Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 04-10-2011) 27-10-2011, n. 38869

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Torino ha ritenuto B.M. responsabile del reato di omicidio colposo commesso in violazione delle norme del codice della strada in relazione all’incidente stradale avvenuto il 15.2.2004, e, con il concorso di colpa della persona offesa nella misura del 30%, lo ha condannato alla pena di giustizia. L’imputato, dopo essersi fermato al segnale di stop, svoltava a sinistra, senza essersi assicurato di poter effettuare senza pericolo tale manovra ed interferiva sulla traiettoria di marcia di M.D. che proveniva a forte velocità (100 km/h a fronte del limite di 50) a bordo di un moto Kawasaki 900; il M. frenava ma perdeva il controllo della moto e cadeva a terra, andando ad urtare la vettura del B. e decedendo a seguito dell’urto.

2. La Corte di appello ha confermato l’affermazione di responsabilità ma ha ridotto la pena inflitta, a seguito della ritenuta prevalenza delle attenuanti generiche.

3. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore dell’imputato. Con un unico motivo sostiene che l’imputato avrebbe dovuto essere assolto; l’accertamento compiuto dalla Corte di appello sarebbe errato dal momento che la Corte di appello, come già il Tribunale, ha preso a base della ritenuta responsabilità la consulenza tecnica del pubblico ministero e la perizia di ufficio sostenendone la sostanziale conformità; invece – secondo la difesa ricorrente – la dinamica dei fatti ricostruiti dalle due consulenze non è affatto chiara, tanto da risultare contrastante e il perito ha espressamente dichiarato di non condividere la ricostruzione effettuata dal consulente del Pubblico Ministero, di modo che la sentenza risulta viziata non potendosi contestualmente richiamare due atti difformi; in particolare i due atti divergono perchè il consulente tecnico aveva ritenuto che il motociclista fosse stato sbalzato dal motociclo per effetto dell’urto con la vettura del M. mentre il perito ha riferito che era stato sbalzato al momento della frenata, e cioè ben prima dell’urto con la vettura;

ora, tale circostanza era invece, secondo il ricorrente, molto rilevante in quanto se il motociclista era caduto a seguito dell’azione frenante, ciò era imputabile al cattivo stato del pneumatico anteriore ed inoltre si poteva ritenere che il motociclista si trovava ad una distanza notevole dall’auto del B. la cui manovra di immissione nel crocevia poteva ritenersi regolare da parte di quest’ultimo; sostiene inoltre che l’avvistamento della moto da parte del B., quando questi intraprese la manovra di svolta a sinistra, era impedito dalla presenza di altri veicoli; contesta poi la ritenuta necessità che il B. continuasse a guardare verso destra, dal momento che il motociclista si trovava dietro ad altre auto che sopraggiungevo lentamente e che il motociclista decise del tutto imprudentemente di superare, nonostante il divieto di sorpasso; inoltre l’automobilista doveva controllare anche altre direzioni.

Motivi della decisione

1. Deve preliminarmente rilevarsi che non risulta allo stato decorso il temine prescrizionale del reato, dal momento che al periodo di durata massima dello stesso, di sette anni e mezzo (calcolato in base alla normativa precedente alla L. n. 251 del 2005 e tenuto conto del giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche), deve aggiungersi un ulteriore periodo di 120 giorni, in relazione alle sospensioni del giudizio determinate da impedimenti dell’imputato o dei suoi difensori.

2. Nel merito, il ricorso non merita accoglimento risultando infondato, ai limiti della inammissibilità, il motivo dedotto.

Ed invero la Corte di appello, ha preso in esame le censure formulate con l’appello e, pur nella sinteticità delle osservazioni svolte al riguardo, ha dimostrato di averne tenuto conto laddove ha espressamente osservato che "non vi sono elementi di dubbio o di contrasto su cui basare la necessità di una rinnovazione della consulenza tecnica di ufficio, in quanto la dinamica dei fatti è chiara e coerentemente dimostrata anche attraverso la testimonianza acquisita"; la Corte ha altresì osservato che "I punti essenziali di prova su cui si basa la sentenza appaiono pienamente dimostrati, sia in relazione all’elemento oggettivo che soggettivo del reato. Appare dimostrato, oltre ogni ragionevole dubbio, che B. ha posto in essere una manovra azzardata con violazione delle norme sulla circolazione stradale; nell’immissione doveva dare la precedenza al motociclo e, preventivante, assicurarsi, con le dovute cautele e precauzioni, di non costituire un intralcio agli altri utenti della strada"; ed ancora ha espressamente affermato di ritenere che il motociclista cadde prima dell’impatto. Non vi sono dunque i vizi di mancanza di motivazione della sentenza impugnatacene ha puntualmente considerato i vari aspetti della vicenda, anche quello della riconosciuta usura degli pneumatici della moto e della esclusa presenza di veicoli interposti che escludevano la vista del motociclista ed ha del tutto logicamente ribadito la affermazione di responsabilità di entrambi i soggetti, l’automobilista per il mancato rispetto dell’obbligo di dare precedenza e il motociclista per l’eccessiva velocità. 3. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

– Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *