere non è assolto, l’error in procedendo non acquista rilievo idoneo a determinare l’annullamento della sentenza impugnata:
cfr. tra le più recenti, Cass. nn. 18635/11 e 3024/11). Altra, invece, è la questione cui provvedono il secondo, il terzo e il quarto motivo – inerente al richiamo, ai fini decisori, delle ricevute bancarie contenute nel fascicolo di parte appellata, il cui regolare ingresso nel giudizio dipende non già dalla costituzione in appello della parte che li aveva prodotti (atteso che per il principio acquisitivo i documenti una volta versati in atti compongono il materiale istruttorio oltre ed anche contro la volontà e l’interesse della parte stessa), ma dalla tempestività della relativa produzione in giudizio. Questione che, però, per le considerazioni che seguono, è destinata ad rimanere assorbita.
12. – Per la sua autonoma vocazione rescindente, va ora esaminato il sesto motivo del ricorso incidentale, che deve ritenersi fondato nei termini che seguono.
12.1. – Il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si configura quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di fatti controversi e decisivi della controversia, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione (fra le tantissime in tema, cfr. Cass. nn. 18119/08, 23929/07 e 15489/07).
12.2. – La sentenza impugnata ha così motivato in punto di riferibilità alla Restore Service della ricognizione di debito insita nell’assegno bancario emesso da C.B.I. nel novembre 2001: "… se è vero che la posizione di C.I. B. è quale socio della Restore Service; il conferimento a questi, da parte del socio ed Amministratore Unico (nonchè legale rappresentante) della Restore Service sig. Co.Pa., dei poteri di operare sul conto corrente della Società come da delibera prodotta (…); i legami (soggettivi, per la compagine sociale, ed aggettivi, per l’attività aziendale) tra Restore Service e Mizar s.r.l. e quelli di dette società con il loro socio C.B. I.; l’ubicazione comune delle rispettive sedi e/o unità locali operative; l’emissione di ricevute bancarie a carico della Restore Service rimaste impagate ma la cui emissione a suo carico non era stata dalla stessa contestata; se è vero che tutti questi elementi, incontestati – ed anzi allegati e documentati – dalla stessa Restore Service, uniti all’emissione di fatture per merci e prestazioni di servizi a favore di Restore Service di cui risulta effettuata la consegna a persone ricollegabili a detta Società ed in luoghi di sua pertinenza, e per le quali deve ritenersi l’avvenuta accettazione in mancanza di tempestive ed adeguate contestazioni, si traducono effettivamente in indizi univoci idonei a dimostrare (…) la riferibilità alla Restore Service dell’assegno emesso da I. C.B. nel novembre 2001, con valenza di riconoscimento di debito; è tuttavia vero che il riconoscimento va riferito alla data di emissione del titolo e all’importo dallo stesso portato, e che pertanto su detto riconoscimento potevano incidere in senso limitativo i successivi eventuali eventi estintivi dimostrati (pagg.
20-21 sentenza impugnata).
Successivamente, nella motivazione si da implicitamente per pacifica, in quanto allegata dalla stessa Camar (e dedotta in uno dei motivi d’appello dalla Restore Service: v. pag. 14 sentenza impugnata), la circostanza per cui il ridetto assegno bancario non era stato pagato dalla banca trattarla per difetto di autorizzazione (pag. 21 sentenza impugnata).
12.2.1. – Orbene, vi è un’intrinseca contraddittorietà tra quest’ultima circostanza di fatto (che ben vero assume carattere di premessa logica rispetto all’oggetto dell’argomentazione che la precede) e l’affermazione per cui, ciò non di meno, all’emissione dell’assegno debba riconoscersi, in base ai ridetti indici esterni, la valenza giuridica di ricognizione di debito.
Una prima incoerenza si ravvisa nella contraddizione, non espressamente sciolta, tra il fatto per cui C.B.I. era stato delegato dal legale rappresentante della Restore Service ad operare sul c/c della società, e il mancato pagamento dell’assegno per difetto di autorizzazione (s’intende, dell’emittente), l’uno e l’altro non potendo coesistere nella medesima collocazione temporale.
E sebbene sia ben possibile che la Corte territoriale abbia ritenuto del pari pacifica o ad ogni modo provata la circostanza, dedotta dalla società appellante, che in data anteriore a quella di emissione dell’assegno il legale rappresentante della Restore Service avesse revocato la delega ad operare sul conto (diversamente sarebbe meno spiegabile il dispendio motivazionale di cui sopra), tale discrasia rimane irrisolta.
La seconda contraddizione, di specifica indole logico-giuridica, risiede in ciò, che ricognizione di debito e promessa di pagamento, sebbene non abbiano natura giuridica di confessione (le prime essendo dichiarazioni di volontà, la seconda di scienza: cfr. Cass. n. 259/97), devono pur sempre provenire dal soggetto legittimato (in senso sostantivo) a disporre del patrimonio su cui incide l’obbligazione dichiarata, per cui, riferita ad un ente collettivo, una promessa unilaterale proveniente da soggetto non munito dei relativi poteri rappresentativi è nè più e nè meno una contraddizione in termini.
12.2.2. – Altra questione – che introduce il rilievo d’insufficienza motivazionale – è se, ciò non di meno (vale a dire a dispetto della ridetta imprecisione terminologica in cui è incorsa la Corte territoriale), la riferibilità alla Restore Service del rapporto obbligatorio dedotto in giudizio possa altrimenti inferirsi dagli indizi esaminati nella sentenza impugnata. E la risposta non può che essere negativa, per difetto di univocità delle presunzioni utilizzate.
Infatti, proprio la ravvisata commistione a livello aziendale e di compagine sociale tra la Restore Service e la Mizar, rende apodittica l’imputabilità dell’obbligazione in oggetto alla prima piuttosto che alla seconda società, l’ipotesi e l’antitesi essendo dotate di pari verosimiglianza.
Quanto, poi, alla non contestazione delle fatture e delle ricevute bancarie da cui si evincerebbe la consegna della merce a persone "ricollegabili" alla società odierna controricorrente, deve rilevarsi che nella sentenza impugnata non è esplicitato l’elemento fattuale da cui si desuma l’affermato collegamento, la cui efficienza indiziante non è, dunque, giustificata. Infine, il solo silenzio, non altrimenti circostanziato per la carenza indiziaria degli altri elementi valutati dalla Corte d’appello, costituisce una condotta di per sè equivoca, che in ambito contrattuale non può essere interpretata come consenso o acquiescenza.
13. – L’accoglimento del suddetto motivo assorbe l’esame sia delle restanti censure del ricorso incidentale, sia dello stesso ricorso principale.
14. – Per le considerazioni svolte la sentenza impugnata deve essere cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano, che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il sesto motivo del ricorso incidentale, respinto il primo ed assorbiti tutti gli altri nonchè il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano, che provvederà altresì in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione.
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