Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 21-09-2011) 27-10-2011, n. 39111

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1.- Il Tribunale di Napoli, costituito ai sensi dell’art. 309 c.p.p., con decisione del 2 febbraio 2011 confermava l’ordinanza in data 10 dicembre 2010 con la quale il GIP dello stesso tribunale aveva applicato la custodia cautelare in carcere nei confronti di F. F..

Preliminarmente il Tribunale rinvia all’ordinanza impugnata per la descrizione dei fatti e degli elementi di prova, nonchè per le valutazioni relative considerate condivisibili.

Riporta, quindi, le nuove prove prodotte dal PM ed acquisite dopo l’esecuzione della misura cautelare.

Tra i nuovi elementi include la mancata risposta del F. all’interrogatorio di garanzia da ritenere non priva di rilievo in quanto, a fronte della produzione da parte del PM di elementi indiziari interpretati nel senso che fossero indicativi della sua responsabilità per l’omicidio di O.C., l’imputato non ha fornito neppure una informazione utile ai fini di una diversa interpretazione degli elementi di accusa.

Richiama quindi le circostanze desumibili dall’interrogatorio di S.K., coimputato minorenne:

– il F. gli avrebbe detto che agli inizi di novembre l’ O. non sarebbe arrivato in (OMISSIS), confessandogli di aver trovato un diario, nel periodo immediatamente precedente all’omicidio in cui aveva vissuto per un mese a casa della vittima, nel quale l’ O. aveva annotato l’intenzione di uccidere il F.;

– D.L.A. gli aveva chiesto se anche a lui F. .() avesse riferito che "gli aveva scavato la fossa"; sempre il D.L. gli avrebbe detto di essere a conoscenza del fatto della agenda dell’ O. e che a lui F. aveva parlato della fossa;

– quanto al furto delle piantine di canapa indiana in danno dell’ O., riferiva che era avvenuto dopo il dialogo riferito all’omicidio e che per quanto aveva capito l’autore del furto era il F.;

– ammetteva di aver venduto, negli ultimi mesi precedenti alla scomparsa della vittima, della marijuana fornita dall’ O.;

– chiariva che la coltivazione di canapa indiana apparteneva a F. e ad O.;

– sembra dire, poi mutando versione, che D.L. aveva dimostrato di essere a conoscenza anche del luogo dove era stata predisposta la fossa.

– F. aveva riferito a S. che O. aveva chiesto a dei malavitosi di fornirgli una pistola ma, poichè costoro ne avevano riferito a F. pensando che dovessero usarla assieme, il F. era venuto a conoscenza dell’intenzione di O. di munirsi di un’arma. Riassume le dichiarazioni rese da D.L. A. e da D.V.G. prodotte dal PM. Illustrato il nuovo materiale probatorio, non disponibile al tempo dell’ordinanza genetica, il Tribunale esamina la portata degli indizi, in primo luogo quelli concernenti l’avvenuto omicidio dell’ O., del cui verificarsi non vi è prova materiale, per giungere alla conclusione che in mancanza di spiegazioni plausibili circa la sua scomparsa se ne deve desumere che egli sia stato ucciso.

Deduzione confortata dal fatto che l’ O. è scomparso dopo essere uscito di casa per incontrare il F., con il quale aveva sicuramente appuntamento e che in proposito ha mentito, nonchè dalle dichiarazioni rese da S., sicuramente dimostrative dell’avvenuto omicidio dell’ O., della sua premeditazione, dell’occultamento del cadavere mediante seppellimento, o quantomeno della programmazione di una siffatta modalità di occultamento.

Riguardo agli argomenti dimostrativi in via diretta della responsabilità del F. essi coincidono in parte con quelli che avvalorano la avvenuta uccisione dello scomparso O..

Il primo di essi è l’appuntamento che il F. prende con la vittima, per il quale usa un telefono pubblico e non il suo cellulare, fornendo spiegazioni non vere sulla mancanza di credito.

Il F., costretto ad ammettere l’appuntamento con l’ O., sostiene di non averlo poi incontrato ma emerge che prima della telefonata egli aveva già organizzato la serata con altri amici con i quali, poi, inspiegabilmente alle 22,30 si reca a casa dell’ O.. Dal che si deduce che il F., essendo sicuro che non si sapesse del suo appuntamento telefonico, volesse attestare di aver voluto incontrare la vittima dopo la sua scomparsa alla presenza di testimoni. Solo dopo aver incontrato la sorella dell’ O. comprende che il fallimento del suo tentativo di nascondere l’incontro e mette in atto altre strategie quali il partire per la Spagna ed essere aiutato dalle dichiarazioni della madre che cerca di sviare gli inquirenti riferendo che l’ O. il giorno della scomparsa alle ore 21,00 aveva telefonato a casa sua chiedendo del F..

Le circostanze indicative dell’avvenuto omicidio nella fascia temporale data e la sua premeditazione provengono dalle dichiarazioni rese da S. e in particolare, secondo il Tribunale, è significativo che nell’ambiente frequentato da F. e S. sia stata diffusa, prima della commissione dell’omicidio, una possibile ragione per la quale esso andava realizzato costituta dalla conoscenza che F. aveva avuto di analoga intenzione dell’ O. nei suoi confronti, sia che fossero vere o meno le circostanze relative alla esistenza dell’agenda dell’ O. ed alla intenzione di quest’ultimo di procurarsi un’arma . Quanto al tempo avuto a disposizione dal F. per commettere l’omicidio, esso deve ritenersi sufficiente mancando altre plausibili alternative di responsabilità per la scomparsa e convergendo tutte le modalità ipotizzabili nel senso della responsabilità dell’indagato.

Riguardo al movente osserva il Tribunale che dalle indagini sono emersi dei rapporti di antagonismo tra l’indagato e la vittima, che se pure non giustificano quanto avvenuto concorrono a renderlo plausibile, e comunque la vicenda trova giustificazione nel contesto della attività di produzione e vendita di stupefacenti intrapresa dall’ O., da F. e da S. e da eventuali contrasti sorti anche in relazione al furto delle piante di marijuana, forse commesso dal F. in danno dell’ O.. Pur nell’incertezza circa i possibili moventi poichè i fatti depongono per un omicidio commesso quanto meno anche dal F. la sua responsabilità, anche in mancanza di un movente individuato, non può essere negata.

In conclusione, ritiene il Tribunale che la tenuta logica della ricostruzione dei fatti operata dal GIP, integrata con le ulteriori prove prodotte dall’accusa, confermi la attribuibilità dell’omicidio al F.. Nè la difesa ha smentito la portata delle singole circostanze , pur sostenendone l’equivocità complessiva, nè ha prospettato una ricostruzione alternativa rispetto a quella dell’accusa con riguardo a circostanze che appaiono inspiegabili in modo diverso;

– la prova acquisita dell’incontro tra il F. e la vittima in occasione della scomparsa di quest’ultimo;

– l’assenza di giustificazioni ed invece l’assoluta smentita di tale incontro da parte del F. che anzi prima dell’incontro aveva preparato un alibi;

– il fatto che il S. chiese ed ottenne inizialmente che venissero rese false dichiarazioni in suo favore per dargli un alibi per la fascia oraria della scomparsa.

Confermata la sussistenza di gravi indizi circa l’omicidio ne risultano confermati anche i gravi indizi con riferimento ai reati minori di spaccio continuativo di stupefacente.

Riguardo alle esigenze cautelari, osserva il tribunale che le stesse, oltre ad essere presunte per legge in riferimento al titolo di reato, sono pienamente sussistenti a prescindere dalla presunzione normativamente imposta, intatti la condotta accertata è indicativa per il F. di un gravissimo pericolo di commissione di altri reati di violenza contro la persona e di spaccio di stupefacenti;

ricorre poi il pericolo di fuga dimostrato dall’attitudine dell’indagato ad allontanarsi per evitare attività repressive, e logicamente ipotizzabile nell’attualità attesa la presumibile entità della pena da irrogare e considerate le problematiche organizzative di una latitanza per un soggetto privo di coperture di ambienti criminali.

2.- Avverso l’ordinanza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione l’avvocato Giulia Buongiorno, difensore di F.F., deducendo nove motivi di gravame:

1) con il primo deduce vizio di motivazione in relazione all’art. 125, comma 3, e art. 309 c.p.p. per essersi i giudici limitati ad un generico e sintetico richiamo, per la conferma della misura cautelare, all’ordinanza del GIP, sia per quanto concerne i fatti contestati che le valutazìoni ai sensi dell’art. 273 c.p.p.; nel resto il provvedimento si occupa solo dei nuovi elementi presentati dal PM , con ciò frustrando la funzione stessa del mezzo di impugnazione costituito dal riesame mancando nello sviluppo delle argomentazioni qualsiasi approfondimento critico rispetto all’ordinanza applicativa.

2) con il secondo motivo deduce mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 192, commi 3 e 4, art. 273 c.p.p., comma 1 bis, con riferimento alla chiamata di correo costituita dalle dichiarazioni accusatorie rese da S.K..

Assume il difensore che il tribunale ha fondato l’ordinanza essenzialmente sulle dichiarazioni accusatorie rese il 18 gennaio 2011 dopo l’arresto dal coindagato minorenne in totale assenza di riscontri alle sue affermazioni.

3) con il terzo motivo assume il vizio di motivazione in ordine alla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza per i reati di omicidio e sequestro di persona.

Sottolinea l’erronea valutazione, in malam partem, della scelta dell’indagato di avvalersi della facoltà di non rispondere, l’erronea valutazione dell’alibi fallito come indizio di colpevolezza, censura poi quale vizio più grave la mancata individuazione di un valido movente idoneo a giustificare l’azione criminale in considerazione della natura indiziaria del procedimento che, contraddittoriamente, viene adombrato con riferimento ai traffici di marijuana che coinvolgevano sia la vittima che F. e S. e valorizzando il flirto delle piante di marijuana che S. attribuisce a F., nonostante lo stesso scomparso O. fosse convinto che responsabile fosse C.P..

Assume, quindi, la carenza di prova in relazione all’effettiva verificazione, come accadimenti fattuali, e del reato di omicidio e di quello, ugualmente contestato di sequestro di persona. In mancanza di elementi certi in ordine alla commissione dell’omicidio, la prova della colpevolezza dell’indagato deriverebbe dalla non percorribilità, alla stregua delle investigazioni, di ipotesi alternative.

Con ragionamento di tipo circolare si assume, quindi, che l’improvvisa sparizione dell’ O. sia prova del delitto e che questo costituisca la spiegazione della scomparsa.

Pochi e vaghi elementi vengono ricondotti ad unità al fine di dare spiegazione alla scomparsa dell’ O..

Individua, quindi, il difensore ricorrente ulteriori incongruenze in relazione del lasso temporale entro il quale i giudici collocano l’esecuzione dell’azione delittuosa e con riguardo alla affermata inattendibilità della spiegazione fornita dal F. circa l’uso di un telefono pubblico e non del suo cellulare, per contattare l’ O. prima della sua scomparsa.

4) Vizio di motivazione in relazione alla omessa valutazione degli elementi emersi in favore dell’indagato in particolare delle dichiarazioni del D.L. e del D.V., anche per la parte delle stesse in evidente contraddizione con il narrato del S..

5) Violazione di legge in relazione agli artt. 575 e 577 c.p. e, in particolare, con riguardo alla sussistenza dell’aggravante della premeditazione.

6) Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento agli artt. 192, 273 c.p.p. e all’art. 605 c.p, i considerazione della mancanza di qualsivoglia appiglio fattuale, o di qualsivoglia elemento che consenta di ipotizzare la perdita di libertà dell’ O. per un tempo apprezzabile;

7) Violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73. E’ lo stesso Tribunale a precisare che il commercio di marijuana era di modeste dimensioni ed era riservato alla cerchia ristretta dei conoscenti per cui emerge la ricorrenza dell’ipotesi di cui al citato art. 73, comma 5 con quel che ne consegue in termini di valutazione delle esigenze cautelari con riguardo allo specifico reato.

8 Vizio di motivazione con riguardo alla ricorrenza delle esigenze cautelari con riferimento al delitto di omicidio.

9) Vizio di motivazione in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari con riferimento ai delitti di sequestro di persona e di traffico di stupefacenti.

3.- Il Procuratore Generale dott. Enrico Delehaye ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio in relazione al delitto di sequestro di persona di cui all’art. 605 c.p. ed quello di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, in riferimento alla omessa valutazione della possibile sussistenza dell’ipotesi della lieve entità prevista dal citato art. 73, comma 5.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

1.- Sono condivisibili i primi rilievi difensivi concernenti la tecnica espositiva dell’ordinanza gravata soprattutto per quanto concerne la carenza di sviluppo argomentativo sulle ragioni per le quali i giudici del riesame sono pervenuti alla decisione di condividere in toto le valutazioni del giudice di prime cure circa l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza e la sussistenza di esigenze cautelari.

Ed invero proprio tale modalità di redazione del provvedimento ne evidenzia la fragilità in termini di adeguata valutazione del compendio probatorio esaminato che si impernia, in sostanza, nella disamina delle nuove prove offerte dal pubblico ministero in sede di udienza camerale.

2.- Tra queste – tralasciando le improprie considerazioni svolte relativamente al significato, sia pure non probatorio, da attribuire al silenzio serbato dall’indagato nel corso dell’interrogatorio di garanzia- assumono rilievo basilare nell’iter argomentativo dei giudici del riesame le dichiarazioni rese da S.K., coindagato minorenne del F., prima alla polizia giudiziaria in concomitanza con il suo arresto e poi nel corso dell’interrogatorio davanti all’autorità giudiziaria.

Le suddette dichiarazioni, recepite e valorizzate con funzione catalizzatrice riguardo alla ricostruzione in chiave accusatoria dell’intera vicenda, non sono però state oggetto di un vaglio adeguato e conforme a quanto richiesto dall’art. 192 c.p.p., così come richiamato dal comma 1 bis dell’art. 273 dello stesso codice di rito . 3.- In primo luogo non si rinvengono nel corpo della motivazione adeguate argomentazioni sulla intrinseca attendibilità del minore S., coindagato del F., se non un accenno alla spontaneità delle prime affermazioni formulate in sede di arresto alla polizia giudiziaria.

Giova in proposito rammentare che il primo parametro di valutazione cui il giudice deve fare riferimento nel vaglio della rilevanza e della portata probatoria della chiamata in reità o in correità è quello della credibilità, propria e specifica, del chiamante (Cass., Sez. Un., 30.5.2006, P.G. in proc. Spennato, Rv. 234598) con riguardo alla sua personalità, alle sue condizioni socio-economiche e familiari, al suo passato, ai rapporti con i chiamati in reità o in correità e alla genesi remota e prossima della sua decisione di rendere dichiarazioni accusatorie (Sez. 2, sent. 21.12.2004, n. 2350, Rv. 230716).

E’ stato poi precisato che in tema di attendibilità intrinseca della chiamata in reità o in correità "la presenza di un interesse nel chiamante, alimentando il sospetto che le sue dichiarazioni ne risultino influenzate, deve indurre il giudice a usare una maggiore cautela, accertando, da un lato, se e quanto quell’interesse abbia inciso sulle dichiarazioni e, dall’altro, applicando con il massimo scrupolo gli altri parametri di valutazione offerti dalla esperienza e dalla logica" (Cass. Sez. 2, Sent. 21.12.2004, n. 2350, Rv. 230716;

Cass. Sez. 3, Sent. 26.11.2009, n. 8161, Rv. 246210).

Nel caso di specie S.K. si è determinato a rendere le dichiarazioni accusatorie esposte nell’ordinanza impugnata dopo essere stato sottoposto a misura cautelare perchè egli stesso ritenuto indiziato di essere autore dell’omicidio in danno di O.C., nonchè presumibilmente degli altri delitti attribuiti al F., o almeno di parte di essi. Orbene è di palmare evidenza che il tenore del contributo informativo delle dichiarazioni rese dal S., quali riportate in ordinanza, è tipicamente ed esclusivamente eteroaccusatorio, dal che è dato desumere che il minore avesse interesse allontanare da sè le accuse che lo avevano condotto in stato di restrizione.

Lo stesso Tribunale del riesame esclude che tali dichiarazioni possano essere state informate ad un intento collaborativo, dunque non possono essere valutate come un consapevole contributo alla ricostruzione della verità, ed è in quest’ottica ancor più doveroso vagliarne, in via preliminare, la credibilità con specifico e puntuale riferimento alla posizione processuale del S. nel momento in cui si determinò a renderle, alla sua condizione di minore, alle aspettative – sempre connesse alla condizione processuale – che il soggetto stesso poteva nutrire circa il risultato, a sè favorevole, di una determinata ricostruzione dei fatti.

Come già sopra rilevato l’ordinanza impugnata si è limitata a recepire le dichiarazioni del coindagato S. senza minimamente soffermarsi sugli elementi emersi a carico del predetto, sulla loro scaturigine e senza vagliarne la credibilità in relazione alla condizione del soggetto che le aveva rese ed all’interesse, di cui era soggettivamente ed oggettivamente portatore, di indirizzare su altri le accuse, con ciò distogliendole da sè. 4.- Nè la credibilità intrinseca del narrato del minore S. appare, seguendo l’iter argomentativo dei giudici del riesame, in qualche modo supportata, sia pure in maniera indiretta, dalla ricorrenza di adeguati riscontri.

Invero, nessuna delle specifiche circostanze di contenuto accusatorio nei confronti di F. riferite dal S. con riguardo all’omicidio di O. è riscontrata sia dalle dichiarazioni di D. L.A., che lo ha in tutto smentito, che da quelle di D. V.G. o da quelle della sorella della vittima, che ha escluso che l’ O. tenesse un diario.

Rimane, quindi, solo la certezza, acquisita per via di esclusione logica da parte dei giudici, che la scomparsa di O.C. sia da attribuire ad evento omicidiario, circostanza questa che in termini di coerenza argomentativa non porta ad approdi indiziari ulteriori o maggiormente pregnanti, con riguardo alla posizione del F., rispetto a quelli già vagliati dal giudice di prime cure.

5.- Orbene, come evidenziato più sopra, la carenza di sviluppo argomentativo sulle ragioni per le quali i giudici del riesame sono pervenuti alla decisione di condividere in toto le valutazioni del giudice di prime cure circa l’esistenza di gravi indizi di reità in capo all’indagato F., conseguente alla deliberata scelta espositiva di rileggere gli indizi previa riallocazione degli stessi nella trama ricostruttiva ricavata dalle dichiarazioni di S., inficia la tenuta logica del discorso giustificativo sotteso alla conferma del provvedimento cautelare.

Invero la certezza dell’appuntamento tra il F. e l’ O. per la sera della scomparsa di quest’ultimo, la non tenuta del suo alibi, la sua partenza dall’Italia subito dopo la scomparsa e le altre circostanze per la cui illustrazione i giudici del riesame rinviano all’ordinanza genetica non possono rapportarsi sinergicamente con le dichiarazioni del S. – dalle quali si ricaverebbe che negli ambienti frequentati dai due coindagati già prima del fatto si parlasse dell’omicidio, delle ragioni che lo giustificavano, delle modalità di occultamento del cadavere – trattandosi di dati che allo stato appaiono privi di autonoma e significativa portata indiziaria perchè provenienti da dichiarazioni eteroaccusatorie rese da persona direttamente interessata a che i fatti siano ricostruiti secondo la sua versione e la cui attendibilità non è stata oggetto di alcun vaglio critico.

Ed in mancanza di uno specifico discorso argomentativo circa la autonoma tenuta, al livello di elevata probabilità di affermazione di responsabilità richiesto in materia cautelare, degli elementi indiziari valutati dal giudice delle indagini preliminari neppure è possibile in questa sede giudicare della fondatezza e univocità degli stessi, per come richiamati nell’ordinanza gravata, a fronte delle specifiche doglianze a suo tempo esposte con la richiesta di riesame.

6.- Prive di rilevanza individualizzante in modo esclusivo in ordine alla posizione del F. appaiono, poi, nel contesto motivazionale come sopra descritto le diverse considerazioni che vengono svolte circa il movente omicidiario le quali, invero, se lo stesso fosse riferibile al commercio di droga ovvero ad altri contrasti o antagonismi, ben potrebbero essere riferite anche ad altri soggetti, compreso per primo il S..

7.- Riguardo ai reati diversi dall’omicidio deve poi essere rilevato come l’ordinanza sia carente quanto a motivazione: in toto per quel che riguarda il delitto di cui all’art. 605 neppure specificamente esaminato, in gran parte con riferimento alle contestazioni concernenti le attività di spaccio di stupefacenti , delle quali si evidenzia il piccolo cabotaggio e la cerchia ristretta di operatività senza, peraltro, pronunciarsi sulla eventuale configurabilità della ricorrenza della ipotesi attenuata di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5. 8.- Quanto infine alla ricorrenza delle esigenze cautelari sottese alla applicazione della misura della custodia in carcere, il discorso giustificativo, una volta venuta meno in forza della sentenza della Corte costituzionale n. 164/2011 la presunzione di legge circa l’adeguatezza esclusiva in ragione del titolo di reato, dovrà eventualmente – ove venisse nuovamente ritenuta la condizione di cui all’art. 273 c.p.p. – essere rivalutato avendo a mente la portata del contenuto specifico degli elementi di prova ritenuti in grado di supportare la ipotizzabilità di reiterazione di condotte delittuose e di pericolo di fuga e la impossibilità di salvaguardare le ravvisate esigenze con il ricorso a forme diverse di contenimento cautelare.

9.- Conclusivamente, per le ragioni sopra esposte, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli.

P.Q.M.

La Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Napoli. Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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