Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 24-04-2012, n. 6372 Giurisdizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- D.C.B.G., + ALTRI OMESSI con separati ricorsi al giudice del lavoro di Roma successivamente riuniti convenivano in giudizio l’ENEA – Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, di cui erano stati dipendenti, per ottenere la liquidazione, in aggiunta al trattamento di fine rapporto, delle maggiori somme maturate per la polizza assicurativa (c.d. polizza n. (OMISSIS)) stipulata in data 1.1.83 fra ENEA ed INA, di cui erano beneficiari i dipendenti dell’Agenzia.

2.- Il Tribunale dichiarava la giurisdizione del giudice amministrativo relativamente alla domanda dei ricorrenti che avevano cessato il rapporto di lavoro prima del 30.6.98 e rigettava la domanda per gli altri. Proponevano appello i dipendenti. Coloro che erano incorsi nel difetto di giurisdizione sostenevano che l’azione intrapresa aveva natura extracontrattuale e legittimava la giurisdizione del giudice ordinario; coloro per i quali la domanda era stata rigettata sostenevano invece l’erroneità dell’interpretazione data dal giudice alla polizza.

3.- Iva Corte d’appello di Roma con sentenza 16.09.10 rigettava l’impugnazione.

Quanto alla giurisdizione riteneva irrilevante la qualificazione assegnata dai dipendenti all’azione intrapresa, dovendo invece considerasi l’illecito posto alla base dell’istanza risarcitoria sul piano sostanziale e, in particolare, dovendo valutarsi se l’ingiustizia del danno fosse causata dalle modalità di gestione del rapporto di impiego da parte dell’Amministrazione interessata. Nel caso di specie la contestazione era di carattere contrattuale in quanto la condotta (mancata erogazione dei frutti della polizza) aveva rilievo esclusivo nell’ambito del rapporto di impiego e non incideva sulla sfera giuridica dei soggetti estranei. Per i rapporti di impiego cessati prima del 30.06.98, per i quali erano maturati prima di tale data gli eventi posti a base della pretesa dedotta in giudizio, ai sensi del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 69, comma 7, veniva dunque ribadita la giurisdizione del giudice amministrativo.

Quanto al merito, la Corte escludeva che ENEA stipulando con l’INA una convenzione assicurativa, in forza della quale erano state accese polizze individuali intestate a ciascun dipendente, avesse voluto predisporre la provvista per un emolumento aggiuntivo da erogarsi ai propri dipendenti alla cessazione del rapporto, dato che l’Ente aveva l’unico obiettivo di costituirsi le disponibilità economiche occorrenti per far fronte al trattamento di fine rapporto per ciascuno dei dipendenti dovuto ai sensi della L. n. 297 del 1982. In ogni caso, ove alla polizza fosse stata attribuita una funzione giustificatrice ulteriore e diversa dalla mera cessazione del rapporto di lavoro, la previsione sarebbe incorsa nel divieto sancito dalla L. n. 297, che impedisce all’autonomia privata la conservazione o l’introduzione di trattamenti di fine rapporto aventi, sia pure con diversa struttura, funzione di integrazione o di mera duplicazione di quella legale.

4.- Avverso questa sentenza propongono ricorso D.C.B. G., + ALTRI OMESSI . Con atto separato propone ricorso anche M.. Si difende l’ENEA con controricorso in entrambi i casi.

Motivi della decisione

5.- Con i primi due motivi la sentenza impugnata è contestata per l’affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda proposta dai dipendenti (o loro aventi causa) cessati dal servizio prima del 30.6.98 ( D.C., + ALTRI OMESSI ).

5.1.- Con il primo motivo è dedotta violazione dell’art. 1 c.p.c. e del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 1, e art. 69, comma 7, ed è contestata l’affermata giurisdizione del giudice amministrativo. I ricorrenti fondano la domanda sulla propria qualità di beneficiari della polizza assicurativa e non su quella di parti contrattuali, così deducendo un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale dell’Amministrazione. Si verte, dunque, in tema di domanda risarcitoria proposta ex art. 2043 c.c., avente ad oggetto la violazione di una prestazione nascente non dal rapporto di lavoro (o dalle sue modalità di gestione), ma dal contratto di assicurazione stipulato dall’Ente a favore di ciascuno dei singoli dipendenti, ed estesa a tutti 1 profili di danno, ivi compreso il danno morale, tale qualificazione della domanda prescinde dalle obbligazioni di natura contrattuale assunte dal datore nel rapporto di lavoro e riconduce l’azione nella giurisdizione del giudice ordinario, il quale è sempre competente per le azioni extracontrattuali fondate su richieste risarcitorie nascenti da atto illecito dell’Amministrazione.

5.2.- Con il secondo motivo è dedotta violazione e falsa interpretazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, in relazione agli artt. 3, 10, 111 e 117 Cost., nonchè agli artt. 20, 21 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea ed agli artt. 6, 13, 14, 17 e 18 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (CEDU). In applicazione del combinato disposto di tali disposizioni, viene richiesto che l’art. 69, comma 7, venga applicato nel senso di riconoscere la giurisdizione ordinaria anche per le posizioni maturate prima del 30.6.98, per non arrecare ingiustificati ed irragionevoli trattamenti discriminatori fondati sull’età degli aventi diritto, in relazione a quanto previsto dal contratto assicurativo per la scadenza delle polizze individuali, di modo che non si precluda a coloro che sono cessati dal servizio prima di quella data l’effettiva possibilità di agire giudizialmente, proponendo la propria domanda all’a.g.o., laddove sia decorso il termine del 15.9.00 previsto, a pena di decadenza, per adire il giudice amministrativo.

6.- Con i motivi terzo, quarto e quinto la sentenza è contestata per il rigetto della domanda proposta dai dipendenti cessati dal servizio dopo il 30.6.98 ( P., S., P., St., G.).

6.1.- Con il terzo motivo è dedotta violazione dell’art. 1362 c.c. e segg. in relazione agli artt. 1325 e 1411 c.c. ed al R.D.L. 8 gennaio 1942, n. 5, art. 4. Ove avesse considerato il testo della convenzione, in adozione del principio della preminenza del criterio letterale e della sussidiarietà degli altri criteri ermeneutici, il giudice avrebbe riscontrato in modo chiaro e univoco il diritto dei dipendenti ad ottenere le somme aggiuntive da loro reclamate in giudizio. Tale risultato sarebbe stato invece frustrato dalla parzialità dell’operazione interpretativa, che si era limitata alla ricostruzione della volontà delle parti in base alle sole clausole 1 e 14 del testo contrattuale. La stipulazione di contratti di capitalizzazione che assicurino ai dipendenti somme ulteriori, oltre quelle dovute per il trattamento di fine rapporto, è da ritenere consentito dal R.D.L. n. 5 del 1942, non abrogato dalla L. n. 297 del 1982. 6.2.- Con il quarto motivo (indicato ancora come terzo) e dedotta violazione dell’art. 421 c.p.c., comma 2, e dell’art. 437 c.p.c., comma 2, lamentandosi la mancata acquisizione da parte del giudice di appello del certificato assicurativo rappresentante la polizza individuale di ciascun ricorrente, atteso che il giudice, ove avesse ritenuto insufficienti le prove acquisite, avrebbe dovuto esercitare il potere-dovere di provvedere di ufficio agli atti istruttori idonei a superare l’incertezza del fatto costitutivo del diritto in contestazione, indipendentemente dal verificarsi di preclusioni o decadenze processuali.

6.3.- Con il quinto motivo (indicato come quarto) è dedotta carenza di motivazione, lamentandosi la mancanza di considerazione degli atti e documenti portati all’esame del giudice, per la quale costui ha individuato lo scopo della convenzione nell’obiettivo di assicurare il pagamento del t.f.r., così considerando solo l’art. 1 della convenzione, omettendo l’analisi integrale del contratto assicurativo e di tutta l’ulteriore documentazione indicata dai dipendenti.

7.- Il ricorso non è meritevole di accoglimento.

8.- Il primo motivo è infondato alla luce della giurisprudenza delle Sezioni unite, la quale, con riferimento alla fattispecie ora in esame, ha affermato che le controversie promosse da dipendenti in servizio o in quiescenza nei confronti di enti pubblici non economici diversi dallo Stato ed aventi per oggetto il trattamento integrativo erogato dagli stessi in aggiunta alla pensione, essendo relative a prestazioni che ineriscono al pregresso rapporto di impiego posto in essere con l’ente datore, in quanto corrisposte da un fondo costituito dai medesimi enti pubblici per mezzo dell’accantonamento di una parte della retribuzione ed alimentato anche da contributi dei dipendenti, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice del rapporto. Le controversie in questione sono, pertanto, devolute al giudice amministrativo in via esclusiva o a quello ordinario a seconda che siano attinenti, ai sensi del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 45, comma 17, (cui ora corrisponde il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7), a questioni sorte in un periodo antecedente o successivo al 30 giugno 1998, con riferimento, ove la lesione del diritto del lavoratore sia prodotta da un atto formale, all’epoca della sua emanazione (S.u. 12.10.09 n. 21554, ripresa da altre pronunzie successive, tra cui si segnalano le sentenze 29.07.11 n. 16630 e 9.11.11 n. 23303).

9.- Con riferimento alla domanda di corresponsione del trattamento assicurativo risultante dalla polizza individuale stipulata dal datore di lavoro, proposta dai dipendenti dell’ENEA cessati dal servizio prima del 30.06.98, le Sezioni unite hanno affermato la giurisdizione del giudice amministrativo essenzialmente sulla base dei seguenti argomenti.

9.1.- La prestazione oggetto della domanda non ha natura previdenziale, in quanto non è richiesta nei confronti di un ente preposto alla previdenza obbligatoria nell’ambito di un rapporto previdenziale che trovi fonte esclusiva nella legge ed abbia soggetti e contenuto diversi rispetto al rapporto di lavoro, che nell’ambito del rapporto previdenziale costituisce solo il presupposto di fatto.

Nel caso di specie, invece, la domanda ha ad oggetto una forma di previdenza interna a carattere aziendale, strettamente inerente il rapporto, il che la rende parte dell’obbligazione retributiva e di stretta competenza del giudice del rapporto (S.u. n. 21554 del 2009, cit.).

9.2.- Ai fini dell’individuazione del giudice destinato a conoscere delle cause di risarcimento del danno patito dal pubblico dipendente per comportamenti posti in essere dall’Amministrazione prima del 30.6.98, è necessario verificare se l’illecito ascritto nasca da responsabilità contrattuale o extracontrattuale (S.u. 27.01.11 n. 1875).

9.3.- Ai fini di tale verifica, è irrilevante la qualificazione giuridica assegnata all’azione dall’interessato, dovendosi verificare i tratti propri dell’elemento materiale dell’illecito, nel senso che esiste giurisdizione del giudice ordinario ove la condotta lesiva possa esplicarsi indifferentemente sia verso i dipendenti che verso gli estranei al rapporto di lavoro, mentre esiste giurisdizione del giudice amministrativo ove la condotta sia tale da escluderne la rilevanza nei confronti dei soggetti estranei al rapporto di pubblico impiego.

10.- Con riferimento al caso di specie le Sezioni unite, infine, hanno escluso che valga a radicare la giurisdizione del giudice ordinario la circostanza che, per comportamento risalente ad epoca anteriore al 30.6.98, venga proposta domanda di risarcimento del danno morale, atteso che il giudice amministrativo, per le controversie devolute alla sua giurisdizione, ai sensi della L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 35 conosce anche del risarcimento del danno ingiusto cagionato dalla Pubblica Amministrazione (S.u. 23.03.11 n. 6599).

11.- Con il secondo motivo parte ricorrente sostiene che "nel caso di specie, l’aver ritenuto estinti per decadenza i diritti dei dipendenti ENEA cessati dal servizio anteriormente alla data del 30.6.98, in quanto non azionati entro il 15.9.00, e una patente violazione del … diritto all’effettivo ricorso" (pag. 97 del ricorso per D.C. e gli altri, pag. 56 per M.). Tale affermazione non è riscontrabile nella sentenza ora in esame, che si è limitata a ribadire la carenza di giurisdizione dichiarata dal tribunale ordinario ed a confermare quella amministrativa.

La censura del ricorso per cassazione reca, dunque, l’enunziazione di disposizioni di legge che si assumono violate, senza però l’indicazione delle affermazioni contenute nella decisione impugnata che con esse si porrebbero in contrasto; nella sostanza le censure proposte non hanno specifica attinenza con la decisione.

Tale mezzo di impugnazione è da ritenere inammissibile, atteso che la proposizione di ricorso per cassazione privo di specifica attinenza al decisimi della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., n. 4, (v. S.u. 12.05.08 n. 11650, richiamata da S.u. n. 23303 del 2011 cit).

12.- Sulla base dei principi sopra enunziati, e con riferimento ai motivi primo e secondo, deve ritenersi che il giudice di merito, per i dipendenti ENEA cessati dal servizio prima del 30.06.98, abbia correttamente determinato la giurisdizione. Per essi il ricorso deve essere rigettato con conseguente rimessione dinanzi al giudice amministrativo.

13.- Prima di passare all’esame dei motivi terzo, quarto e quinto, con cui si contesta il rigetto nel merito della domanda proposta dai dipendenti che hanno lasciato il servizio dopo il 30.06.98, deve rilevarsi che il giudice di merito ha fatto applicazione della giurisprudenza elaborata da queste Sezioni unite secondo cui, in materia di indennità di fine rapporto, la normativa di cui alla L. n. 297 del 1982 non preclude che, in generale, possano essere corrisposte, alla cessazione del rapporto, erogazioni integrative aventi natura e funzioni diverse dal trattamento di fine rapporto, a condizione che esse siano ricollegate al contratto di lavoro, nel quale devono trovare una giustificazione causale idonea ad escludere una disposizione derogatoria alla disciplina legale. Questa giurisprudenza, pertanto, esclude che siano da corrispondere ai lavoratori le maggiori somme maturate per l’effetto di una polizza assicurativa stipulata dal datore di lavoro, allorchè, in ragione della struttura della provvista e della modalità di erogazione degli importi, risulti che essa sia stata costituita a beneficio della gestione e delle finalità proprie del datore di lavoro, al fine di assicurare la corresponsione dell’indennità di fine rapporto ai dipendenti, e non preveda in favore di questi ultimi utilità economiche ulteriori rispetto alle somme a garanzia del trattamento di fine rapporto (Cass. 12.10.09 n. 21533, pronunziata in causa avente ad oggetto contenzioso analogo a quello ora in esame).

14.- Con il terzo motivo i ricorrenti contestano l’operazione interpretativa posta alla base di questo principio di diritto, sostenendo che se fosse stato adottato il criterio dell’interpretazione letterale, senza ricorrere al criterio sussidiario della ricostruzione della comune volontà delle parti, ne sarebbe derivata una diversa ricostruzione del contenuto del contratto, consistente nell’individuazione di un rapporto negoziale diretto tra l’istituto assicuratore ed i dipendenti ENEA. Al riguardo deve rilevarsi che il giudice di merito ha ritenuto di indagare la comune intenzione delle parti non per scelta arbitraria, ma perchè ha ritenuto non utilizzabile il principio in claris non fit interpretatio, proposto dai ricorrenti con riferimento atomistico alle singole clausole che, invece, se poste a confronto ed integrate nel contesto del contratto (con particolare riferimento al testo degli artt. 1, 6, 10 e 14) portano alla conclusione che la polizza in questione fosse emessa solo per garantire ai dipendenti il trattamento di fine rapporto.

La censura proposta con il motivo in esame, di fronte a tale percorso argomentativo, è inammissibile, in relazione alla funzione del giudizio di legittimità, che in materia di interpretazione dei contratti di diritto privato, non può andare oltre il controllo della motivazione e la verifica del corretto impiego delle regole di ermeneutica negoziale.

Al riguardo, in ogni caso, giova ripercorrere un passo della sentenza n. 21553 del 2009, che, rispondendo ad analoga obiezione, rilevava che "la mancata considerazione di un tale intento specifico di risparmio, prospettato in questa sede, che avrebbe determinato l’ente datore di lavoro alla stipulazione della convenzione INA, non potrebbe risolversi nel vizio qui denunciato, atteso che la comune volontà delle parti deve essere desunta in funzione di ciò che nelle clausole del contratto esaminato appare obiettivamente voluto in relazione ad un determinato istituto, sì da risolversi ogni eventuale dubbio nell’unità di intento che si può desumere obiettivamente dalla formula contrattuale, allorquando risulti che su di essa si volle formato il consenso".

Considerata la correttezza dell’accertamento del giudice di merito che la polizza non riconosceva ai dipendenti alcun beneficio ulteriore che non la garanzia del trattamento di fine rapporto, debbono ritenersi superate le obiezioni circa la violazione dell’art. 1411 c.c., concernenti l’alterazione dello schema del contratto a favore di terzi.

15.- E’ infondato il quarto motivo, con cui i ricorrenti lamentano la mancata acquisizione officiosa del certificato assicurativo individuale di ciascun ricorrente, atteso che il giudice di merito non ha ignorato l’istanza istruttoria, ma ha ritenuto superfluo il suo adempimento, atteso che dall’esame di quei certificati non avrebbero potuto essere acquisiti elementi ulteriori di valutazione che non fossero già pienamente desumibili dall’esame della polizza.

La censura oggi formulata dai ricorrenti si traduce, pertanto, in una mera contestazione dell’attività interpretativa e valutativa compiuta dal giudice di merito, della quale già si è avuto modo di sottolineare la correttezza.

16.- Con il quinto ed ultimo motivo di impugnazione i ricorrenti contestano essenzialmente la mancata considerazione da parte della Corte d’appello di una relazione peritale (acquisita nell’ambito di diverso contenzioso e prodotta in copia dai ricorrenti nel presente giudizio) inerente "l’analisi del contratto in chiave di tecnica assicurativa". Con tale mezzo di impugnazione, grazie all’apparente deduzione del vizio di motivazione (e ricorrendo alla distinzione tra analisi tecnico-assicurativa e interpretazione della polizza assicurativa), i ricorrenti contestano di nuovo l’interpretazione data dal giudice al contratto assicurativo, utilizzando argomenti già esaminati nel rispondere al terzo motivo. Non debbono essere utilizzati, dunque, ulteriori argomenti per rigettare anche quest’ultimo mezzo di impugnazione.

17.- In conclusione, tanto i motivi inerenti la giurisdizione che quelli riguardanti la pronunzia di merito sono infondati.

Il ricorso deve essere rigettato e, per quanto riguarda le posizioni interessate dalla questione di giurisdizione, le parti debbono essere rimesse dinanzi al giudice amministrativo.

18.- Le spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte decidendo sui ricorsi, li rigetta e dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo per i dipendenti cessati dal servizio prima del 30.06.98, condannando i ricorrenti in solido alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500,00 (tremilacinquecento/00) per onorari, oltre le spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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