Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 26-04-2012, n. 6489 Giurisdizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con ricorso al Giudice del lavoro di Catania, l’INPS chiedeva la condanna della U.S. Naval Air Facility (Base aereo-navale della Marina USA) di (OMISSIS) al pagamento della somma di L. 31.666.649.865 per contributi previdenziali dovuti per i dipendenti civili assunti per consentire il funzionamento dei servizi della base. Tali somme erano dovute a seguito del ricalcolo degli importi risultanti a seguito della rilevazione di irregolari operazioni di sgravio contributivo previste dalla L. 25 ottobre 1968, n. 1089, cui l’Amministrazione della Base aveva proceduto nelle sue dichiarazioni, nonchè alla richiesta di differenze per contributi malattia non corrisposti.

2.- Costituitasi in giudizio, l’Amministrazione degli Stati Uniti d’America eccepiva il difetto di giurisdizione del Giudice italiano e, nel merito, chiedeva il rigetto della domanda. Avendo il Tribunale rigettato la domanda, pur dichiarando la propria giurisdizione, proponevano appello entrambe le parti, l’INPS in via principale per ottenere il pagamento dei contributi, l’Amministrazione degli Stati uniti d’America in via incidentale, ribadendo il difetto di giurisdizione.

3.- La Corte d’appello di Catania con sentenza del 20.10.10 rigettava il ricorso incidentale, riaffermando la giurisdizione del Giudice nazionale, ed accoglieva l’appello principale, condannando gli Stati uniti d’America al pagamento della somma di Euro 16.354.460 in favore dell’INPS. A.- Quanto alla giurisdizione, osservava la Corte di merito che la controversia non vede contrapposti due Stati, soggetti di diritto internazionale, come tali tenuti alle norme consuetudinarie che sottraggono le controversie tra loro insorte alla rispettive giurisdizioni nazionali, atteso che il pagamento dei contributi è stato richiesto dall’INPS, che è soggetto che non si identifica con lo Stato italiano e si configura come suo Ente ausiliario, preposto alla copertura previdenziale dei lavoratori.

Essendo la base USA di (OMISSIS) istituita in forza del Trattato del Nord Atlantico stipulato a Washington il 4.4.49 (NATO), per l’art. 11 della Convenzione di Londra del 19.06.51 (Convenzione tra gli Stati membri del Trattato Nord atlantico sullo statuto delle loro Forze Armate, ratificata dall’Italia con L. 30 novembre 1955, n. 1335) le condizioni di impiego e di lavoro delle persone assunte dagli organi militari e dagli uffici civili della NATO (c.d. personale a statuto locale) e, in particolare, le condizioni di protezione dei lavoratori (tra le quali rientra la tutela previdenziale), sono regolate dalla legislazione in vigore nello Stato di soggiorno. Non sussiste, invece, spazio per l’applicazione del successivo art. 16, secondo il quale le contestazioni in punto di applicazione della Convenzione (concernenti l’interpretazione del concetto di "protezione dei lavoratori") sono regolate da accordi diretti tra le parti stipulanti senza ricorso alla giurisdizione, dato che l’INPS, parte della controversia in atto, non è parte stipulante.

La richiesta dell’INPS di pagare i contributi previdenziali rivolta all’Amministrazione USA quale datore di lavoro, oggetto della controversia, non costituisce, infine, interferenza con l’attività politica dello Stato italiano (ne di quello statunitense), non implicando il suo adempimento l’esercizio di attività rientrante nello ius imperii che caratterizza la sovranità nazionale.

5.- Nel merito, la Corte d’appello riteneva che, vertendosi in materia di sgravi contributivi, l’Amministrazione USA, nella sua veste di datore di lavoro, avrebbe dovuto provare di essere in possesso dei requisiti per la concessione del beneficio in questione.

In particolare, ai sensi della L. n. 1089 del 1968, avrebbe dovuto dare prova che nel periodo di riferimento aveva incrementato l’occupazione nell’organizzazione complessiva delle Basi militari USA in Italia, secondo il criterio valido per le aziende industriali operanti su tutto il territorio nazionale (alla cui stregua, sul piano legislativo ed amministrativo, erano considerati i Comandi militari USA in Italia). La Corte dava, inoltre, conto di una serie di violazioni amministrative, riscontrate dall’INPS in sede ispettiva, che comunque escluderebbero la fruibilità degli sgravi.

6.- Quanto alle differenze per i contributi malattia, la Corte riteneva non provata l’esistenza di una convenzione invocata dall’Amministrazione convenuta, che si assumeva stipulata tra di essa e il disciolto ENPEDEP per la regolazione specifica della materia, ritenendola, comunque, ove esistente, inopponibile all’INPS. 7.- Avverso questa sentenza l’Amministrazione USA propone ricorso per cassazione. Risponde con controricorso l’INPS. La ricorrente ha prodotto memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

8. Con il primo motivo parte ricorrente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, ribadisce il difetto di giurisdizione del Giudice nazionale per violazione dell’art. 10 Cost., degli artt. 9, par. 4, e art. 16 della Convenzione di Londra tra gli Stati membri del Trattato Nord Atlantico sullo statuto delle loro Forze armate del 19.06.51, resa esecutiva in Italia con L. 30 novembre 1955, n. 1355, nonchè per difetto di motivazione. La trattazione del mezzo di impugnazione è svolta sotto quattro diversi profili.

8.1.- Tutta l’attività svolta dai Comandi delle basi militari USA in Italia rientrerebbe nel contesto del trattato NATO. Anche la determinazione dei contributi dovuti allo Stato italiano per i dipendenti civili di quelle basi costituisce espressione dello ius imperii che caratterizza l’attività di uno Stato aderente al Trattato, e come tale, in forza del diritto internazionale consuetudinario, rende immune lo Stato interessato dalla giurisdizione nazionale. Tale principio avrebbe una generale operatività nell’ambito dei rapporti tra gli apparati statuali, di modo che erroneamente il giudice di merito non ha riconosciuto l’operatività di tale principio, affermando che l’INPS, Ente attore, non avrebbe soggettività internazionale, atteso che esso è Ente strumentale dello Stato italiano.

8.2.- Con riferimento ai rapporti di lavoro stipulati con i cittadini dello Stato di soggiorno (ed. personale a statuto locale), l’art. 9, par. 4, della Convenzione di Londra deroga al principio di immunità dalla giurisdizione nel caso di controversia promossa dal singolo lavoratore nei confronti dello Stato estero e non anche nel caso di controversia, pur attinente al rapporto, ma promossa da soggetto diverso dal lavoratore, ivi incluso l’INPS. Nella specie i diritti dei dipendenti a statuto locale sono estranei alla controversia, atteso che non solo in causa è l’INPS (e non singoli dipendenti), ma il versamento di contributi che si ritengono omessi deriva da pretese ad essi estranee, quali l’indebito beneficio di sgravi contributivi e la richiesta di contributi-malattia omessi.

8.3.- L’INPS ha, tuttavia, contestato questa interpretazione dell’art. 9, par. 4, ed avrebbe determinato una controversia in punto di interpretazione dell’ambito di applicazione di una norma della Convenzione, così attivando la fattispecie regolata dal successivo art. 16, per il quale ogni contestazione insorta tra le parti contraenti circa l’applicazione della Convenzione è regolata "da accordi diretti tra di loro senza ricorrere ad una giurisdizione esterna". Circa il senso da assegnare a questa disposizione nell’ordinamento nazionale, parte ricorrente richiama la direttiva 19.3.04 con cui il Presidente del Consiglio dei Ministri invita le Amministrazioni pubbliche di cui al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 1, comma 2 (e quindi anche l’INPS) ad attivare l’Autorità diplomatica ogni volta che insorga questione attinente i profili applicativi della Convenzione.

8.4.- La materia oggetto della controversia (ovvero il calcolo dei contributi previdenziali) costituisce attività da qualificate di contenuto "politico", essendo attinente argomento (l’inquadramento anche previdenziale del personale civile della basi militari USA) su cui le Amministrazioni degli Stati interessati hanno stipulato appositi accordi. Sugli aspetti interessati dalla controversia (inquadramento nel settore industria, fruizione degli sgravi, tenuta dei libri matricola, quantificazione dei contributi di malattia), che costituiscono oggetto di questi accordi, l’emanazione del provvedimento giurisdizionale costituisce, dunque, interferenza con l’attività politica dello Stato italiano.

9.- Con il secondo motivo, attinente al merito della controversia, è dedotta violazione dell’art. 2697 c.c., nonchè omessa e insufficiente motivazione, contestandosi l’attribuzione dell’onere probatorio fatta dalla Corte d’appello.

9.1.- Quanto agli sgravi contributivi, parte ricorrente evidenzia che nel caso di specie non si pone una questione di prova del possesso dei requisiti per la fruizione del beneficio, quanto di accertamento dell’effettiva sussistenza del debito. La Corte d’appello, nonostante l’insufficienza della documentazione presentata dall’INPS, ha lo stesso proceduto alla quantificazione del credito previdenziale assumendo che lo stesso fosse desumibile dalle dichiarazioni dell’Amministrazione USA ("… in base alla stessa prospettazione compiuta dagli USA nei modelli presentati"), escludendo le detrazioni ed i conguagli effettuati in applicazione degli sgravi, senza tuttavia considerare che l’INPS mai aveva prodotto in causa i modelli in questione (mod. DM 10/M).

9.2.- Quanto ai contributi malattia l’Amministrazione ricorrente sostiene che la convenzione stipulata nel 1955 era stata fatta propria dall’INPS, il quale, pur essendo succeduto a tutti gli effetti all’ENPDEP, non l’aveva contestata. Non è comunque onere della convenuta dare prova dell’esistenza della convenzione, nè della sua opponibilità, atteso che è stato l’INPS a chiedere l’accertamento negativo della non operatività della convenzione. Il pagamento dei contributi nella misura ivi convenuta è, inoltre, frutto di un accordo tra lo Stato italiano e lo Stato estero e potrebbe ritenersi venuto meno solo a seguito del recesso di una delle due parti.

10.- Deve premettersi che, l’art. 9, comma 4, della Convenzione tra gli Stati partecipanti al Trattato Nord Atlantico sullo Statuto delle Forze armate, firmata a Londra il 19.06.51 e resa esecutiva in Italia con L. 30 novembre 1955, n. 1335, regolamenta l’impiego presso gli stabilimenti militari degli Stati aderenti al Trattato di una categoria di dipendenti destinata a soddisfare le necessità di mano d’opera civile, dichiarando ad essa applicabile la legislazione locale (dello "Stato di soggiorno"), per quanto concerne sia le condizioni di impiego e di lavoro, che la "protezione" del personale impiegato. Tale personale è distinto dall’altro personale civile che accompagna la Forza armata ed è dalla stessa impiegato.

La norma pattizia testualmente prevede che "Le necessità locali di mano d’opera civile da parte di una forza o di un elemento civile saranno soddisfatte in modo analogo a quelle dei servizi similari dello Stato di soggiorno, con la loro assistenza e tramite i servizi di collocamento della mano d’opera. Le condizioni d’impiego e di lavoro, ed in particolare i salari e gli accessori, nonchè le condizioni per la protezione dei lavoratori, saranno regolate conformemente alla legislazione in vigore nello Stato di soggiorno.

Tali lavoratori civili impiegati da una forza o da un elemento civile non saranno considerati, in alcun caso, come appartenenti alla forza o all’elemento civile".

La giurisprudenza di queste Sezioni unite ha ritenuto, in proposito, che le condizioni di impiego e di lavoro delle persone assunte dagli organi militari e dagli uffici civili della NATO, per i bisogni locali di mano d’opera (c.d. personale a statuto locale) – ed in particolare per quanto riguarda il salario, gli accessori e le condizioni di protezione dei lavoratori – sono regolate conformemente alla legislazione in vigore nello Stato di soggiorno, sia per quanto concerne la disciplina sostanziale del rapporto, sia per quanto attiene alla tutela giurisdizionale (sentenze 26.05.11 n. 11581 e 4.10.96 n. 8588).

11- Tanto premesso, e passando all’esame del primo motivo di ricorso, attinente la sottoposizione della controversia alla giurisdizione italiana, deve rilevarsi l’infondatezza di tutti i profili di censura proposti.

11.1.- La controversia non è, innanzitutto, interessata dal principio consuetudinario del diritto internazionale par in parem non habet iurisdictio, accolto nell’ordinamento italiano in forza del rinvio contenuto nell’art. 10 della Costituzione, per il quale lo stesso "si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute". L’esenzione degli Stati stranieri dalla giurisdizione civile è, infatti, limitata agli atti iure imperii (a quegli atti, cioè, attraverso i quali si esplica l’esercizio delle funzioni pubbliche statali), e non si estende, invece, agli atti ture gestionis o iure privatorum, sempre che il riconoscimento anche di obbligazioni assunte a titolo privato dallo Stato straniero non richieda, comunque, apprezzamenti e indagini sull’esercizio dei suoi poteri pubblicistici (S.u. 17.10.06 n. 22247, c.d. immunità ristretta).

Nel caso di specie è richiesto il pagamento di contributi assicurativi dovuti per l’impiego di personale civile con cittadinanza italiana, addetto a prestazione di manodopera e strumentale al funzionamento dei servizi della base NATO, il cui rapporto di lavoro e sottoposto al regime giuridico previsto dalla legislazione dello Stato di soggiorno. In questo contesto, deve considerarsi che la corresponsione dei contributi assicurativi costituisce una diretta conseguenza dell’utilizzo della manodopera, in ragione del principio dell’obbligatorietà della assicurazione sociale, e che ad essa il datore di lavoro è tenuto per obbligo di legge. Il pagamento dei contributi in questione costituisce, pertanto, un normale atto di gestione del rapporto di lavoro, al pari della corresponsione della retribuzione, e rientra nel concetto di "condizioni di impiego della manodopera" la cui determinazione è rimessa alla legislazione dello Stato di soggiorno, dal menzionato art. 9, comma 4, della Convenzione di Londra del 1951.

Da questo punto di vista, pertanto, pur costituendo l’INPS un ente ausiliario dello Stato italiano, partecipe dei pubblici poteri per il campo di propria competenza, la richiesta di pagamento dei contributi non va ad intaccare le prerogative pubbliche dello Stato che occupa la manodopera, nè viola il suo ius imperii, ma più semplicemente attiene alla gestione dei rapporti di lavoro interessati e, come tale, nel pieno rispetto dell’immunità dello Stato interessato, rientra nei limiti di attuazione della Convenzione.

La circostanza che la richiesta di pagamento nasca da attività ispettiva dell’INPS e che siano in contestazione da parte dell’Amministrazione convenuta i presupposti invocati dall’Istituto a sostegno della domanda costituisce il merito del contenzioso che dovrà essere valutato dal giudice, senza che l’accertamento tuttavia dia luogo ad intromissione nelle prerogative dello Stato estero.

11.2.- Sostiene parte ricorrente che l’art. 9, comma 4, della Convenzione consentirebbe l’applicazione della legislazione dello Stato di soggiorno (e la deroga al principio dell’immunità dalla giurisdizione) solo nel caso in cui la controversia sia promossa dal singolo lavoratore a tutela dei suoi diritti nascenti dal rapporto di lavoro. Questa tesi, tuttavia, non trova esplicito riferimento nel testo del comma 4, dell’art. 9, e costituisce un ampliamento del contenuto della norma pattizia, la quale solamente prevede che "le condizioni di impiego e di lavoro … le condizioni per la protezione dei lavoratori, saranno regolate conformemente alla legislazione in vigore nello Stato di soggiorno".

La giurisprudenza di questa Corte citata dalla parte ricorrente a sostegno della sua tesi (S.u. 7.07.78 n. 3368), non è calzante in quanto, nel considerare non esperibile il procedimento di repressione della condotta antisindacale (promosso dalle organizzazioni sindacali cui aderisce il personale c.d. a statuto locale) nei confronti dei Comandi NATO, ritiene che la convenzione non ricomprende l’ordinamento sindacale nella legislazione nazionale applicabile, atteso che nei trattati internazionali "non sono rinvenibili norme che estendano la disciplina dello ordinamento italiano in materia di attività sindacale nei luoghi di lavoro, consentendo un’ingerenza dello Stato nella organizzazione di detti enti internazionali". Il caso oggi in esame, si ripete, ha invece ad oggetto una richiesta di contenuto esclusivamente patrimoniale, che lascia intatte le prerogative e la soggettività del soggetto internazionale.

11.3.- Così impostata, la controversia in esame esula dal campo di applicazione dell’art. 16 della Convenzione di Londra, secondo il quale la contestazione insorta tra le parti contraenti circa l’applicazione della Convenzione è regolata da accordi diretti tra le parti contraenti, atteso che la risposta alla domanda dell’Istituto di previdenza è interamente basata sull’interpretazione dell’art. 9 della Convenzione stessa e della normativa regolatrice del rapporto di lavoro del personale a statuto locale.

Non osta a questa impostazione la circostanza che esista una direttiva del Governo italiano emanata in data 19.03.04 che invita le Amministrazioni pubbliche ad attivare il Servizio del Contenzioso diplomatico ogni volta che insorga questione attinente i profili applicativi della Convenzione. La direttiva costituisce una disposizione operante nell’ambito dei rapporti interni tra le Amministrazioni dello Stato, che non condiziona, tuttavia, la risposta cui la giurisdizione è tenuta nel momento in cui una delle Amministrazioni interessate (nella specie l’INPS) intenda rivolgersi direttamente al giudice per perseguire i suoi obiettivi istituzionali.

12.- Il secondo motivo di ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.

12.1.- La Corte d’appello ha proceduto alla quantificazione del credito vantato dall’INPS a titolo di contributi previdenziali assumendo che il credito stesso fosse desumibile dalle dichiarazioni dell’Amministrazione USA ("… in base alla stessa prospettazione compiuta dagli USA nei modelli presentati"), mediante l’esclusione delle detrazioni e dei conguagli effettuati in applicazione degli sgravi.

Al riguardo va precisato che gli sgravi contributivi in questione sono quelli previsti dal D.L. 30 agosto 1968, n. 918 (conv. dalla L. 25 ottobre 1968, n. 1089) e successive modificazioni, il quale consente l’attribuzione dei benefici relativi solo in presenza di precisi presupposti di fatto (localizzazione e settore di appartenenza dell’azienda, incremento occupazionale, ecc.). La giurisprudenza di questa Corte fa onere al datore di lavoro di dimostrare l’esistenza di tali presupposti (si vedano, tra le tante, le sentenze della Sezione Lavoro 18.05.10 n. 12095, 22.02.06 n. 3857 e 27.02.04 n. 4064).

La Corte d’appello, ritenuto correttamente che l’onere probatorio circa l’esistenza dei presupposti di legge spettasse al datore di lavoro e considerato non adempiuto l’onere in questione, ha ritenuto di quantificare l’importo dovuto dall’Amministrazione convenuta sulla base della richiesta avanzata dall’INPS, ritenendo che la somma da quest’ultimo indicata fosse la risultante dell’importo indicato nelle dichiarazioni di provenienza della parte convenuta (i mod. DM 10/Al) e dell’aggiunta delle somme che erano state indebitamente indicate a titolo di sgravio.

All’esito della verifica degli atti del giudizio di merito, consentita in ragione del vizio denunziato, non risultano tuttavia presenti dette dichiarazioni (di esse l’INPS chiedeva l’acquisizione agli atti, assieme ai prospetti di consistenza del personale occupato), di modo che risulta smentito lo stesso presupposto di fatto da cui ha mosso la Corte d’appello, e cioè che l’importo dei contributi potesse essere determinato "in base alle stesse prospettazioni compiute dagli USA nei modelli presentati", atteso che di fronte alle contestazioni di merito dell’Amministrazione convenuta, il giudice era tenuto a procedere ad una puntuale determinazione del credito contributivo.

Su questo punto, pertanto il motivo di ricorso è fondato.

12.2.- Quanto al motivo attinente i contributi per l’assistenza malattie (punto 9.2), la domanda dell’INPS era formulata nel senso che la convenzione, stipulata dallo Stato estero con l’ENPEDEP nel 1955, era venuta a scadenza nel 1979 e che, pertanto, i contributi avrebbero dovuto essere corrisposti non più nella misura ivi prevista, ma secondo i termini previsti dalla legge.

La posizione assunta in punto dall’Amministrazione convenuta, ribadita con la formulazione del motivo ora in esame, è stata quella di affermare la vigenza della convenzione e la sua opponibilità all’INPS, quale Ente avente causa dall’ENPEDEP, di modo che i contributi malattia avrebbero dovuto continuare ad essere corrisposti secondo le modalità ivi previste.

Questa posizione processuale, evidenzia l’interesse sostanziale de 1PAmministrazione convenuta all’attuazione della convenzione, che va oltre quello di affermare la sua attuale vigenza, in quanto avrebbe potuto trovare attuazione solo ove il contenuto della convenzione fosse stato portato alla conoscenza del giudice. Ne consegue che l’onere probatorio circa il contenuto della convenzione faceva carico allo Stato estero, e che per la sua mancanza (essendo pacifico in causa che la convenzione non è stata prodotta da alcuno), correttamente il giudice di appello ha ritenuto che i contributi dovessero essere determinati con il sistema previsto dalla legge e dovessero essere quantificati secondo quanto indicato nelle note di rettifica prodotte dall’INPS. 13.- In conclusione, infondato il primo motivo e dichiarata la giurisdizione del giudice italiano, il secondo motivo deve essere accolto per la parte attinente la censura attinente la spettanza dei contributi previdenziali (punto 12.1) e deve essere rigettato per il resto. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata in relazione al motivo accolto e la causa deve essere rinviata al giudice indicato in dispositivo, il quale, sulla base delle risultanze acquisite agli atti e dopo la valutazione delle istanze istruttorie già avanzate dalle parti, accerterà se l’Amministrazione convenuta abbia diritto agli sgravi contributivi e, all’esito dell’accertamento, procederà alla eventuale quantificazione dei contributi previdenziali dovuti.

14.- Il giudice del rinvio procederà anche alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte così provvede:

– rigetta il primo motivo di ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice italiano;

– accoglie il secondo motivo nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata nei limiti dell’accoglimento e rinvia alla Corte d’appello di Palermo, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2012

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