Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 26-04-2012, n. 6495 Lavoro a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

B.A.F. chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di Roma, pubblicata il 18 dicembre 2007, che ha rigettato l’appello e confermato quindi la decisione con la quale il Tribunale di Roma aveva respinto il suo ricorso nei confronti del Nuovo Teatro Eliseo.

La ricorrente fu assunta dall’Eliseo con un primo contratto a termine dal 1 febbraio al 6 maggio 2001 quale addetta serale alla sala (settimo livello) e con un secondo contratto quale addetta serale alla sala sesto livello, dal 9 ottobre 2001 al 2 giugno 2002.

La Corte d’appello ha ribadito che entrambi i termini apposti ai contratti erano legittimi ai sensi della L. n. 230 del 1962 e del D.P.R. n. 1525 del 1963, art. 49. Ha escluso che le clausole di contingentamento riguardino assunzioni a termine basate su tali norme e non su contratti collettivi ed ha escluso la violazione del diritto di precedenza dedotta dalla ricorrente, in modo generico e senza indicare il fondamento contrattuale e legislativo. Ha infine affermato la legittimità del mutamento di mansioni intervenuto in vigenza del secondo contratto.

La ricorrente propone sei motivi di ricorso. Il Teatro ha notificato e depositato controricorso, nonchè una memoria per l’udienza.

Con il primo motivo si denunzia violazione della L. n. 230 del 1962 e del D.P.R. n. 1525 del 1963. Il quesito è così formulato: "se lo svolgimento delle mansioni di "maschera" nell’ambito della struttura teatrale stabile come quella dell’Eliseo stante il perdurare delle mansioni praticamente per 10 mesi l’anno, come attesta il secondo contratto a termine, legittimi eventualmente solo la stipula di un contratto part-time verticale, mentre non rientri nè nel punto e) della L. 230 del 1960, nè nel D.P.R. n. 1525 del 1963, art. 49".

Il motivo, a parte la dubbia ammissibilità del quesito, è infondato per varie ragioni. In primo luogo perchè afferma che l’attività di maschera in un teatro "stabile" non può rientrare nell’ambito della disciplina richiamata dalla Corte. Il carattere "stabile" della struttura non implica certo che non possa stipulare contratti a tempo determinato con i propri dipendenti se sussistono i requisiti indicati dalla legge. In secondo luogo, si afferma che l’attività di maschera non rientra in nessuna delle ipotesi previste dalla L. n. 230, art. 1 e dal n. 49 del D.P.R. n. 1525 del 1963. La tesi non è fondata per le ragioni analiticamente esposte da questa Corte con le sentenze 18 marzo 2000, n. 3199 e 23 ottobre 1993, n. 10401, che devono essere qui richiamate e ribadite.

Con il secondo motivo si denunzia "omessa" motivazione sul riferimento del primo contratto alla stagione teatrale posto che riguarda il periodo tra febbraio e maggio 2001. Con il terzo motiva si denunzia ancora un vizio di motivazione, questa volta ritenuta carente contraddittoria rispetto alla qualificazione del rapporto.

Anche con il quarto motivo si denunzia un vizio di motivazione carente e contraddittoria circa rispetto al diritto di precedenza richiesto dalla ricorrente. Analoga censura viene formulata con il sesto motivo.

Tutte questi motivi di ricorso sono inammissibili perchè riguardano pretesi vizi di motivazione su questioni d’interpretazione della norma giuridica, mentre, a seguito della riforma del 2006, il vizio di motivazione è denunziabile in cassazione solo quando concerna un "fatto". "Il motivo di ricorso con il quale – ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, così come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2 – si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, deve specificamente indicare il "fatto" controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere per "fatto" non una "questione" o un "punto" della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 cod. civ., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo. (Cass., ord., 5 febbraio 2010, n. 2805; Cass. 29 luglio 201 l,n. 16655).

In tutti i questi motivi del ricorso concernenti vizi di motivazione, il fatto non viene specificato, nè tanto meno si spiega perchè lo stesso fosse controverso e perchè fosse decisivo.

Con il quinto motivo si denunzia violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., perchè la sentenza avrebbe erroneamente interpretato il contenuto della lettera di assunzione del 18 giugno 2002, ritenuta dalla ricorrente una lettera di assunzione "ex novo".

Anche questo motivo è inammissibile perchè la motivazione sul punto specifico è adeguata e priva di contraddizioni, oltre che conforme ai criteri ermeneutici fissati dall’art. 1362 c.c., e segg., sicchè la censura si risolve in una richiesta di diversa valutazione di merito, che non rientra nell’ambito del processo di legittimità.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato. Le spese devono essere, per legge, poste a carico della parte che perde il giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione al controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 30,00, nonchè Euro 2.000,00 per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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