Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 30-09-2011) 27-10-2011, n. 38935

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Decidendo sull’appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Sondrio avverso l’ordinanza del locale gip del 25.2.2011, che aveva applicato nei confronti di S.A., D.S.A. e F.R., indagati per plurimi fatti di tentata estorsione in danno di B.P., la misura cautelare degli arresti domiciliari, in luogo della custodia in carcere richiesta dal requirente, il Tribunale del riesame di Milano, con ordinanza del 29.3.2011, in riforma del provvedimento impugnato applicava la più grave misura custodiale.

2. Osservavano i giudici territoriali che le modalità dei fatti, caratterizzati da condotte di violenza chiaramente organizzate e protratte nel tempo, e con l’utilizzazione di metodi "sostanzialmente" mafiosi, denotavano un allarmante spessore criminale degli indagati, in grado di esercitare un elevato potere intimidatorio, del tutto analogo a quello tipico di associazioni criminali radicate nel territorio.

Si imponeva, quindi, l’applicazione della più grave misura custodiale, come unico mezzo di prevenzione rispetto al pericolo di recidiva.

3. Quanto alla specifica posizione del F., che aveva resistito all’appello deducendo fra l’altro l’incompatibilità delle sue condizioni di salute con il regime carcerario, il Tribunale rilevava che il predetto risultava affetto da un grave stato di obesità ma, non tale da avergli impedito la partecipazione agli episodi criminosi in contestazione, senza che peraltro risultasse alcuna rilevante indicazione clinica sul suo conto tale da richiedere la necessità di un accertamento peritale.

Ricorrono tutti gli imputati per mezzo dei rispettivi difensori.

4. Nell’interesse del F., la difesa deduce con il primo motivo, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b), il vizio di inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione alla qualificazione giuridica dei fatti, che andrebbero ricondotti alla meno grave ipotesi delittuosa di cui all’art. 393 c.p., considerata l’esistenza di pretese creditorie dello S. nei confronti del B..

Con il secondo motivo, lamenta, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), il vizio di inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 275 c.p.p., comma 4 bis e art. 299 c.p.p., comma 4 quater, in ordine alle valutazioni del tribunale sulla compatibilità delle condizioni di salute del F. con il regime carcerario. Anche ammessa la facoltà del giudice del riesame di sindacare il fumus delle deduzioni dell’imputato per escludere con delibazione basata sull’evidenza dei fatti, la stessa necessità di accertamenti medici, non poteva ritenersi nella specie che ricorresse tale situazione, attesa la serietà delle documentate patologie dell’imputato. La questione è sviluppata con il terzo motivo, con riferimento alla rilevanza degli esami diagnostici ai quali l’imputato era stato sottoposto, e con la confutazione dell’argomento di giudici territoriali circa la capacità di spostamento rivelata dall’imputato in occasione dei fatti.

5. Il difensore del D.S. eccepisce l’illogicità della motivazione anzitutto in punto di valutazione dell’attendibilità della persona offesa; in ogni caso sotto il profilo della valutazione delle esigenze cautelari, apprezzate dai giudici del riesame sulla base di presunti collegamenti dell’imputato con terzi non identificati, pur in assenza di qualunque contestazione associativa, tanto meno di carattere mafioso. Illogica sarebbe anche l’affermazione dell’insufficienza della precedente misura degli arresti domiciliari rispetto alle esigenze di contenimento della pericolosità dell’imputato, peraltro soggiornante a circa duecento km di distanza dal teatro dei fatti, e illogica la svalutazione delle motivazioni della condotte criminose,che si inserivano pur sempre nell’ambito di legittime pretese dello S..

6. Esclusivamente incentrato sulla questione dell’intensità delle esigenze cautelari è il ricorso proposto nell’interesse dello S., nel quale si rileva la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione sul punto del provvedimento impugnato.

Sarebbe soprattutto apodittica l’affermazione del tribunale circa l’inserimento degli imputati in più ampi contesti criminali, che consentirebbe loro di continuare a delinquere anche tramite terzi.

Motivi della decisione

1. Va preliminarmente rilevato che il quadro di gravità indiziaria in ordine alle condotte estorsive contestate agli imputati non può essere allo stato rimesso in discussione, in presenza di un’impugnazione a suo tempo proposta al giudice del riesame soltanto dal PM per ottenere l’inasprimento del regime cautelare.

2. In ogni caso, la questione delle presunte pretese creditorie dello S. nei confronti del B. è puntualmente analizzata dal Tribunale, che rileva quanto meno l’assoluta esosità (ma anche la stessa significativa variabilità) delle pretese rispetto al fatto costitutivo addotto.

In punto di esigenze cautelari, poi, i giudici non mancano di rilevare efficacemente significativi indici della pericolosità degli imputati, senza affatto attribuire loro la responsabilità di un incendio doloso subito nel corso della vicenda dal B..

E ricordano le minacce ambiguamente rivolte dagli imputati anche ai familiari del B., il loro agire in gruppo, il linguaggio usato, le pressioni esercitate sulla persona offesa per indurla a ritrattare, per desumerne coerentemente una particolare pericolosità sociale degli imputati "sostanzialmente" adeguata a modelli criminali di tipo associativo, non ancorata a mai affermati ed effettivi inserimenti degli imputati in associazioni criminali operanti sul territorio, a prescindere dal ridondante riferimento alla possibile utilizzazione, per fini criminali, di terzi non meglio identificati.

E in questo ordine di considerazioni, del tutto correttamente i giudici escludono qualunque attenuazione della pericolo di recidiva in ragione della distanza del luogo degli arresti domiciliari dal teatro dei fatti (che non è certo l’unico e obbligato teatro di eventuali future imprese criminali degli imputati), o in ragione dell’incensuratezza del di S., la considerazione della quale non sarebbe comunque in sè decisiva e andrebbe comunque confrontata con la particolare determinazione dell’adesione a modelli di vita criminali da parte di un soggetto che esercitava le funzioni di guardia giurata, come non mancano di rilevare in sostanza i giudici territoriali, che altrettanto correttamente sottolineano i predenti penali degli altri imputati.

Si tratta di valutazioni di merito complessivamente logiche e coerenti, come tali insindacabili in questa sede di legittimità. 3. Va invece accolto il ricorso del F. in punto di valutazione della compatibilità delle sue condizioni di salute con il regime carcerario.

Si tratta di soggetto che, come riconoscono gli stessi giudici territoriali, è affetto da una grave forma di obesità, di per sè astrattamente capace di incidere sulla complessiva funzionalità organica, specie sotto il profilo cardiologico, peraltro comunque oggetto allo stato di monitoraggio strumentale. D’altra parte, appare in effetti alquanto generica e apodittica la valutazione della rilevanza della presunta capacità di spostamento dell’imputato all’epoca dei fatti.

L’esclusione in via preventiva e assoluta della necessità di ogni indagine clinica non sembra quindi basarsi su evidenze che giustifichino una delibazione sommaria allo stato degli atti, richiedendosi invece l’attivazione degli opportuni accertamenti medici a norma dell’art. 299 c.p.p., comma quater.

Alla stregua delle predenti considerazioni l’ordinanza impugnata deve essere annullata nei confronti di F.R. limitatamente alla valutazione della compatibilità delle sue condizioni di salute con il regime carcerario con rinvio al Tribunale di Milano per nuovo esame sul punto e con il rigetto nel resto" del ricorso dello stesso imputato; vanno rigettati i ricorsi dello S. e del D.S., con la condanna di entrambi al pagamento delle spese processuali. La cancelleria dovrà provvedere agli adempimenti di cui all’art. 28 reg. es. c.p.p..

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di F.R. limitatamente alla valutazione della compatibilità delle sue condizioni di salute con il regime carcerano con rinvio al Tribunale di Milano per nuovo esame sul punto; rigetta nel resto il ricorso;

rigetta i ricorsi dello S. e del D.S., che condanna al pagamento delle spese processuali, mandando alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. es. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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