Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-09-2011) 27-10-2011, n. 38922

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La difesa di B.D. ricorre avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa, a seguito di appello del P.M. contro l’ordinanza del GIP del Tribunale di Pisa in data del 12.02.2011, dal Tribunale del riesame di Firenze. Chiedendo l’annullamento del provvedimento la difesa del B. deduce la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per la manifesta illogicità della motivazione che non ha tenuto presente le oggettive circostanze fattuali emerse dalle indagini ed in particolare la circostanza che il fratello dell’indagato, di nome J., era occupato presso la società che gestisce il servizio di facchinaggio per il complesso aeroportuale di Pisa e che gli oggetti preziosi e l’altra merce di natura elettronica rinvenuta nella disponibilità del B. sono stati prelevati dai bagagli dei clienti dell’aereoporto. Anche se B.D. si è assunto la responsabilità della merce di provenienza furtiva ed ha scagionato il fratello affermando che non viveva nella casa dove è stata trovata la refurtiva, le predette circostanze di fatto dovevano trovare spazio nella motivazione dell’ordinanza.

Motivi della decisione

2. Il ricorso è manifestamente infondato perchè è formulato in modo generico e perplesso e, non individuando, come invece avrebbe dovuto, ai sensi degli artt. 581 e 591 c.p.p., puntualmente e dettagliatamente il vizio che affliggerebbe la motivazione, impedisce alla Corte di apprezzare la coerenza e fondatezza delle doglianze e di formulare la relativa decisione.

2.1 Il ricorrente prospetta e tende ad accreditare una non ben precisata ricostruzione dei fatti, e comunque una diversa ed alternativa valutazione di questi ultimi: ciò costituisce un ulteriore motivo di infondatezza dell’impugnazione perchè il giudizio di legittimità è volto ad accertare che a fondamento della pronuncia del giudice di merito vi sia un reale apprezzamento delle risultanze processuali e che la motivazione non sia puramente assertiva o palesemente affetta da vizi logici, restando escluse da tale controllo, non soltanto le deduzioni che riguardano l’interpretazione e la specifica consistenza degli elementi di prova e la scelta di quelli ritenuti determinanti, ma anche le incongruenze logiche che non siano manifeste, eclatanti o assolutamente incompatibili con le conclusioni adottate in altri passaggi argomentativi utilizzati dai giudici.

2.2 Non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità, i motivi di ricorso fondati su una diversa prospettazione dei fatti, addotta dall’indagato o fornita dalla difesa, per quanto plausibile e logicamente sostenibile: ne consegue che, purchè il giudice di merito abbia enunciato i criteri adottati per la valutazione della prova, seguendo itinerari interpretativi accettabili e si sia informato al principio di completezza, valutando tutti i dati dimostrativi, la motivazione è da ritenersi corretta, anche se possa dirsi verosimile un’alternativa ricostruzione dei fatti posti a fondamento della statuizione.

2.3 La verifica della correttezza e della logicità della motivazione,infatti, è volta ad accertare non tanto che l’argomentazione si fondi sulla certezza della ricostruzione operata, ma che si fondi su un’argomentare metodologicamente corretto.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

3. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti; inoltre, divenendo esecutiva – ai sensi dell’art. 310 c.p.p., u.c. – l’ordinanza del Tribunale del riesame di Firenze che applica la misura della custodia cautelare in carcere a B.D., deve disporsi – ai sensi dell’art. 28 reg. esec. c.p.p. – che copia della stessa sia trasmessa al Pubblico Ministero presso il giudice indicato dall’art. 665 c.p.p. (Procura della Repubblica di Firenze).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro mille alla cassa delle ammende.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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