Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-04-2012, n. 6580 Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.A.V. con atto di citazione del 5-9/ novembre 1994 conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Siracusa C. L., L.M.G., Cu.Al., I.C. chiedendo l’emissione di sentenza sostitutiva del contratto non concluso ex art. 1932 cod. civ. in relazione alla scrittura privata del 9 aprile 1993, con la quale l’attore acquistava alcuni lotti di terreno di proprietà dei convenuti sui quali insistevano alcuni capannoni, oltre al risarcimento del danno. A sostegno di tale domanda l’attore deduceva di aver avuto il pieno possesso dei beni venduti e di avere interamente pagato il prezzo di vendita correlato ai debiti dei venditori con il Banco di Sicilia, Banca del Sud e Banca popolare di Augusta, per un importo di L. 250.000.000 e che i venditori si erano obbligati a trasferire i beni stesso a mezzo di atto pubblico.

Si costituivano i convenuti C.L. e L.M. G., che eccepivano l’inammissibilità delle domande attoree e chiedevano di chiamare in causa Cu.Al. e C.S. proponendo altresì domanda riconvenzionale mirante a far dichiarare la nullità della scrittura privata del 9 aprile 1993, per violazione della L. n. 47 del 1985, art. 18 risultando non essere stato allegato a detto atto il certificato di destinazione urbanistica.

Si costituivano Cu.Al. e I.C. contestando le domande attoree e chiedevano in via riconvenzionale la risoluzione del contratto per inadempimento.

Autorizzata la chiamata in causa si costituivano C.S. che chiedeva la propria estromissione dal giudizio perchè estraneo allo stesso e in subordine svolgeva altre domande.

Interveniva volontariamente in giudizio C.N. che chiedeva l’accoglimento delle domande attoree e l’accoglimento delle conclusioni di C.S..

Il Tribunale di Siracusa con sentenza n. 112 del 2004 dichiarava inammissibili le domande attoree e accoglieva la domanda riconvenzionale di nullità del contratto in oggetto per violazione di norme imperative e d’illiceità della causa e condannava l’attore al pagamento delle spese legali.

Avverso tale sentenza interponevano appello, davanti alla Corte di Appello di Catania, C.A.V., C.S., C.A., C.N. e P.G., chiedendo l’integrale riforma della sentenza di primo grado e l’accoglimento delle domande avanzate con l’atto di citazione.

Si costituivano C.L. e L.M.G. chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza del Tribunale di Siracusa.

Si costituivano altresì Cu.Al. e I.C. che aderivano all’appello proposto e chiedevano alla Corte che in riforma della sentenza impugnata venisse accolta la domanda avanzata ex art. 1932 cod. civ. in primo grado dalla parte attrice.

La Corte di appello di Catania con sentenza n. 1254 del 2009 rigettava l’appello e confermava integralmente la sentenza di primo grado. Condannava gli appellanti in solido al pagamento in favore di C.L. e L.M.G. delle spese del giudizio di appello. Compensava le spese legali tra gli appellanti e Cu.

A. e I.C.. A sostegno d questa decisione la corte catanese osservava: a) che, correttamente, il Tribunale di Siracusa aveva interpretato la scrittura privata del 9 aprile 1993 quale i contratto di compravendita definitivo che si appalesava nullo perchè ad esso non era risultato allegato il certificato di destinazione urbanistica a norma della L. n. 47 del 1985, art. 18.

La cassazione della sentenza della Corte di Appello di Catania è stata chiesta da C.A.V., C.S.M., C.A., C.N., P.G., Cu.Al., I.C., con atto di ricorso affidato a tre motivi. C. L. ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1. In via preliminare va esaminata l’eccezione di improcedibilità del ricorso avanzata dal contro ricorrente, secondo il quale il ricorso risulterebbe notificato in data 11 marzo 2010, mentre la causa risulta iscritta a ruolo il 7 aprile 2010, cioè, oltre il termine di venti giorni previsto dall’art. 369 c.p.c..

1.1. L’eccezione di cui si dice non ha ragion d’essere.

1.2. E’ giusto il caso di osservare che ai sensi dell’art. 369 c.p.c. il deposito del ricorso per Cassazione dopo la scadenza del ventesimo giorno dalla notifica del gravame comporta l’improcedibilità del ricorso stesso, la quale è rilevabile anche d’ufficio, e non è impedita dalla costituzione del resistente, nè dalla mancata eccezione dell’improcedibilità, in quanto la disciplina della sanatoria della nullità degli atti processuali non riguarda l’inosservanza dei termini perentori.

1.3. Tuttavia, nel caso in esame, il termine di cui all’art. 369 c.p.c. risulta rispettato considerato che l’ultima notificazione risulta effettuata in data 11 marzo 2010 e l’iscrizione a ruolo della causa mediante il deposito del ricorso in cancelleria risulta effettuato per il tramite del servizio postale con raccomandata spedita il 31 marzo 2010 e ricevuta dalla cancelleria il 7 aprile 2010. Pertanto, considerato che al fine di stabilire la tempestività, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 1, del deposito del ricorso per cassazione inviato a mezzo posta, deve tenersi conto, ai sensi dell’art. 134 disp. att. cod. proc. civ., come modificato dalla L. 7 febbraio 1979, n. 59, art. 3 della data di spedizione del plico risultante dal timbro impresso dall’ufficio postale di partenza, e non già della data del suo arrivo in cancelleria, deve ritenersi che il deposito del ricorso in cancelleria è avvenuto il 31 marzo 2010 (alla data della spedizione della raccomandata) e, dunque, entro il termine dei venti giorni di cui all’art. 369 c.p.c..

2. Con il primo motivo C.A.V., C.S. M., C.A., C.N., P.G., Cu.Al., I.C., lamentano la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 30 già della L. n. 47 del 1985, art. 19, comma 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 3 e art. 366 c.p.c.. Avrebbe errato la corte catanese nell’aver ritenuto nullo il contratto oggetto di causa per la mancata allegazione del certificato di destinazione urbanistica, quando tale certificato deve essere allegato solo al momento della trascrizione della sentenza.

2.1. Il motivo è infondato e non merita di essere accolto perchè privo del presupposto essenziale considerato che la Corte catanese ha escluso l’esistenza di un contratto preliminare avendo qualificato la scrittura privata oggetto del giudizio quale contratto definitivo di vendita, escludendo perciò che in quel giudizio si sarebbe dovuto pronunciare una sentenza costitutiva ai sensi dell’art. 2932 cod. civ.. Per altro, i ricorrenti non hanno censurato quel capo della sentenza che ha interpretato e qualificato la scrittura privata oggetto del giudizio quale contratto definitivo e, pertanto, il relativo accertamento è passato in giudicato.

2.1.a). Appare, comunque, opportuno osservare che ai sensi della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 18, comma 2 la nullità degli atti tra vivi aventi per oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento della comunione di diritti reali relativa a terreni, quando ad essi non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni riguardanti l’area interessata, si riferisce esclusivamente ai contratti che, di per se, determinano l’effetto reale indicato dalla norma e, non anche a quelli con effetti obbligatoli, come il contratto preliminare di compravendita quest’ultimo è, pertanto, valido e vincolante per le parti, salva l’esigenza di allegazione del certificato di destinazione urbanistica per la conclusione del contratto definitivo o per la sentenza di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo, di cui all’art. 2932 cod. civ.. Nel caso specifico, pertanto, era indispensabile, comunque, che il certificato di destinazione urbanistica fosse allegato agli atti di causa, che non sembra sia stato riscontrato.

3. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’art. 102 c.p.c. violazione del principio sull’integrità del contraddittorio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 e agli artt. 366 e 366 bis c.p.c..

Secondo i ricorrenti la sentenza impugnata sarebbe nulla per nona vere la corte territoriale rilevato d’ ufficio la nullità della sentenza di primo grado che aveva dichiarato la nullità del contratto di vendita, senza aver preventivamente disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti del coniuge di C.A.V., signora Ca.Ro., che al tempo della conclusione del contratto era in regime di comunione legale, come da estratto di matrimonio e convenzione di separazione beni del 28 aprile 1999 regolarmente trascritta che si produce.

3.1. Il motivo è inammissibile perchè l’eccezione del difetto del contraddittorio necessario non può essere proposta per la prima volta nel giudizio di cassazione, qualora su tale questione sia intervenuto il giudicato, ovvero se il presupposto e gli elementi posti a fondamento di essa non emergano con ogni evidenza dagli atti del processo di merito, non essendo possibile in sede di legittimità valutare nuove prove o svolgere attività istruttorie.

3.1.a). In verità, dagli atti di causa relativi al caso in esame non risulta una situazione di comproprietà a vantaggio della moglie di C.A.V. perchè non risulta, nè è stato eccepito o dedotto che Cu.Al. fosse coniugato e che, all’epoca del contratto de quo, il regime patrimoniale fosse quello della comunione legale.

3.1.b). In questa sede, poi, non è ammessa ai sensi dell’art. 372 cod. civ., il deposito, per la prima volta di documentazione relativa alla dimostrazione dell’esistenza di un’ipotesi di litisconsorzio necessario, e per tale ragione, la produzione documentale effettuata per la prima volta nel presente giudizio volta a dimostrare che C.V., all’epoca del contratto era coniugato e in regime di comunione legale, è inammissibile e deve essere ritenuta come non prodotta.

4. Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e artt. 366 e 366 bis c.p.c.. Avrebbe errato la Corte catanese, secondo i ricorrenti, per averli condannati al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio che invece dovevano essere poste per intero a carico degli odierni ricorrenti.

3.1. Questo motivo ancorchè infondato è inammissibile perchè non denuncia un vizio della sentenza. D’altra parte, la Corte catanese ha correttamente applicato il principio della soccombenza, e della causalità, considerato che la i corte ha avuto modo di specificare in motivazione che "(…) con riferimento alle spese del presente giudizio le stesse devono essere poste a carico degli appellanti in solido (parte soccombente) ed in favore degli appellati C. L. e L.M.G.. Possono invece compensarsi le spese legali tra gli appellati Cu.Al. e I.C. atteso che gli appellati suddette hanno aderito al presente gravame".

In definitiva, il ricorso va rigettato e i ricorrenti in solido, n ragione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c. condannati al pagamento delle spese del presente giudizio, a vantaggio di C. L., così come verranno liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, a favore di C.L. e L.M.G., che liquida in Euro 3000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi e oltre spese generali e accessori come per legge.

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