Cons. Stato Sez. V, Sent., 30-11-2011, n. 6336 Imposta di pubblicità e affissioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La J. Pubblicità ha impugnato, chiedendone l’annullamento, la deliberazioni della Giunta comunale di Foggia n. 48 del 26 febbraio 2003, concernente l’applicazione di un canone annuo di concessione per gli impianti pubblicitari adibiti alle affissioni dirette da parte di privati nonché la determinazione del relativo importo per ciascuna tipologia di impianto, e n. 155 del 23 marzo 2001 recante l’approvazione del piano generale degli impianti pubblicitari, oltre alla deliberazione del Consiglio comunale n. 678 del 20 ottobre 1998 di approvazione del Regolamento istitutivo del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, assumendo la violazione delle regole procedimentali, l’incompetenza della Giunta riguardo agli indirizzi generali della disciplina sugli impianti pubblicitari ed alla modificazione di tariffe e canoni per impianti pubblicitari, l’illegittimità dell’individuazione di una nuova categoria di impianti pubblicitari adibiti all’affissione diretta e della determinazione del canone da corrispondere. Con motivi aggiunti, ha impugnato altresì il regolamento del Consiglio comunale n. 39 del 1994 nella parte in cui demanda alla Giunta l’approvazione del piano generale degli impianti pubblicitari.

Il T.a.r. ha dichiarato irricevibile per tardività il ricorso limitatamente alla richiesta di annullamento delle deliberazioni del Consiglio comunale n. 39 del 1994 e n. 678 del 1998 e della deliberazione di Giunta n. 155 del 2001. Ha quindi respinto il ricorso contro la deliberazione di Giunta n. 48 del 2003 riconoscendo la competenza della Giunta a determinare il canone di concessione per l’installazione di impianti per l’affissione diretta.

Ha proposto appello l’interessata per i seguenti motivi:

– erroneità della dichiarazione di irricevibilità, data la natura di atti presupposti delle deliberazioni impugnate, relativamente alle quali l’interesse all’annullamento sarebbe sorto solo a seguito dell’adozione dell’atto applicativo;

– in ordine alla competenza della Giunta comunale nello stabilire la misura del canone, violazione del d. lgs. n. 267 del 2000, falsa interpretazione, eccesso di potere, inesistenza e carenza di motivazione;

– in ordine alla individuazione di nuova tipologia di impianti, alla individuazione e determinazione dei nuovi canoni, illogicità della motivazione, violazione dei regolamenti comunali e contraddittorietà, violazione del d. lgs. n. 507/1993, del d. lgs. n. 446/1997 come modificato dal d. lgs. n. 56/1998, dell’art. 145 c. 55 della l. n. 388/2000, del T.U. Enti locali d.lgs. n. 267/2000, omesso esame di un punto decisivo della controversia;

– in ordine alla legittimità e debenza del canone, violazione del d. lgs. n. 507/1993, dell’art. 23 d. lgs. n. 285/1992, degli artt. 41 e 42 della costituzione, dell’art. 70 Trattato U.E., eccesso di potere;

– violazione dell’art. 30 l. n. 488/1999 e l. n. 388/2000.

Si è costituito in resistenza il Comune di Foggia.

E’ altresì intervenuta ad opponendum la G. s.p.a., concessionaria del servizio di accertamento e riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del canone per occupazione di spazi ed aree pubbliche, eccependo l’inammissibilità dell’appello per difetto di notifica nei propri confronti e la sua infondatezza nel merito.

All’udienza del 18 ottobre 2011, in vista della quale sono state depositate memorie, il ricorso è stato discusso ed il Collegio se ne è riservata la decisione.

Motivi della decisione

1. Va, preliminarmente, respinta l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla interveniente G. per mancata notifica del gravame nei suoi confronti.

Invero, la G., oltre a non essere parte del giudizio di primo grado, non è neanche qualificabile come controinteressata in senso tecnico, posto che gli atti impugnati in primo grado, diretti ad incidere sul rapporto intercorrente unicamente tra il Comune di Foggia e la J. Pubblicità (ora C. Channel J. Pubblicità), in virtù dell’autorizzazione alla installazione di impianti pubblicitari per affissioni dirette, non coinvolge direttamente il concessionario alla riscossione dell’imposta e del canone (cfr. Cons. St. Sez. V, n. 6384/2005).

2. In merito alla dichiarazione di irricevibilità per tardività del ricorso di primo grado nella parte in cui sono impugnati i regolamenti approvati dal Consiglio comunale in materia di impianti pubblicitari, ritiene il Collegio, aderendo a precedenti pronunce della Sezione (Cons. St. Sez. V, 2.2.2009, n. 529), che, alla luce dei consolidati principi per cui per riconoscere l’interesse ad impugnare in via diretta un regolamento o un atto amministrativo a contenuto generale occorre avere riguardo alla sua immediata e concreta lesività, con riferimento all’entità ed all’incidenza reale e non meramente ipotetica dell’atto sulla sfera giuridica del ricorrente, l’interesse della J. Pubblicità all’impugnazione delle previsioni regolamentari contenute nell’art. 20, punti 3 e 4 del regolamento di cui alla delibera del Consiglio comunale di Foggia n. 678 del 1998, non sia sorto se non con l’adozione della delibera giuntale del 2003, concretamente lesiva della sua posizione come soggetto autorizzato all’installazione di impianti pubblicitari.

Pertanto, le doglianze rivolte contro tale regolamento, attributivo del potere di determinazione del canone alla Giunta, sono tempestive e vanno esaminate nel merito.

3. E’, invece, da confermare la pronuncia di irricevibilità sia in riferimento all’impugnazione della deliberazione n. 155 del 23 marzo 2001 recante l’approvazione del Piano generale degli impianti pubblicitari, sia degli articoli 10 e 12 del regolamento del Consiglio comunale n. 39 del 1994 che demandano alla Giunta il potere di approvare il suddetto piano e di indire una gara per l’assegnazione ai privati degli spazi pubblici per l’affissione diretta, prevedendo che nella convenzione accessiva alla concessione sia indicato il canone annuo da corrispondersi da parte del concessionario.

Invero, nessun nesso causale sussiste tra l’atto pianificatorio e la disciplina regolamentare e la determinazione giuntale impugnata per i profili concernenti l’ individuazione di nuove tipologie di impianti e la misura del canone.

4. Nel merito, occorre ora affrontare le censure che si fondano sulla illegittimità della disposizione regolamentare attributiva dei poteri alla giunta di determinare la misura della tariffa del canone e, conseguentemente, sull’incompetenza della Giunta riguardo all’adozione della deliberazione n. 48 del 2003.

5. Il Collegio intende confermare l’indirizzo già assunto dalla Sezione con il richiamato precedente (sent. n. 529 del 2009), secondo cui la riserva di competenza al Consiglio comunale sancita dall’art. 42 d. lgs. n. 267/2000 concerne la sola fissazione, a mezzo di regolamento, da adottarsi ai sensi del combinato disposto degli artt. 52 e 63 del d. lgs. n. 446 del 1997, dei criteri essenziali sulla base dei quali la tariffa deve essere in concreto determinata. Pertanto, non appare censurabile la scelta dell’organo consiliare del Comune di Foggia, nel richiamato art. 20 del regolamento n. 678 del 1998, di affidare alla giunta comunale la determinazione della tariffa del canone di concessione sulla base degli elementi ivi indicati (classificazione delle strade, entità dell’occupazione, durata dell’occupazione, valore economico dell’area). Detti parametri appaiono conformi all’art. 145, comma 55 della l. 388 del 2000 che, nel modificare l’ultimo comma dell’art. 9 del d. lgs. n. 507 del 1993, ha precisato che i canoni di locazione o concessione devono essere commisurati alla effettiva occupazione del suolo pubblico del mezzo pubblicitario.

6. Non contrasta con i suddetti limiti la disposizione della misura del canone contenuta nella delibera giuntale impugnata, anche riguardo alla indicazione della misura degli impianti, che, lungi dall’introdurre una nuova tipologia, persegue lo scopo, conformemente al regolamento, di rapportare l’entità del canone all’estensione ed all’ubicazione dell’impianto pubblicitario.

7. Non sussiste, secondo il Collegio, neanche la denunciata disparità di trattamento rispetto agli impianti di minori dimensioni, data la loro minor consistenza in termini di occupazione del suolo pubblico, né rispetto agli impianti in titolarità del concessionario pubblico, data la diversità del regime dei costi di questo tipo di pubblicità, consistente nella remunerazione di un servizio.

8. Né è censurabile la sentenza di primo grado per aver respinto il motivo di carenza di motivazione, dato il carattere generale delle disposizioni contenute nell’atto giuntale, per questo sottratte all’obbligo di motivazione (cfr.Cons. Stato Sez. VI, 22042004, n. 2362).

Peraltro, l’esercizio della discrezionalità da parte della Giunta nello stabilire la misura tariffaria, come visto, deve avvenire nella stretta osservanza dei criteri indicati nel regolamento, che nella specie non risultano violati. Anche questo motivo d’appello è, pertanto, da respingere.

9. Il quarto ed il quinto motivo d’appello, che non sono da considerare nuovi in quanto riproduttivi, in chiave impugnatoria, delle medesime censure formulate con il quarto motivo del ricorso di primo grado, sono altresì da respingere.

10. La sostanza delle censure consiste nella illegittimità dell’assoggettamento di impianti pubblicitari destinati ad affissioni dirette all’imposizione di un canone, in carenza di un regime concessorio.

Anche in ordine a tale profilo il Collegio ritiene di confermare il precedente già richiamato, sul rilievo che il presupposto in base al quale viene richiesto e commisurato il canone è la concessione di uno spazio pubblico contingentato, sia per la naturale limitatezza fisica, sia per la prescrizione, imposta dal regolamento sull’imposta della pubblicità (art. 3 comma 3 d. lgs. n. 507/1993), secondo cui è rimesso ai Comuni di delimitare la quantità degli impianti pubblicitari. "Ciò che in ogni caso va in questa sede sottolineato è che non è certo il tipo giuridico del modello prescelto dalla singola amministrazione (in tale ambito è sempre la legge – art. 3 d. lgs. cit. – ad affidare all’autonomia regolamentare comunale la scelta circa le modalità per ottenere il provvedimento per l’installazione) a condizionare le sorti dell’impianto pubblicitario sul piano del suo assoggettamento o meno al canone (quale corrispettivo per la fruizione del bene pubblico) e/o alla tassa per l’occupazione di suolo pubblico (avente natura di prelievo tributario), oltre naturalmente al pagamento dell’imposta sulla pubblicità. Con il che, ritornando al tema di partenza, risulta dimostrata l’indifferenza, quantomeno ai fini impositivi, del titolo giuridico grazie al quale i privati gestiscono propri impianti pubblicitari su aree pubbliche" (Cons. St. n. 529/2009 cit.).

11. Neanche coglie nel segno la censura di violazione dell’art. 30 l. n. 488 del 1999 e dell’art. 145 l. n. 388 del 2000.

Detta disciplina concerne, invero, i criteri di determinazione dell’imposta sulla pubblicità, tributo al quale si riferiscono anche le richiamate risoluzioni del Ministero delle Finanze (tra cui quella del 3/7/1997 n. 152/E) e non ha dunque alcuna attinenza con il canone la cui determinazione è in contestazione.

In conclusione, l’appello deve essere respinto.

L’esito della lite induce il Collegio a condannare l’appellante alle spese del grado in favore del Comune di Foggia ed a compensarle, data la carenza di qualità di contraddittore necessario della G., volontariamente intervenuta in giudizio, nei confronti di quest’ultima.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, respinge l "appello e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.

Condanna l’appellante alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate in euro 2.000,00 (duemila), in favore del Comune di Foggia e dispone la compensazione nei confronti dell’interveniente G. s.p.a.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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