Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 26-04-2012, n. 6506 Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’I.N.P.S. proponeva appello contro la sentenza del Tribunale di Crema, con la quale era stato condannato a riconoscere a C. R. la rivalutazione del periodo assicurativo, della L. n. 257 del 1992, ex art. 13 comma 8, dal 27 dicembre 1982 al 31 dicembre 1992 per esposizione all’amianto in ragione delle mansioni di elettromeccanico addetto alla manutenzione delle carrozze della metropolitana milanese.

Lamentava l’appellante l’erronea interpretazione dell’art. 13, comma 8 citato, avendo il giudice escluso che il presupposto della esposizione qualificata dovesse essere desunto dal tasso di esposizione di cui al D.Lgs. n. 277 del 1991. Rilevava quindi che non era stata raggiunta la prova della esposizione oltre il limite di cui al decreto stesso, essendo gli accertamenti svolti dal c.t.u. nominato del tutto insufficienti e contraddittori. Resisteva il C..

Disposta nuova c.t.u., la Corte d’appello di Brescia, con sentenza depositata il 3 ottobre 2009, in riforma della sentenza impugnata, respingeva la domanda.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il C., affidato ad unico articolato motivo.

Resiste l’I.N.P.S. con controricorso. Entrambe le parti hanno presentato memoria.

Motivi della decisione

1. Con unico articolato mezzo, il C. censura la sentenza impugnata per difetto di motivazione su di un punto decisivo della controversia, e cioè la sua esposizione ultradecennale all’amianto, che il c.t.u. nominato dalla corte di merito aveva valutato senza alcun riferimento agli effettivi luoghi di lavoro dove esso dipendente operò ((OMISSIS)).

Lamentar inoltre il C. che dalle deposizioni testimoniali raccolte (e riportate integralmente in ricorso), era emersa la sua esposizione ultradecennale alle fibre di amianto in misura superiore a quelle previste dal D.Lgs. n. 277 del 1991.

Il motivo è infondato.

La censura non contiene, salvo quelle riferite, una specifica contestazione circa le risultanze della c.t.u..

Affida inoltre, senza evidenziarne gli elementi risolutivi, alla mera trascrizione delle testimonianze la prova della erroneità della consulenza.

Ripropone inoltre la tesi, respinta dalla corte territoriale, della irrilevanza della esposizione specifica alle fibre di amianto richiesta dal D.Lgs. n. 277 del 1991, deducendo (pag. 25 ricorso), che per i lavoratori addetti alle sue medesime mansioni doveva ritenersi congrua una esposizione inferiore, in contrasto con quanto più volte affermato da questa Corte (ex multis, Cass. ord. n. 17916 del 2010; Cass. n. 400 del 2007).

Non contesta specificamente l’accertamento compiuto dalla corte di merito circa la valutazione, da parte del c.t.u., anche delle lavorazioni svolte dal ricorrente.

Sul punto la sentenza impugnata così si esprime: "Il consulente nominato in questo grado ha acquisto ed allegato alla relazione, le indagini ambientali, con i relativi rilievi di stima delle polveri di amianto, svolte dall’Università di Milano Clinica del Lavoro negli anni 1980-81 e 1991 nei reparti dell’ATM, ed ha evidenziato che mentre negli anni 1980-81, nelle 22 "determine" eseguite, il valore medio di concentrazione delle fibre di amianto negli ambienti di lavoro dove l’appellante ha svolto le sue mansioni di elettromeccanico era pari a circa 300/fibre litro, nel settembre- ottobre 1991 era nettamente inferiore al limite di 100 fibre/ litro.

Il consulente ha quindi evidenziato che una esposizione qualificata, oltre il limite di cui all’art. 13 comma 8 cit., poteva quindi essere al massimo prospettata fino al 31.8.91, e che C.R., essendo stato assunto il 27.12.82 a quella data non poteva essere stato esposto alle fibre di amianto per più di dieci anni" (pag. 5 sentenza impugnata).

Tale accertamento, logico e congruamente motivato, per non essere stato specificamente censurato, sfugge al controllo di legittimità.

Il ricorso deve essere in definitiva respinto.

Non risultando alcuna dichiarazione di responsabilità reddituale D.L. n. 269 del 2003, ex art. 42, le spese di causa seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 30,00, Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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