T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 30-11-2011, n. 1492

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto depositato in data 7.7.2011, la ricorrente società, premetteva che, con l’epigrafato Decreto Ingiuntivo n. 380 del 19.10.2009, emesso sul RG n. 1808 del 2009, notificato in data 29.10.2009, non opposto e, quindi, reso esecutivo con decreto del Giudice Unico di Vibo Valentia in data 29.1.2010, registrato in data 22.1.2010 e rinotificato con formula esecutiva in data 5.2.2010, il Comune di Briatico era stato condannato a pagare la somma complessiva di Euro. 106.042,83, quale sorte capitale (per le fatture n. 05 del 30.4.2008 e n. 133 del 10.6.2009), oltre interessi legali ai sensi del D.M. 145/2000, nonché spese legali liquidate in complessive Euro. 2.050,00 e rimborso spese generali e IVA.

Esponeva che, dopo la notifica dell’atto di precetto ed un pignoramento presso terzi non andato a buon fine, il Comune di Briatico provvedeva al pagamento, in data 8.7.2010, della somma di Euro. 11.824,29 e, in data 16.7.2010, della somma di Euro. 94.218,55 per un totale complessivo di Euro. 106.042,84, corrispondente all’intera sorte capitale riconosciuta con il Decreto Ingiuntivo.

Precisava che, in pendenza della procedura esecutiva, le parti stipulavano un accordo transattivo, con cui il Comune di Briatico si impegnava – previa rinuncia della società creditrice alla metà degli interessi maturati- a corrispondere entro il 10.3.2011 la somma di Euro.1.000 – a titolo di interessi legali- in luogo di quella maggiore maturata, e la somma di Euro. 5.494,10, a titolo di spese legali, al lordo della ritenuta di legge, da corrispondere all’avv. Mobilio in due rate; la prima con scadenza al 10.3.2011 e la seconda al 10.4.2011, previa esibizione del relativo documento contabile, che veniva indicata con fattura n. 02/2011, per l’importo complessivo di Euro. 5.494,10.

Precisava, inoltre, che all’udienza del 30.5.2011 davanti al G.E. di Vibo Valentia, veniva disposta l’estinzione della procedura esecutiva R.G.E. n. 506/2010.

Con il presente ricorso, lamentava che, nonostante il formale atto di diffida e messa in mora notificato il 19 maggio 2011, ai sensi degli artt. 90 e 91 del R.D. 642/1907, il Comune di Briatico non provvedeva a corrispondere gli importi dovuti, pari ad Euro. 7.633,64, oltre gli ulteriori interessi dalla data del precetto sino a quella di effettivo pagamento della sorte capitale, come previsto nell’accordo transattivo.

Non si costituiva l’intimato Comune di Briatico per resistere al presente ricorso.

Alla camera di consiglio del giorno 13 ottobre 2011, il ricorso passava in decisione.

Motivi della decisione

1. Parte ricorrente chiede la condanna del Comune di Briatico al pagamento della somma di Euro. 7.633,64, oltre gli ulteriori interessi maturati dalla data del precetto sino a quella di effettivo pagamento della sorte capitale, ai sensi dell’accordo transattivo, stipulato in pendenza della procedura, avviata in sede civile, per l’esecuzione del giudicato formatosi sul Decreto Ingiuntivo n.380, emesso dal Tribunale di Vibo Valentia in data 17.10.2009, reso esecutivo in data 29.1.2010, con cui il Comune di Briatico si è impegnato – previa rinuncia della società creditrice alla metà degli interessi maturati- a corrispondere entro il 10.3.2011 la somma di Euro. 1.000 – a titolo di interessi legali- in luogo di quella maggiore maturata, e la somma di Euro. 5.494,10, a titolo di spese legali, al lordo della ritenuta di legge, da corrispondere all’avv. Mobilio in due rate; la prima con scadenza al 10.3.2011 e la seconda al 10.4.2011, previa esibizione del relativo documento contabile (indicato con fattura n. 02/2011), per l’importo complessivo di Euro. 5.494,10.

2.1. L’art. 1965 cc disciplina la "transazione", che è un contratto tipico, mediante il quale le parti si fanno reciproche concessioni, al fine di porre termine ad una lite già iniziata o di prevenirla, qualora sussista il serio pericolo che la stessa possa essere instaurata.

Gli elementi caratterizzanti detto negozio tipico sono costituiti dallo stato di incertezza, anche solo soggettivo, riguardo ad una situazione giuridica e dallo scopo delle parti di porvi termine, sia nel caso in cui una vertenza sia già stata instaurata dinanzi all’autorità giudiziaria e sia nel caso in cui si voglia prevenirne l’insorgenza.

Non tutti i diritti delle parti possono costituire oggetto di una transazione, ma soltanto quelli cosiddetti "disponibili" ( art. 1966 c.c.).

Le "reciproche concessioni", costituenti elemento essenziale del contratto de quo, possono non riguardare le pretese litigiose alle quali si intenda porre fine e possono anche incidere su diritti e beni estranei alla causa, costituendo, modificando od estinguendo rapporti diversi da quelli oggetto della pretesa e della contestazione.

Non si richiede necessariamente un equilibrio economico tra le reciproche concessioni, in quanto i requisiti dell’"aliquid datum" e dell’"aliquid retentum", non sono da rapportare agli effettivi diritti delle parti, bensì alle rispettive pretese e contestazioni (Cass. Sez. 3, n. 7548 del 15/05/2003).

A tale "genus" può essere ricondotto l’istituto della cosiddetta "conciliazione giudiziale", che è un atto processuale che, oltre ad estinguere il processo medesimo, dà un assetto tendenzialmente definitivo ai rapporti sostanziali controversi, valendo come titolo esecutivo.

Conseguentemente, se la P.A. si è obbligata in modo rigido ed immodificabile, nell’ambito di un atto conciliativo, ad adottare un provvedimento a contenuto predeterminato e compiuto, la stessa non può assumere al riguardo nuove e sostanzialmente diverse determinazioni, travalicando così i limiti che essa stessa ha discrezionalmente posto in modo irretrattabile all’esercizio dei propri poteri pubblicistici (conf.: TAR Liguria, Sez. I° 20 maggio 2000 n. 656).

L’errore di diritto (cui è equiparato l’errore di fatto), quale causa di annullamento del contratto, secondo la disciplina generale di cui all’art. 1429 c.c., n. 4, non può essere invocato come motivo di annullamento del negozio di transazione, ai sensi dall’art. 1969 c.c., solo se cade su una questione che sia stata oggetto di controversia fra le parti (il cosiddetto "caput controversum"), poiché, in tal caso, viene ad incidere sulle reciproche concessioni, in quanto i requisiti dell’"aliquid datum" e dell’"aliquid retentum", non sono da rapportare agli effettivi diritti delle parti, bensì alle rispettive pretese e contestazioni, mentre rileva allorquando viene a ricadere sulla situazione costituente presupposto della "res controversa" e, quindi, su un antecedente logico della transazione.

L’art. 1974 ("annullabilità per cosa giudicata") recita: "È pure annullabile la transazione fatta su lite già decisa con sentenza passata in giudicato, della quale le parti o una di esse non avevano notizia".

Va qualificata "novativa" la transazione che determina l’estinzione del precedente rapporto e che ad esso si sostituisce integralmente, in guisa che si verifichi una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello dell’accordo transattivo e che, così, sorga dall’atto una obbligazione oggettivamente diversa dalla precedente.

Invero, in tal caso, occorre accertare se le parti, nel comporre l’originario rapporto litigioso, abbiano inteso, o meno, advenire alla conclusione di un nuovo rapporto, diretto a costituire, in sostituzione del precedente, nuove autonome situazioni (Cass. Civ. 13 dicembre 2005 n. 27448, Cass. Civ. 10 febbraio 2003 n. 1946) e l’intenzione in tal senso delle parti può essere desunta anche per implicito da fatti concludenti (Cass. Civ. 12 gennaio 2006 n. 421).

Viene, invece, definita "conservativa" la transazione mediante la quale le parti si limitano ad apportare modifiche solo "quantitative", rispetto ad una situazione già in atto ed a regolare il preesistente rapporto mediante reciproche concessioni, consistenti (anche) in una bilaterale e congrua riduzione delle opposte pretese in modo da realizzare un regolamento di interessi sulla base di un "quid medium" tra le prospettazioni iniziali (conf.: Cass. Sez. Lav. 12 aprile 2005 n. 7522).

In caso di rapporto regolato da una transazione avente carattere "conservativo", la mancata estinzione del rapporto originario significa non già che la posizione delle parti sia regolata contemporaneamente dall’accordo originario e da quello transattivo, bensì soltanto che l’eventuale venir meno di quest’ultimo fa rivivere l’accordo originario, al contrario di quanto, invece, accade in caso di rapporto regolato da una transazione oggettivamente "novativa", che implica il venir meno in via definitiva dell’accordo originario.

La distinzione è fondamentale, giacchè solo la transazione "novativa", non consente l’operatività della risoluzione per inadempimento ( art. 1976 cod. civ.), in evidente coerenza rispetto allo scopo perseguito dalle parti.

2.2. La transazione "conservativa" è, quindi, un contratto consensuale a prestazioni corrispettive che può essere risolto per inadempimento di uno dei contraenti ai sensi:

– dell’art. 1453 cod. civ. "nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie la sua obbligazione, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo in ogni caso il risarcimento del danno";

– dell’art.1456 cod. civ.: "i contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite. In questo caso, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersi della clausola risolutiva";

– dell’art. 1457 cod. civ.: "se il termine fissato per la prestazione di una delle parti deve considerarsi essenziale nell’interesse dell’altra, questa, salvo patto o uso contrario, se vuole esigerne l’esecuzione nonostante la scadenza del termine deve darne notizia all’altra entro tre giorni. In mancanza, il contratto si intende risolto di diritto anche se non è stata espressamente pattuita la risoluzione".

Secondo un orientamento processuale, al debitore secondo il titolo giudiziale – che oppone l’effetto estintivo dell’esecutività della sentenza derivante da una sopravvenuta transazione- nei confronti del creditore procedente -che ne contrasta l’opposizione all’esecuzione- è sufficiente, per elidere l’effetto preclusivo della transazione (se non novativa), l’eccezione d’inadempimento della transazione medesima, non essendo egli costretto a domandare necessariamente la risoluzione del contratto, al fine di eliminarne, retroattivamente e definitivamente, gli effetti (Cons. Stato Sez. V, 29 maggio 2006 n. 3247 e Cass. Civ. Sez. III, 30.3.2005 n. 6733).

3.1. Nella specie, il comando giurisdizionale trasfuso nel Decreto Ingiuntivo del Tribunale di Vibo Valentia n.380 del 17.10.2009 riconosce alla ricorrente società il diritto ad ottenere, dal Comune di Briatico, il pagamento della somma complessiva di Euro. 106.042,83, quale sorte capitale, oltre interessi legali ai sensi del D.M. 145/2000, nonché spese legali liquidate in complessive Euro. 2.050,00 e rimborso spese generali e IVA.

Ma il credito, nascente dal suddetto titolo, risulta superato dall’accordo transattivo precitato, che risulta parzialmente adempiuto dal Comune di Briatico e, infatti, parte ricorrente agisce per ottenere il pagamento di Euro. 7.633,64, oltre gli ulteriori interessi dalla data del precetto sino a quella di effettivo pagamento della sorte capitale, come previsto nell’accordo transattivo.

3.2. Calando i precitati principi nel caso che occupa, è agevole qualificare la transazione stipulata fra le parti come avente natura "conservativa", in quanto comporta soltanto delle modificazioni quantitative in relazione al credito nascente dal giudicato formatosi sul Decreto Ingiuntivo n.380/2009 del Tribunale di Vibo Valentia.

Risulta altresì che l’oggetto del contendere riguarda una somma residua, oltre interessi decorrenti dalla data del precetto, ai sensi degli artt. 474 e ss. c.p.c., in base all’accordo transattivo, che ha "assorbito" il rapporto originario, come determinato dal D.I. n. 380 del 2009, la cui esecuzione non più essere autonomamente azionabile, se non previa dichiarazione di inefficacia della medesima transazione, non già valutabile alla stregua di una mera eccezione alle difese di controparte, ma alla stregua di un presupposto indefettibile per l’introduzione del presente giudizio.

Invero, parte ricorrente, per poter chiedere l’ottemperanza del giudicato formatosi sull’epigrafato D.I. n. n.380/2009 del Tribunale di Vibo Valentia, avrebbe dovuto previamente formulare, presso la sede competente, domanda di risoluzione della transazione, al fine di ottenere una pronuncia giudiziale con efficacia costituiva.

In estrema sintesi, nella fattispecie, la ricorrente società avrebbe potuto:

– domandare il pagamento delle somme ancora non versate in ragione della transazione "conservativa" già intercorsa fra le parti e poi, a seguito delle avverse difese, modificare la domanda chiedendo la risoluzione del vincolo negoziale ex art. 1453, comma secondo, cod. civ. ("la risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio è stato promosso per ottenere l’adempimento; ma non può più chiedersi l’adempimento quando è stata domandata la risoluzione");

– formulare espressa domanda di risoluzione della transazione e, successivamente, agire per l’ottemperanza in questa sede, al fine di ottenere l’intera somma liquidata con il D.I. n. 380 del 2009, oltre ulteriori interessi legali dalla data di notifica dell’epigrafata sentenza fino a quella di effettivo soddisfo, detratto quanto già versato al medesimo titolo.

Invero, nel caso di specie, non è consentito procedere alla valutazione, con accertamento incidentale, in assenza della domanda di risoluzione del contratto, poiché, non si verte in tema di azione costitutiva non necessaria (quale può essere quella introdotta ai sensi dell’art. 1453 cod. civ.), in cui la risoluzione per inadempimento può verificarsi anche attraverso la deduzione della risolubilità del contratto come mera eccezione del convenuto, ricollegabile alla vigenza attuale o pregressa del contratto, secondo il riferimento analogico alle norme degli art. 1442, 4° comma, c.c. e 1449, 2° comma, c.c., che prevedono ipotesi ritenute idonee a giustificare la configurabilità come categoria generale dell’accertamento costitutivo incidentale (conf.: Cass. Civ. n. 409 del 1972, che ha ritenuto che, dedotta con l’atto d’appello l’avvenuta transazione della lite, l’appellato può dedurre l’invalidità o la risolubilità della transazione stessa in via di eccezione e non è tenuto a proporre domanda di annullamento o di risoluzione; Cass. Civ. n. 459 del 1976, che ha stabilito che il convenuto con azione di esecuzione specifica di un contratto, il quale deduca l’inadempimento dell’attore entro un termine essenziale ed il conseguente verificarsi di risoluzione di diritto del rapporto, non per ottenere una pronuncia risolutoria in suo favore, ma al solo fine di paralizzare la pretesa avversaria, non propone una domanda riconvenzionale, in quanto non chiede un provvedimento diverso dal rigetto della domanda e non amplia i limiti dei poteri decisori del giudice, ma solleva una eccezione).

Per tutte le suesposte ragioni, il presente ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese, non essendosi costituito il Comune.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo dichiara inammissibile.

Nulla sulle spese.

Manda alla segreteria per il seguito di competenza.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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