Cass. civ. Sez. II, Sent., 26-04-2012, n. 6523

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione 9.1.1999 S.B. proponeva opposizione al d.i. del Pretore di Pavia che le ingiungeva il pagamento di L. 7.596.800 oltre interessi e spese in favore del Dott. B.W. per prestazioni professionali relative ad attività di consulenza, eccependo il difetto della propria legittimazione passiva, posto che le prestazioni erano state eseguite su incarico ed a favore della Fisiokinesiterapico srl di cui l’opponente era rappresentante legale, oltre che vizi di forma, con conseguente revoca del d.i., condanna dell’opposto ex art. 96 c.p.c., ed, in subordine, la riduzione degli importi.

Con sentenza n. 57/2003 il Giudice onorario del Tribunale di Pavia revocava il d.i. e condannava l’opponente a pagare al B. Euro 3098,74 oltre accessori e spese, decisione appellata dalla S..

Con sentenza 234/06 la Corte di appello di Milano dichiarava totalmente infondata la pretesa del B., condannato alla restituzione delle somme riscosse ed alle spese sul presupposto che lo stesso professionista, nella nota diretta alla S., sulla scorta della quale era stato chiesto il d.i., imputa l’importo preteso ad onorari ed accessori "relativi alla consulenza ed assistenza resa a suo favore nella controversia societaria relativo(a) al centro fisiokinesiterapio di (OMISSIS), ivi compresi l’esame del bilancio 1992, partecipazioni assembleari, pareri scritti su comportamento da seguire, sessioni presso il legale" (L. 6.000.000), nonchè a spese borsuali di studio per vidimazioni libri sociali e presentazione atto accettazione carica del 15.4.93" (L. 314.000), cassa previdenziale (L. 120.000) ed iva (L. 1.162.800).

Sulla seconda voce, spese borsuali, riferita alla società e non alla S. in proprio non vi era stata impugnazione.

Quanto al resto, rilevando che la S. non aveva contestato l’attività e solo in via subordinata aveva chiesto la riduzione degli importi, riteneva onere dell’opposto provare il conferimento dell’incarico in proprio mentre aveva ammesso che era finalizzato ai comportamenti che la S. doveva tenere non solo quale socia ma anche quale amministratore.

Ricorre B. con due motivi, resiste S. proponendo ricorso incidentale eventuale, illustrato da memoria.

Motivi della decisione

Con il primo motivo si lamenta violazione dell’art. 2234 c.c., perchè la Corte di appello ha acclarato che l’attività professionale è stata svolta e l’incarico è stato conferito dalla S. e la Suprema Corte ha sancito che l’incarico può provenire da un estraneo e non dal beneficiario.

Col secondo motivo si lamenta violazione dell’art. 2697 c.c., perchè doveva essere controparte a provare l’incarico per conto della società.

Le censure, come proposte, non sono meritevoli di accoglimento.

Non è in discussione che l’attività sia stata svolta e che l’incarico sia stato conferito dalla S. mentre punto focale della causa è se tale incarico sia stato conferito in proprio o quale amministratrice della società La Corte di appello ha fatto riferimento alla nota posta a base del d.i., indicata analiticamente, ha rilevato la mancanza di impugnazione per la seconda voce, con la conseguenza che ne veniva confermata la riferibilità alla società, ha valutato le risultanze processuali ed indicato essere onere dell’opposto provare il conferimento di un incarico esclusivamente in proprio e non per la società, mentre vi erano state sostanziali ammissioni in senso opposto.

Stando così le cose, a prescindere dalla circostanza che l’accertamento in fatto, logicamente posto in essere dal giudice di merito, è insindacabile in sede di legittimità, va rilevato, in ordine al primo motivo, che la giurisprudenza invocata dal ricorrente si ritorce proprio contro di lui.

Se è pacifico che il committente in quanto tale obbligato può essere diverso dal beneficiario, avendo sostanzialmente i giudici di merito accertato che l’incarico era stato dato quale amministratrice, diventa irrilevante che la S. potesse in astratto averne beneficiato anche in proprio.

Circa l’onere della prova è pacifico che, in sede di opposizione a d.i., l’opposto diventa attore in senso sostanziale e, comunque, il passaggio in giudicato della riferibilità alla società di una voce della nota, è elemento indicativo valutabile al fine di confermare la spendita del nome del rappresentato, proprio perchè lo stesso ricorrente riconosce non occorrano formule sacramentali ed invoca giurisprudenza al riguardo.

Donde il rigetto del ricorso principale e l’assorbimento dell’incidentale eventuale.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito l’incidentale eventuale e condanna il ricorrente principale alle spese, liquidate in Euro 27.00,00, di cui Euro 200,00 per spese vive, oltre accessori.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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