Cass. civ. Sez. VI, Sent., 24-04-2012, n. 6460 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

che il Ministro della giustizia, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso del 27 maggio 2010, ha impugnato per cassazione – deducendo cinque motivi di censura -, nei confronti di L.R., F.G., nonchè B.M.A., F.A., F. e P. – quali eredi di Fe.An., deceduto il (OMISSIS), il decreto della Corte d’Appello di Roma depositato in data 27 novembre 2009, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sui ricorsi riuniti dei predetti odierni intimati – volti ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, in contraddittorio con il Ministro della giustizia – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso -, ha condannato il resistente a pagare a ciascuno dei ricorrenti, la somma di Euro 10.500,00 a titolo di equa riparazione;

che gli odierni intimati, benchè ritualmente citati, non si sono costituiti nè hanno svolto attività difensiva;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 200.000,00 per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 26 maggio 2009, era fondata sui seguenti fatti: a) L.R., F.G. ed Fe.An., quali presidente e membri della Commissione invalidi civili della U.S.L. n. 17 di Marcianise (CE), erano stati sottoposti a procedimento penale promosso dal procuratore della Repubblica presso il Tribunale di S. Maria Capua Vetere in data 3 novembre 1992, allorquando era stato redatto verbale di sequestro di documentazione presso la sede di detta U.S.L.; b) in data 28 ottobre 1994, il pubblico ministero depositata richiesta di rinvio a giudizio dei predetti imputati per il reato di concorso in falso; c) il G.u.p. presso il Tribunale di S. Maria Capua Vetere, in data 12 maggio 1999, emetteva decreto di rinvio a giudizio; d) il Tribunale di S. Maria Capua Vetere, in data 14 aprile 2006, aveva pronunciato sentenza di assoluzione, perchè il fatto non sussiste;

che la Corte d’Appello di Roma, con il suddetto decreto impugnato ha affermato che: a) il periodo di durata ragionevole del procedimento penale de quo deve essere determinato in tre anni; b) conseguentemente, determinata in tre anni, la durata ragionevole del procedimento penale, il residuo periodo di durata irragionevole va fissato in sette anni; c) l’equo indennizzo va determinato in Euro 10.500,00 per ciascuno dei ricorrenti sulla base di un parametro annuo di Euro 1.500,00.

Motivi della decisione

che, con i motivi di censura, viene denunciata dal ricorrente come illegittima, anche sotto il profilo dei vizi di motivazione: a) la determinazione del periodo di ragionevole durata del procedimento penale in questione in tre anni, anzichè in cinque anni, tenuto conto del numero degli imputati (dieci) nonchè della natura e della gravità dei reati contestati; b) la omessa determinazione dell’inizio dello stesso procedimento penale, tenuto conto che tale inizio non può esser fatto coincidere con la data del sequestro probatorio del 1992; e) l’omessa considerazione che gli imputati, in quanto rimasti contumaci nel corso del processo, non avrebbero diritto all’equa riparazione; d) l’omessa motivazione circa i criteri di determinazione del parametro annuo di indennizzo pari ad Euro 1.500,00; e) l’omesso accertamento circa l’intervenuta decadenza dall’azione degli eredi di Fe.An., decorrente a far data dal decesso di quest’ultimo; f) la liquidazione dell’indennizzo anche a ciascuno degli eredi di Fe.An., riferito a tutta la durata irragionevole del processo, anzichè fino al decesso del loro dante causa;

che il ricorso merita accoglimento, in ragione di determinanti carenze di motivazione su fatti decisivi presenti nel decreto impugnato;

che, infatti, i Giudici a quibus hanno omesso di descrivere gli elementi essenziali della fattispecie, per quanto in particolare riguarda: il momento in cui gli imputati nel giudizio presupposto hanno avuto notizia dell’azione penale promossa a loro carico; la determinazione della durata irragionevole del processo penale presupposto; la data del decesso di Fe.An.; la giustificazione della scelta del parametro annuo di riferimento per l’equa riparazione, tenuto conto che, secondo il costante orientamento di questa Corte, l’indennizzo va calcolato in Euro 750,00 annui per i primi tre anni di durata irragionevole del processo e di Euro 1.000,00 per ciascuno degli anni successivi al triennio; la omessa considerazione che agli eredi spetta l’indennizzo, jure hereditatis, soltanto prò quota;

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censure accolte;

che la causa deve essere rinviata alla stessa Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, affinchè elimini i vizi di motivazione dianzi riscontrati, decida la causa nel merito e liquidi le spese anche del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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