Cass. civ. Sez. VI, Sent., 24-04-2012, n. 6463 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

che T.G., con ricorso del 1 luglio 2010, ha impugnato per cassazione – deducendo un motivo di censura -, nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze, il decreto della Corte d’Appello di Genova depositato in data 7 maggio 2010, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso della T. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, in contraddittorio con il Ministro dell’economia e delle finanze il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso -, ha condannato il resistente a pagare alla ricorrente la somma di Euro 5.500,00, a titolo di equa riparazione;

che resiste, con controricorso, il Ministro dell’economia e delle finanze;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso in riassunzione del 9 marzo 2009, era fondata sui seguenti fatti: a) la T., asseritamente titolare del diritto al riscatto ai fini pensionistici del corso di studi per conseguire il diploma di ostetrica, aveva adito la Corte dei conti con ricorso del 16 luglio 1992; b) la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Liguria aveva deciso la causa con sentenza del 17 ottobre 2006;

che la Corte d’Appello di Genova, con il suddetto decreto impugnato – dopo aver determinato in quattordici anni la durata complessiva del processo presupposto, e determinato in tre anni la durata ragionevole dello stesso processo presupposto – ha fissato in undici anni la durata irragionevole di tale processo ed ha liquidato a titolo di equa riparazione la somma di Euro 5.500,00, sulla base di un parametro annuo di Euro 500,00.

Motivi della decisione

che, con i motivi di censura, viene denunciata dalla ricorrente come illegittima – ferma restando la durata irragionevole in undici anni – anche sotto il profilo dei vizi di motivazione: la determinazione del quantum dell’indennizzo sulla base di un parametro contrastante con le indicazioni della Corte EDU;

che il ricorso merita accoglimento;

che, in particolare, i Giudici a quibus si sono discostati dal consolidato orientamento di questa Corte che, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 500,00 per ciascuno degli anni di durata complessiva del processo presupposto;

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 2;

che, nella specie, sulla base dei criteri adottati da questa Corte e dianzi richiamati il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, va determinato in Euro 7.000,00 per i quattordici anni circa di irragionevole ritardo, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione e fino al saldo;

che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere nuovamente liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4^, e B, paragrafo 1^, allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi – in complessivi Euro 1.140,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti ed Euro 490,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge;

che le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro dell’economia e delle finanze al pagamento alla ricorrente della somma di Euro 7,000,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, in complessivi Euro 1.140,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti ed Euro 490,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, e, per il giudizio di legittimità, in complessivi Euro 965,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

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