Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 26-04-2012, n. 6490 Procedimento disciplinare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 9 luglio 2010 la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura ha inflitto la sanzione della censura al Dott. T.M., dichiarandolo responsabile "dell’illecito disciplinare di cui al D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 1, comma 1 e art. 2, comma 1, lett. a) e q), per avere, mancando ai propri doveri di diligenza e laboriosità, ritardato in modo reiterato, grave e ingiustificato i compimento di atti relativi all’esercizio delle proprie funzioni; infatti, nella qualità di giudice del Tribunale di Saluzzo, tra il 1 gennaio 2007 ed il 5 marzo 2009, non ha rispettato i termini del deposito di 68 sentenze civili, in riferimento alle quali ha fatto riscontrare ritardi superiori al triplo del termine concesso al giudice per la redazione della minuta.

In particolare, in un caso il ritardo è stato superiore ai 600 giorni; in un altro ai 500 giorni; in sette ai 400 giorni; in undici ai 300 giorni (dei quali in cinque è stato superato l’anno di ritardo), in undici superiore ai 200 giorni. Ha depositato, inoltre, il 6 marzo 2009 la sentenza civile emessa nella causa 1095/2001 assunta in decisione all’udienza del 30 novembre 2006, con un ritardo di 717 giorni ed il 9 marzo 2009 la sentenza civile nella causa 917/2007 assunta in decisione il 19 febbraio 2009, con un ritardo di 274 giorni. Infine, alla data dei 5 marzo 2009, il Dott. T. non aveva ancora depositato, nonostante fosse trascorso un intervallo di tempo ben superiore al triplo dei termini concessi al giudice per il deposito della minuta e con ritardi destinati inevitabilmente ad aumentare, 83 sentenze civili, per 14 delle quali al 5 marzo 2009, il ritardo accumulatosi era superiore ai 700 giorni, per 15 era superiore ai 600 giorni; per una superiore ai 500 giorni; per 12 superiore ai 400 giorni; per 15 superiore ai 300 giorni (in sei era già stato superato l’anno di ritardo), per 24 superiore ai 200 giorni, per due superiore ai 100 giorni. Con tale comportamento i Dott. T. ha arrecato anche un ingiusto danno alle parti, procrastinando l’esercizio del diritto all’impugnazione e la definizione delle cause; ha esposto altresì lo Stato italiano alla possibilità di essere censurato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per violazione al principio della durata ragionevole del procedimento".

Impugnata dall’interessato, la decisione è stata cassata con rinvio da questa Corte con sentenza de 9 maggio 2011.

All’esito del giudizio di rinvio la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, con sentenza del 20 settembre 2011, ha di nuovo inflitto la sanzione della censura all’Incolpato.

Contro tale sentenza il Dott. T.M. ha proposto ricorso per cassazione, in base a tre motivi, poi illustrati anche con memoria. Il Ministro della giustizia non ha svolto attività difensive nel giudizio di legittimità.

Motivi della decisione

Tra le censure rivolte alla sentenza impugnata deve essere presa in esame prioritariamente, dato il suo carattere preliminare ed assorbente rispetto alle altre, quella formulata ne secondo motivo di ricorso, con cui il Dott. T.M. lamenta che il giudice a quo non si è uniformato al principio di diritto cui doveva attenersi: ha considerato senz’altro ingiustificati i ritardi ultraannuali oggetto di incolpazione, pur se questa Corte, ne cassare con rinvio la prima sentenza della sezione disciplinare, aveva richiamato Cass. 4 ottobre 2005 n. 19347 e 23 agosto 2007 n. 17916, secondo le quali il margine di tollerabilità deve essere individuato invece in due anni.

La doglianza è infondata.

Dei due precedenti di cui si tratta, il primo non contiene alcun riferimento a limiti di tempo determinati. L’altro riguarda ritardi protrattisi anche per più di quattro anni, per i quali è stato osservato che "in base a più pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo, pur senza vincoli inderogabili, si ritiene di regola ragionevole la durata di un primo grado del processo civile tra i due e i quattro anni (…); pertanto ogni violazione di dette soglie temporali nel deposito dei provvedimenti del giudice determina la lesione del diritto del cittadino a una durata ragionevole del processo ed è come tale lesivo del prestigio del giudice e dell’ordine giudiziario". Non si è dunque affatto deciso che i ritardi, purchè minori di due anni, siano per ciò stesso ininfluenti ai fini disciplinari, come il ricorrente pretende.

Con lo stesso secondo motivo di impugnazione il Dott. T.M. si duole, sotto un ulteriore profilo, del mancato svolgimento, da parte del giudice di rinvio, del compito che questa Corte gli aveva affidato: considerare che la produttività dell’incolpato, nel periodo in questione, era stata in realtà di circa 300 e non di 100 provvedimenti, come la sezione disciplinare aveva supposto con la prima sua sentenza, sicchè risultava notevolmente ridimensionata "quella sorta di paralisi decisionale" che aveva costituito la ragione dell’irrogazione della sanzione. Secondo il ricorrente ciò doveva necessariamente portare a una decisione opposta a quella precedente, essendo "in grado di incidere sul giudizio di responsabilità e sull’esistenza stessa dell’illecito".

La censura non può essere accolta, poichè nella sentenza impugnata la questione non è stata pretermessa: si è dato atto che negli anni 2007 e 2008 il Dott. T.M. aveva depositato 272 sentenze e si è osservato che ciò era bensì "indice di una buona laboriosità", ma non aveva "il carattere della straordinarietà", sicchè appariva inidoneo a giustificare ritardi che si erano verificati per circa metà dei provvedimenti e che per poco meno di un quarto avevano superato un anno, raggiungendo anche la durata di quasi due anni in vari casi. La decisione è dunque coerente con la giurisprudenza di questa Corte (v., tra le più recenti, Cass. 27 dicembre 2011 n. 28802), che ravvisa nel periodo di un anno un limite massimo assoluto, il cui superamento non è giustificabile, se non in presenza di circostanze di carattere assoiutamente eccezionale. Non può essere considerata tale una laboriosità sia pure "buona", che è doveroso per il magistrato assicurare comunque.

Con il primo motivo di ricorso il Dott. T.M. denuncia l’errore in cui a suo dire è incorsa la sezione disciplinare, per aver affermato che nel primo semestre del 2009 egli aveva depositato 31 sentenze, mentre in realtà erano state 57, con conseguente alterazione dei dati assoluti e percentuali posti a fondamento della decisione.

La doglianza – oltre che generica, in quanto basata su imprecisati "documenti versati in atti" – è inconferente, poichè nella sentenza impugnata sono stati presi in considerazione e valutati esclusivamente i dati relativi al 2007 e al 2008, proprio perchè quelli dell’anno successivo (che erano oggetto di contestazione limitatamente al periodo dal 1 gennaio al 5 marzo) risultavano solo globalmente, per l’intero primo semestre.

Con il terzo motivo di ricorso il Dott. T.M. deduce che nella sentenza impugnata non si è tenuto debito conto, oltre che del dato della sua laboriosità, neppure di ulteriori circostanze che concorrevano a rendere giustificati i ritardi contestatigli: il numero di circa 160 udienze da lui tenute in media ogni anno; il recente suo passaggio dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti con destinazione al settore civile; le gravissime scoperture di organico del Tribunale di Saluzzo.

Anche questa censura va disattesa, poichè la sezione disciplinare non ha trascurato di prendere in considerazione gli elementi addotti dal Dott. T.M. a sua discolpa, che in concreto sono stati reputati – con apprezzamento eminentemente di merito, insindacabile in questa sede – privi di quel carattere di eccezionale straordinarietà, che unicamente avrebbe potuto far ritenere giustificati i numerosi e reiterati ritardi, spesso anche ultra annuali, di cui si tratta.

Il ricorso viene pertanto rigettato.

Non vi è da provvedere sulle spese de giudizio di cassazione, nel quale il Ministro della giustizia non ha svolto attività difensive.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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