Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 04-10-2011) 27-10-2011, n. 38867 Attenuanti comuni riparazione del danno e ravvedimento attivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza del tribunale di Trapani che ha ritenuto R.L. responsabile di tre furti e lo ha condannato alla pena di un anno e mesi cinque di reclusione ed Euro 700 di multa, riconosciute le circostanze generiche equivalenti alle aggravanti contestate ed unificati i reati sotto il vincolo della continuazione.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore dell’imputato. Con un primo motivo il ricorrente sostiene la mancanza e inidoneità degli indizi al fine di acclarare al di là di ogni ragionevole dubbio la responsabilità dell’imputato; sostiene che per tutti e tre i furti contestati non vi erano elementi indiziar sufficienti; per il primo reato, egli è stato trovato in possesso di un paio di scarpe da lavoro provenienti dal furto commesso in danno di un negozio di utensili e indumenti da lavoro, ma ben avrebbe potuto trovare queste scarpe abbandonate per la strada o in un cassonetto, mentre nessun altro degli oggetti che pure erano stati sottratti dal detto negozio era stato rinvenuto in suo possesso; per quanto riguarda il furto nell’abitazione del signor M. F., quest’ultimo aveva raccontato di aver subito la sottrazione di alcuni gioielli dalla propria abitazione e di essere poi andato a reclamare dall’odierno imputato; poco dopo egli aveva ritrovato in un sacchettino sulla porta della propria abitazione quanto gli era stato rubato; secondo il ricorrente si tratta di elementi non sufficienti a dimostrare con certezza la sua responsabilità in quanto, trattandosi di fatti avvenuti in un piccolo centro, ben poteva essere avvenuto che l’ignoto ladro, essendo venuto a conoscenza delle proteste del M., avesse restituito la refurtiva. Si duole poi della mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6 per avere l’autore del reato eliso le conseguenze dannose dell’azione delittuosa. Con ulteriore motivo pm sostiene la nullità assoluta di tutti gli atti processuali conseguente alla sentenza di primo grado, per omessa notifica della sentenza all’imputato contumace. Fa presente che le notifiche sono avvenute presso lo studio legale del difensore dove lo scrivente aveva eletto domicilio solo ai fini del gratuito patrocinio; il domicilio eletto ai fini del procedimento era stato sempre quello della propria residenza di Favignana.

Motivi della decisione

1. Il ricorso non merita accoglimento.

2. Le censure dedotte in merito all’accertamento di responsabilità sono inammissibili in quanto le stesse, sotto la veste del dedotto vizio di motivazione, hanno in realtà lo scopo di ottenere da questa corte una più favorevole vantazione dei fatti contestati al R.;

fatti che, per le ragioni compiutamente e logicamente indicate dai giudici di merito e sopra sinteticamente richiamate, sono stati correttamente ritenuti integrativi dei contestati reati.

3. Il motivo attinente alla mancata concessione della attenuante del risarcimento del danno è infondato. Del tutto puntuale è il richiamo della corte di appello alla giurisprudenza di questa Corte (sez. 2, 7.1.1993 n.1096 rv. 193505) che ritiene necessario che il ristoro sia totale ed effettivo e comprenda anche, oltre alla restituzione della refurtiva, anche l’ulteriore risarcimento del danno subito, danno che nella specie è costituito dal fatto che l’imputato si è introdotto nella abitazione delle persone offese con effrazione delle finestre.

4. L’eccezione di omessa notifica è inammissibile in quanto la stessa non solo è genericamente formulata, ma contrasta altresì con gli atti processuali atteso che risulta (f.66) che il R., nel verbale di identificazione, ha eletto domicilio ai sensi dell’art. 161 c.p.p., senza limitazione alcuna, presso l’avv.to Salvatore Longo.

5. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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