Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 28-07-2011) 27-10-2011, n. 38954

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza deliberata il 23 maggio 2011, il Tribunale di Sassari, costituito ex art. 310 c.p.p., ha confermato l’ordinanza in data 8 aprile 2011, con la quale il Tribunale di Nuoro aveva respinto le istanze di revoca o sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere, applicata a D.A. con ordinanza del 20 settembre 2010, siccome raggiunto da gravi indizi di colpevolezza per concorso in illecita detenzione e cessione di sostanze stupefacenti (hashish e cocaina).

1.1 Il Tribunale, nell’evidenziare che analoga impugnazione dell’indagato era stata già rigettata con ordinanza deliberata il 10 febbraio 2011, ribadiva che le originarie esigenze cautelari poste a base della misura dovevano ritenersi tuttora persistenti e correlate al pericolo di reiterazione criminosa, quale desumibile dalla particolare gravità dei fatti-reato contestati, tenuto conto "del dato ponderale dello stupefacente detenuto e degli altri connotati della vicenda (oltre sedici episodi, reiterati nel tempo tra il (OMISSIS)) che denunciano uno stabile inserimento dell’indagato nel mercato del narcotraffico, nonostante si tratti di condotte risalenti nel tempo". In particolare con specifico riferimento alla contestata adeguatezza della misura applicata, i giudici di appello ritenevano che la pericolosità sociale del D., definita "allarmante", non poteva ritenersi scemata a ragione della durata della custodia cautelare già sofferta (circa otto mesi) nè comunque contenibile con l’applicazione di una misura meno affittiva, tenuto conto della "saltuarietà dei controlli", e ciò in considerazione della già evidenziata gravità dei fatti oggetto di imputazione e della inidoneità di una diversa misura "ad impedire i contatti con l’ambiente dei fornitori dello stupefacente e degli acquirenti, in cui il D., gravato anche da un precedente specifico, ha dimostrato di essere stabilmente inserito". 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso il difensore di D.A., articolando tre motivi di impugnazione. Più specificamente il ricorrente deduce la illegittimità dell’ordinanza impugnata:

– con il primo motivo di gravame, per violazione di legge ( art. 274 c.p.p., in relazione all’art. 299 c.p.p.) e vizio di motivazione, avendo il Tribunale confermato l’applicazione nei confronti del ricorrente della misura cautelare, innanzi tutto, in base all’errato rilievo, che rispetto al rigetto di una precedente istanza di revoca, non fossero stati addotti elementi nuovi, laddove, nella nuova istanza, tra gli altri elementi che militavano per l’accoglimento della richiesta, si era evidenziato: a) che era intervenuto il fatto nuovo del rinvio a giudizio dell’imputato, indice obiettivo della conclusione delle indagini e della cessazione di qualsivoglia pericolo di inquinamento probatorio; b) che in data 9 aprile 2009 il GIP del Tribunale di Nuoro aveva rigettato la richiesta di proroga delle intercettazioni dell’utenza telefonica in uso all’Imputato, in quanto le stesse "erano in corso da quasi un anno con risultati prossimi allo zero", dato questo indicativo, in maniera inequivoca, dell’insussistenza di una effettiva pericolosità sociale del D. "attuale e concreta" e tale da rendere la misura applicata eccessivamente gravosa in relazione al "principio di extrema ratio";

– con il secondo motivo di gravame, per violazione di legge art. 274 c.p.p., lett. c), e vizio di motivazione, per avere i giudici dell’appello, ritenuto sussistere l’attualità delle esigenze cautelari, illogicamente ed arbitrariamente affermando "uno stabile inserimento dell’indagato nel mercato del narcotraffico", sebbene i fatti a lui contestati fossero risalenti nel tempo (ottobre 2008), l’attività di intercettazione fosse stata conclusa "con risultati prossimi allo zero" ed il precedente specifico, risalisse al 1999;

– con il terzo ed ultimo motivo, per violazione di legge art. 274 c.p.p., lett. c), in relazione all’art. 3 Cost e vizio di motivazione, non avendo i giudici di appello fornito adeguata e puntuale risposta alle deduzioni difensive, con le quali si segnalava l’insussistenza di un’effettiva pericolosità sociale dell’indagato, attuale ed effettiva, tenuto conto che i fatti, risalenti nel tempo, sarebbero stati commessi allorquando il D. lavorava regolarmente alle dipendenze di una struttura alberghiera e come la "sussistenza attuale" di gravi indizi fosse quanto meno dubbia, posto che l’istruttoria dibattimentale non era neppure iniziata.

2.1 Con memoria redatta il 20 luglio 2011, la difesa del D., ha insistito per l’accoglimento del ricorso, ribadendone la fondatezza ed evidenziando, altresì, che lo stesso Tribunale, con ordinanza dell’ottobre 2010, aveva disposto, con riferimento ad alcuni coimputati gravati di precedenti specifici ed Inquisiti per fatti non meno gravi, la sostituzione della misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari.

2.2 Da ultimo, con comunicazione a mezzo fax, il difensore del D., ha rappresentato la volontà del proprio assistito a rinunciare al ricorso, anche perchè il Tribunale, con ordinanza del 21 luglio 2011, aveva disposto la sostituzione con gli arresti domiciliari della misura cautelare originariamente applicata.

Motivi della decisione

1. L’Impugnazione proposta nell’interesse di D.A. è inammissibile.

1.1 Al riguardo deve evidenziarsi, in primo luogo, la inammissibilità della rinuncia all’Impugnazione in quanto formulata da difensore sfornito di procura speciale contenente specifica autorizzazione al compimento dell’atto.

1.2 Quanto poi al merito dell’impugnazione, deve rilevarsi che il giudice di merito ha dato conto, con puntuale e adeguato apparato argomentativo – perciò incensurabile in sede di controllo di legittimità – delle concrete circostanze dalle quali era desumibile, quantomeno, l’esigenza di tutela della collettività dal pericolo di reiterazione del reato, enunciando analiticamente gli elementi fattuali, in primis la gravità dei fatti contestati, significativamente convergenti a tal fine e, nel contempo, disattendendo, siccome soccombenti e perciò irrilevanti rispetto al proclamato periculum libertatis, i dati offerti dalla difesa a sostegno della richiesta sostituzione della misura carceraria con altra meno grave (risalenza nel tempo dei fatti contestati; durata della custodia cautelare), evidenziando come i contatti intrattenuti dall’imputato con l’ambiente dei fornitori di sostanza stupefacente e l’esistenza di un precedente specifico, costituivano elementi consistenti che inducevano, univocamente, a ritenere non fronteggiabile il pericolo di reiterazione della condotta, in caso di applicazione di una misura cautelare meno grave di quella applicata.

2. Da quanto sin qui rilevato discende, quindi, che il ricorso, siccome sostanzialmente diretto al non consentito riesame nel merito della vicenda cautelare, in senso più favorevole all’imputato – posto che il carattere ripetitivo dell’istanza non ha inciso in maniera diretta sull’esito del procedimento di appello, giacchè in tal caso l’istanza sarebbe stata dichiarata inammissibile e che il rinvio a giudizio dell’imputato non comporta alcun obbligo per ciò solo di rivalutazione della gravità indiziaria "all’attualità" – lo stesso va dichiarato inammissibile.

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost, sent. n. 186 del 2000) – al versamento alla cassa delle ammende di una somma congruamente determinabile in Euro 1000,00.

Non va invece disposta la trasmissione, a cura della Cancelleria, di copia del presente provvedimento al Direttore dell’Istituto Penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, in quanto il ricorrente risulta attualmente sottoposto agli arresti domiciliari.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile li ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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