Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 21-09-2011) 27-10-2011, n. 39112

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In data 7 dicembre 2010 venivano rinvenuti nelle campagne di (OMISSIS), in un terreno di proprietà di tali A. e M. D.N., i corpi senza vita di Z.P. e del figlio S., attinti da colpi di fucili cal. 12 caricati a pallettoni. Le indagini si orientavano verso la famiglia D.G. di (OMISSIS), proprietaria di fondi confinanti con quelli delle vittime, essendo emerso che tra i componenti delle due famiglie erano intercorsi ripetuti litigi ed erano sussistenti contrasti per motivi di pascolo abusivo ed altro; sulla base dei risultati di tali indagini e degli esiti degli accertamenti effettuati il GIP del Tribunale di Lucera disponeva – per quello che qui rileva – in data 21.1.2011, l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di D.G.C.D., accusato – in concorso con il padre D.G.M.P. – del duplice omicidio e del porto illegale dell’arma utilizzata per consumarlo.

Avverso tale ordinanza custodiale D.G.C.D. proponeva richiesta di riesame che veniva rigettata dal Tribunale del riesame di Bari con provvedimento del 10.2.2011, confermativo dell’ordinanza impugnata. A sostegno della decisione i giudici del merito valorizzavano e sottolineavano:

– l’ora del delitto, dagli inquirenti collocata tra le ore 10.30 e le ore 12, avendo Z.S. chiamato alle ore 10.31 l’utenza della madre ed avendo la convivente dello stesso Z. chiamato invano il telefono portatile di costui alle ore 12 circa, ed anche successivamente, senza mai ricevere risposta (peraltro il Tribunale del riesame sottolineava la irrilevanza di tale ultimo dato potendosi ipotizzare la rottura del cellulare in orario antecedente nel mentre l’uomo era intento a tagliare la legna);

– la verificata possibilità per l’indagato -considerati la fascia oraria in cui l’omicidio risultava essere stato commesso, il tempo necessario al D.G. per raggiungere il luogo del delitto da (OMISSIS) (ove il suo cellulare aveva più volte "agganciato" la relativa cella) ed alla luce anche dell’inconsistenza dell’alibi prospettato – di raggiungere in tempo utile il luogo in cui erano stati consumati gli omicidi;

– la mancanza di un alibi favorevole all’indagato ed, anzi, il tentativo posto in essere da costui di precostituirsene uno falso, avendo suggerito dichiarazioni testimoniali non veritiere a tali M.M. e C.O., così come desumibile da alcune intercettazioni ambientali del 17 e del 20.12.2010 captate all’interno dell’autovettura del D.G., ed altresì essendo in contrasto con siffatto tentativo sia le dichiarazioni rese da D.G. (seppure poi ritrattate) sia gli accertati contatti telefonici intercorsi con il figlio M. nel periodo di tempo in cui l’indagato aveva sostenuto di essere stati entrambi insieme a lavorare nel cantiere di (OMISSIS); il movente del delitto, ritenuto adeguatamente provato nel profondo dissidio esistente da tempo, per motivi di pascolo, tra la famiglia dell’indagato e quella delle vittime, dissidio acuitosi a seguito del furto subito dai D.G. di un camion, di un trattore, di un motorino e di altra attrezzatura agricola, furto denunciato con una settimana di ritardo e dopo richiesta di aiuto a Z.P. da parte dei D.G. perchè intercedesse, al fine di ritrovare i beni asportati, presso il figlio Sante, noto -secondo quanto riportato nell’ordinanza – per il suo coinvolgimento in furti di auto e di mezzi agricoli per i quali risultava indagato in altro processo (tale furto era stato poi seguito dal ritrovamento di parte dei beni secondo modalità non chiarite dalle vittime del furto, ritrovamento verificatosi – secondo gli inquirenti- dopo che i derubati avevano ceduto a richieste estorsive, così come desumibile dalle testimonianze di P.M. e P.M. nonchè da alcune intercettazioni ambientali eseguite il 24.12.2010 sull’autovettura del ricorrente);

una serie di conversazioni registrate nel corso di intercettazioni ambientali ritenute dai giudicanti di valenza confessoria (conversazione delle ore (OMISSIS) intercorsa tra l’indagato ed il padre, nonchè quella delle ore 18.33 sempre dell'(OMISSIS) intercorsa con altra persona);

i risultati degli accertamenti tecnici del RIS CC. di Roma, che avevano riscontrato significative presenze di piombo-bario-antimonio, indicative di sparo, sugli indumenti sequestrati al padre dell’indagato e la certa attività di depistaggio probatorio di quest’ultimo in relazione ai propri capi di vestiario, quale desumibile dal contenuto di intercettazioni ambientali laddove l’indagato si era rammaricato che il padre non avesse fatto altrettanto; gli esiti degli accertamenti balistici, conclusisi con un giudizio di compatibilità, tra i fucili semiautomatici cal. 12 sequestrati a D.G.C.D. e parte dei reperti balistici in sequestro.

Il Tribunale infine riteneva la sussistenza di esigenze cautelari (pericolo di inquinamento probatorio e pericolo di reiterazione criminosa) e adeguata a contenere tali esigenze la sola misura della custodia in carcere, anche in ragione della presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3.

Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore del D. G., deducendo, in distinti motivi, violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla ritenuta sussistenza sia di un grave quadro indiziario sia delle prospettate esigenze cautelari.

Motivi della decisione

Ritiene il Collegio che il ricorso, là dove evidenzia omissioni, contraddizioni ed illogicità nella valutazione di sussistenza del quadro indiziario, meriti condivisione nei limiti e per le ragioni appresso esposte.

1- Rileva il ricorso come risulti provato che il ricorrente trovavasi indiscutibilmente in (OMISSIS) alle ore 11.06, alle ore 11.12, alle ore 11.42 ed alle ore 12.05, avendo in tali orari il suo telefono cellulare agganciato la cella di (OMISSIS) – via (OMISSIS), cella diversa da quella che serve il luogo dell’omicidio e che è distante molti chilometri da (OMISSIS); sicchè, avuto riguardo al tempo necessario a coprire la distanza tra (OMISSIS) ed il luogo del rinvenimento dei cadaveri (quantificato dai Carabinieri in 27 minuti, ma da ritenersi anche maggiore atteso il tipo di percorso, costituito – come da relazione in atti – da km. 9 di strada provinciale piena di curve, da km. 1 di tratturo accidentato e da un tratto di alcuni chilometri da percorrere a piedi), doveva drasticamente escludersi che l’indagato avesse percorso tale distanza dopo le ore 11.6, con ciò non essendo compatibili gli intervalli di tempo tra le telefonate interessanti il suo cellulare. Pertanto, ad avviso del ricorrente, la motivazione del Tribunale laddove si è affermato che "tra le ore 10.30 e 12.00-12.30" il D.G. ed il padre "ben avrebbero potuto raggiungere il luogo del delitto" è manifestamente illogica, dovendo sulla base di quanto sopra e di quant’altro emerso ricomprendersi l’ora degli omicidi solo tra le ore 10.32 (orario dell’ultima telefonata proveniente dall’utenza Z.) e le ore 11.06 (ora nella quale l’utenza del D.G. aveva "agganciato" la cella di (OMISSIS)).

Ebbene la fragilità logica delle affermazioni contenute a pag. 19 capo a) della motivazione dell’ordinanza appare di assoluta evidenza:

il Tribunale del Riesame ha ritenuto di disattendere le considerazioni difensive proposte in giudizio (e sopra riproposte e sintetizzate in forma critica) da un lato facendo leva sulla non plausibilità dell’alibi e, dall’altro lato, ritenendo compatibile con i dati cronologici disponibili che il D.G. si fosse portato sui luoghi del delitto (per consumarlo e fare ritorno a (OMISSIS)) tra le ore 11,06 e le ore 11,54. Orbene, se con riguardo all’alibi si rinvia a quanto appresso considerato, per la affermazione di chiusura, decisiva ad avviso del Tribunale nel disattendere la tesi difensiva, emerge con evidenza la omessa considerazione della impossibilità materiale per il D.G. di compiere l’agguato in quell’arco temporale visto che, come riferisce la stessa ordinanza (pag. 10) il telefono mobile dell’indagato ha "agganciato" la lontana cella di via Torino 250 anche alle ore 11,12 ed 11,42. E’ dunque sfuggito al Tribunale che la sua valutazione di convergenza di indizi in ordine alla compartecipazione, da parte del D.G., all’agguato mortale doveva attestarsi di necessità sul quadro temporale corrente tra le ore 10,31 (ultima telefonata dello Z. dal suo cellulare) e le ore 11,06 (quando il D. G. chiamò attraverso la cella di (OMISSIS)), un quadro che altrettanto necessariamente presupponeva che il D.G. fosse presente – da tempo e congruamente appostato – nel campo in località (OMISSIS) già da prima delle ore 10,30. La decisività di tali dati e la rilevanza della perpetrata loro omessa valutazione, hanno dunque viziato la tenuta logica della valutazione al proposito dispiegata.

2- Ad avviso del ricorrente anche l’affermazione relativa alla falsità dell’alibi è manifestamente illogica, essa non rispettando un corretto ragionamento logico-giuridico, atteso che le dichiarazioni del M. riguardavano il lasso di tempo 12.20 – 14 ed erano quindi irrilevanti al fine di sostenere la falsità dell’alibi.

Ritiene il Collegio che, se le dette dichiarazioni – quand’anche veridiche – non sono idonee a fornire un solido alibi all’indagato, esse attingendo un arco temporale comunque esterno a quello della commissione del delitto, la valutazione della sintomaticità indiziaria di tale alibi, in quanto alibi costruito, deve essere rimessa alla prudente valutazione del giudice del merito in sede di rinvio (che ben potrà ritenere tale valore indiziario o ben potrà escluderlo, alla luce del principio della "strumentazione difensiva" a suo tempo chiarito dalle S.U. di questa Corte con la sentenza 6682 del 1992).

3- Inammissibile, là dove propone una mera diversa valutazione del fatto, è invece la censura per la quale l’affermazione relativa alla "valenza accusatoria" delle conversazioni intercettate l’11.12.2010 costituirebbe travisamento dei dati processuali: resta però impregiudicata la facoltà del giudice del rinvio, all’esito della rivalutazione dei fatti imposta dalla qui adottata pronunzia di annullamento ex art. 606 c.p.p., lett. e), di far propria tale valutazione o di diversamente opinare, condividendo quella che la difesa in questa sede (inammissibilmente) propone.

4- Meritano infine piena condivisione le censure relative alle considerazioni del Tribunale circa gli esiti degli accertamenti tecnici del RIS Carabinieri e le risultanze balistiche, ritenute in parte basate su illazioni e congetture prive di qualsiasi aggancio probatorio ed in parte fra esse contraddittorie. Ed invero, a parte il rilievo non marginale del fatto che sugli abiti del ricorrente non sono state trovate tracce di polvere da sparo, appare evidente la illogicità dell’iter argomentativo laddove, pur a fronte del dato per il quale il bossolo rinvenuto (e ricondotto, alla pari dei pallettoni estratti dai corpi delle vittime, a cartuccia calibro 12 con numerazione 11/0) non risulta essere stato esploso dalle armi sequestrate all’indagato, si è ritenuta fondata la valutazione – formulata dal primo Giudice – di sussistenza di attitudine indiziaria delle risultanze balistiche sulla base della sola compatibilità tra i proiettili rinvenuti sul corpo delle vittime ed i fucili del D. G., affacciando l’ipotesi che altre armi (poi fatte sparire al pari degli altri bossoli) fossero state usate per commettere il duplice omicidio.

5 – Venendo, infine, alle esigenze cautelari il ricorrente ha lamentato che l’applicato automatismo cautelare ex art. 275 c.p.p., comma 3, presentasse sospetta illegittimità costituzionale e che comunque difettasse nella specie, anche considerato lo stato di incensuratezza dell’indagato, il pericolo di reiterazione criminosa.

La censura in questione deve ritenersi chiaramente assorbita nell’effetto devolutivo dell’annullamento per i punti sopra esposti;

alla luce della sentenza della Corte Cost. n. 265 del 2010, che ha accolto gli stessi dubbi di illegittimità prospettati in questa sede dal ricorso, il giudice del rinvio dovrà comunque e in ogni caso valutare nel concreto, e senza presunzioni assolute, la ineluttabilità della misura custodiale.

In conclusione, sulla base delle esposte considerazioni, l’ordinanza, inficiata dalle omissioni, dalle illogicità e dalle contraddizioni sopra evidenziate, deve essere annullata con rinvio allo stesso Giudice che procederà al riesame astenendosi dall’incorrere nei vizi stessi.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Bari; dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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