Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 29-09-2011) 27-10-2011, n. 38926

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

p. 1. Con ordinanza in data 14/04/2011, il Tribunale del riesame di Napoli annullava, relativamente al capo a) (associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti di autoveicoli, di estorsione ai danni dei proprietari dei medesimi, nonchè delitti di reclutamento all’estero di ragazze da destinare alla prostituzione) l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal g.i.p. del Tribunale di SMCV nei confronti di Q.B. – S.F. – Q.M. – P.G..

Ad avviso del tribunale, infatti, "(…) la struttura, l’ambito di operatività, la distribuzione dei ruoli e delle funzioni, la distribuzione unitaria e centrale dei profitti ricavati, l’accordo finalizzato alla iterazione di più condotte omogenee, non sembrano delinearsi con sufficiente univocità. Piuttosto tutto il materiale intercettivo (fuori dalla supina adesione alle qualifiche che gli stessi indagati sembrano darsi nel corso delle conversazioni "… capo, gruppo …") sembra convergere verso l’individuazione di un gruppo di cittadini albanesi, legati da vincoli di sangue ed amicali, interessati ad attività illecite non sempre comuni che solo occasionalmente vedono il coinvolgimento dell’uno o dell’altro indagato, nello stesso senso le più recenti dichiarazioni auto ed etero accusatorie rese da S.X. dopo l’esecuzione del fermo.

I reati fine enucleati dall’ascolto delle conversazioni appaiono frutto dell’accordo e della richiesta estemporanea di collaborazione, in relazione all’occasione offerta dai diversi furti di veicoli e dalla presenza sul territorio di giovani ragazze da avviare alla prostituzione. L’unidirezionalità dello sforzo interpretativo, suggerito dalla p.g. al p.m. e da questi al g.i.p., soffre di un errore ermeneutico di approccio al dato discorsivo esaminato. Nel senso che, partendo le indagini dalla ricerca di indizi per un concreto episodio di furto con pedissequa estorsione (cd. cavalli di ritorno), tutto il materiale successivamente raccolto è stato interpretato come sintomatico dell’esistenza di una struttura organizzata dedita al medesimo settore ed a quello "occasionalmente collegato" dello sfruttamento della prostituzione; ma in tal senso, i dati emersi non consentono di dedurre l’esistenza di una stabile organizzazione dedicata ai settori di intervento. Svuotata l’interpretazione dal suggestivo vizio d’origine è rimasto un nucleo di conversazioni dal contenuto oggettivamente riferibile ad attività illecita seriale, quanto contingente, conchiusa in ambito amicale ristretto. Diversamente, sul piano più propriamente esecutivo, i colloqui riportati in ordinanza, colorati ex posi dalle dichiarazioni rese dal S.X. e dalle circostanziate denunzie di furto ed estorsione tentata acquisite dalla p.g. (allegati al verbale di udienza), sono apparsi assai illuminanti in riferimento alla descrizione delle modalità dei reati contestati in concorso agli indagati. Da ciò si evince chiaramente che alcuni degli indagati fossero in contatto per commettere gli episodi di furto con pedissequa richiesta estorsiva, ma da ciò solo non può inferirsi la sussistenza di una organizzazione stabile e non invece occasionale, dedita ad una pluralità indeterminata di delitti. Manca, infine, l’indicazione di una cassa comune, in cui versare i proventi degli illeciti per la successiva divisione tra sodali". p. 2. Avverso la suddetta ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione il P.M. presso il Tribunale di SMCV deducendo MANCANZA, CONTRADDITTORIETA’ ED ILLOGICITA’ DELLA MOTIVAZIONE. Il ricorrente, dopo aver richiamato la giurisprudenza di questa Corte di legittimità in ordine ai presupposti dell’associazione a delinquere (Cass. 35479/2010), deduce quanto segue:

– il Tribunale non avrebbe fornito alcuna motivazione sulle ragioni che lo avevano indotto a ritenere che "i reati fine enucleati dall’ascolto delle conversazioni appaiono frutto dell’accordo e della richiesta estemporanea di collaborazione, in relazione all’occasione offerta dai diversi furti di veicoli e dalla presenza sul territorio di giovani ragazze da avviare alla prostituzione": in particolare, il tribunale avrebbe confuso l’occasionala della condotta con l’occasionante dell’accordo;

– il Collegio non avrebbe considerato che le modalità dei furti "rendevano imprescindibile una capillare organizzazione operativa, caratterizzata da una profonda sintonia tra i correi, oltre alla necessità di reperire persone in grado di forzare il sistema di accensione di questi veicoli (mediante attrezzi particolari) e di guidarli ( P.G.)" pag. 7-8 ricorso;

– infine il P.m. ricorrente (pag. 8 ss. del ricorso), indica una serie di dati fattuali desunti dai singoli reati fine, dai quali si desumerebbe la struttura associativa, dati, però, non presi in alcuna considerazione dal tribunale: da qui il vizio di mancanza di motivazione.

Motivi della decisione

p. 1. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.

Quanto ai requisiti del reato di associazione per delinquere di cui all’art. 416 c.p., non appare il caso di indugiarvi: sia il tribunale che lo stesso PM ricorrente, sono sostanzialmente d’accordo richiamando i pacifici principi di diritto reiteratamente ribaditi da questa Corte di legittimità.

Il problema che pone, quindi, il presente ricorso si riduce nel verificare se la motivazione addotta dal tribunale, alla stregua del materiale probatorio in atti, sia logica, coerente ed adeguata rispetto ai principi di diritto.

Sul punto va fatta una breve ma indispensabile premessa: ci si trova in fase cautelare e, quindi, ai fini dell’emissione dell’ordinanza di custodia cautelare sono sufficienti solo i gravi indizi di colpevolezza e non un quadro probatorio che evidenzi la colpevolezza dell’indagato al di là di ogni ragionevole dubbio, essendo tale requisito richiesto solo per la condanna all’esito del processo.

Fatta tale doverosa premessa, la motivazione del Tribunale, in effetti, come lamentato dal P.M. ricorrente, appare spesso del tutto tautologica e meramente ripetitiva di pacifici concetti giurisprudenziali, senza, però, alcuna analisi e riferimento al compendio probatorio.

Sul punto, è sintomatico di come il Tribunale, senza alcun riscontro rispetto ai singoli episodi, si esprima, spesso, in termini perplessi ("tutto il materiale intercettativo sembra convergere (…); "i reati (fine) … appaiono frutto dell’accordo (…)").

Infine, non una parola il tribunale ha ritenuto di spendere sui numerosi indizi evidenziati dal P.M. ricorrente e tratti dai singoli reati fine (cfr pag. 8-19 ricorso), dati fattuali di una certa pregnanza che, indubbiamente, come lamentato dal ricorrente, meritavano una valutazione da parte del tribunale e non certo il completo silenzio. In conclusione, l’ordinanza va annullata e gli atti trasmessi al Tribunale del riesame di Napoli, in diversa composizione, per nuovo esame sul punto.

P.Q.M.

ANNULLA L’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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