Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 29-09-2011) 27-10-2011, n. 38890

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Giudice ha applicato la pena ai sensi dell’art. 44 c.p.p. nei confronti di P.G. in ordine al reato di cui all’art. 186 C.d.S., lett. c), commesso il (OMISSIS); ed ha altresì disposto la sospensione della patente di guida e la confisca del veicolo.

2. Ricorre per Cassazione il P. deducendo due motivi.

2.1 Con il primo si assume che il giudice, in luogo di disporre la confisca, avrebbe dovuto trasmettere gli atti all’autorità amministrativa ai fini dell’adozione dell’atto di confisca di cui all’art. 224 ter C.d.S..

2.2 Con il secondo si deduce difetto di motivazione in ordine al dolo ed all’applicabilità dell’art. 129 c.p.p..

2.3 Sono stati successivamente presentati motivi aggiunti. Si assume che la richiesta di patteggiamento era naturalmente prodromica all’applicazione dell’art. 186 C.d.S., comma 9 bis; che può condurre ad effetto estintivo dell’illecito. Il giudice, in violazione dell’art. 129 c.p.p. non ha motivato al riguardo, nè ha preso in considerazione la possibilità di applicare la normativa in questione, sebbene essa sia più favorevole e trovi quindi applicazione anche ai fatti pregressi ai sensi dell’art. 2 c.p..

Si lamenta, infine, l’irritualità della citazione per il giudizio.

3. Il ricorso è manifestamente infondato.

3. L’art. 186 C.d.S., come novellato dal D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito nella L. 24 luglio 2008, n. 125, prevede per l’illecito in esame la confisca obbligatoria del veicolo, tranne che esso appartenga a persona estranea al reato. La statuizione va adottata anche nel caso in cui il processo sia definito con sentenza di patteggiamento o sia disposta la sospensione condizionale della pena.

La confisca in questione, nelle more, è stata qualificata dal legislatore come sanzione amministrativa accessoria per effetto delle innovazioni introdotte nel Codice della strada dalla Legge 29 luglio 2010, n. 120; come in numerose occasioni enunciato, condivisibilmente, da questa Suprema Corte.

La diversa qualificazione della confisca in questione da sanzione penale accessoria (come ritenuto sia dalle Sezioni unite di questa Corte che dalla giurisprudenza costituzionale) a sanzione amministrativa non incide sulla competenza del giudice penale ad irrogarla, come emerge dal tenore letterale del ridetto art. 186 C.d.S..

Dunque, radicalmente priva di pregio è la deduzione afferente alla dedotta incompetenza del giudice penale.

3.2 Pure prive di pregio sono le censure esposte con i motivi aggiunti. L’orizzonte sanzionatorio infatti, nella procedura di cui all’art. 444 c.p.p., è definito dall’accordo tra le parti e segnatamente, per quel che qui interessa, dalla richiesta dell’imputato, che nel caso in esame non ha coinvolto l’eventuale applicazione del richiamato art. 9 bis nè ha implicato alcuna manifestazione di volontà (sia pure nella forma del non dissenso) che sollecitasse al giudicante una presa di posizione sull’eventuale sostituzione della pena detentiva.

Quanto alla citazione per il giudizio, infine, per escludere qualunque irritualità giuridicamente rilevante è sufficiente considerare che il ricorrente era presente in udienza.

3.3 Quanto alla motivazione della sentenza per ciò che attiene al patteggiamento della pena, questa Corte ha ripetutamente affermato il principio che l’obbligo della motivazione della sentenza non può non essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento: lo sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione. Ciò implica, tra l’altro, che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui al richiamato art. 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronunzia di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., (Sez. un 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. Un. 27 dicembre 1195, Serafino). Tale orientamento è stato concordemente accolto dalla giurisprudenza successiva. Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi della decisione, che riguardano precipuamente la qualificazione giuridica del fatto, la continuazione, l’esistenza e la comparizione delle circostanze, la congruità della pena e la sua sospensione, la costante giurisprudenza di questa Corte, nel solco delle enunciazioni delle Sezioni Unite, ha affermato che la motivazione può ben essere sintetica ed a struttura enunciativa, purchè risulti che il giudice abbia compiuto le pertinenti valutazioni. Nè l’imputato può avere interesse a lamentare una siffatta motivazione censurandola come insufficiente e sollecitandone una più analitica, dal momento che la statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà patrizia del giudicabile.

D’altra parte, attesa la natura patrizia del rito, che chiede la pena pattuita rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa.

Ne consegue, come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può prospettare con il ricorso per Cassazione censure che coinvolgono il patto dal medesimo accettato.

Nel caso di specie il giudice dà conto che, alla luce degli atti di polizia dell’esame alcolici metrici, la pena è correttamente determinata e non vi sono le condizioni per una diversa e più favorevole pronunzia.

Il ricorso è inammissibile. Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e d al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di Euro 1.500,00 a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 1.500.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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