Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 27-05-2011) 27-10-2011, n. 38882

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza pronunziata in data 4 febbraio 2011, il Tribunale di Genova – Terza Sezione penale dei riesame rigettava la richiesta di riesame dell’ordinanza di applicazione della custodia cautelare in carcere emessa il 10 gennaio 2011 dal GIP del Tribunale di Massa, avanzata da B.D. quale indagato dei reati di cui all’art. 416 c.p. e art. 110 c.p., art. 624 c.p., art. 625 c.p., nn. 2, 5, 3, 7, art. 61 c.p., nn. 5 e 7..

Ricorre personalmente per Cassazione il B., articolando, quale unico motivo di gravame, il difetto di motivazione, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. E), sul presupposto della mancanza di qualsivoglia riscontro della ritenuta riferibilità al ricorrente dell’uso dell’utenza telefonica cellulare n. (OMISSIS) e quindi dell’insussistenza di qualsivoglia indizio, connotato dalla necessaria gravità, in ordine alla sua partecipazione agli addebiti contestatigli. Quanto al furto dell’autobus Mercedes Travedo, avvenuto in (OMISSIS), evidenzia il ricorrente che nessun dato oggettivo vale a suffragare la tesi dell’accusa secondo la quale, dal ritrovamento del telefono cellulare relativo alla suddetta utenza, sull’automobile del P., condotta in quell’occasione dal B., doveva discendere che questi ne fosse l’utilizzatore. Identiche doglianze espone il ricorrente in relazione ai furti degli autobus Mercedes Evobus e Setra 415, rispettivamente commessi in (OMISSIS).

Poichè la surrichiamata utenza telefonica era stata nella disponibilità ed era risultata in uso a soggetti diversi dal ricorrente – ed in particolare a D.G. il giorno (OMISSIS) – non era possibile legittimamente desumere dal solo fatto dell’accertata presenza del B. in territorio ungherese il giorno successivo, la dimostrazione del suo coinvolgimento nello stesso delitto. Nè la circostanza che il giorno 16 marzo 2010 (in cui era stato consumato l’altro furto pure ascritto al B.) l’utenza cellulare in questione fosse utilizzata a bordo del veicolo rubato al confine tra Italia e Slovenia avrebbe potuto costituire prova certa della partecipazione a tale fatto dello stesso B., visto che in numerose occasioni era emerso che l’utenza telefonica era stata utilizzata da altri, in particolare dai D. padre e figlio, come riferito nell’informativa di P.G. Conclusivamente chiede il ricorrente l’annullamento dell’impugnata ordinanza.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

Il Tribunale ha fatto, invero, corretta applicazione del disposto degli artt. 273 e 274 c.p.p., in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nonchè alla ricorrenza delle esigenze cautelari del pericolo di fuga e del pericolo di reiterazione dei reati, non altrimenti tutelabili.

Premette il Tribunale del riesame, facendo riferimento alla motivazione dell’ordinanza cautelare emessa nei confronti del S. e del B., che, grazie alle indagini svolte dalla Polizia Stradale, era stato possibile pervenire all’identificazione degli indagati, una volta individuati i biglietti relativi ai transiti autostradali compiuti dagli autobus rubati (e dalla vettura staffetta che con gli stessi viaggiava di conserva) e rilevate le impronte digitali lasciate sugli stessi dai rispettivi conducenti, con specifico riguardo ai furti commessi il (OMISSIS). Quali ulteriori riscontri, si erano altresì utilizzate, ai fini dell’identificazione dei numeri di targa dei veicolo rubati e delle autovetture – staffetta,le registrazioni video delle società di gestione delle autostrade percorse dagli automezzi, subito dopo la sottrazione nonchè le intercettazioni delle varie utenze che avevano attivato le celle telefoniche in corrispondenza dei caselli autostradali di entrata ed uscita attraversati dai suddetti automezzi.

A suffragio poi del coinvolgimento del B. nel furto dell’autobus commesso il (OMISSIS) deponevano, secondo quanto evidenziato dal Tribunale, un complesso di gravi, precisi ed univoci indizi desumibili dal fatto che l’utenza cellulare dell’imputato aveva attivato la cella del luogo ove era parcheggiato il veicolo oggetto del furto. Ulteriori contatti venivano riscontrati tra i cellulari del B. e quello del D.G. – che era risultato alla guida dell’autobus – avendo entrambi attivato la cella di (OMISSIS), nel momento in cui il veicolo stava per uscire dall’A/4. Il che aveva indotto a ritenere che il B. si trovasse sull’automobile condotta da un correo che viaggiava di conserva con l’autobus, assicurando, quale staffetta, vigilanza e controlli durante il trasferimento dell’autobus rubato. Ha peraltro il Tribunale già adeguatamente confutato le obiezioni della difesa dell’imputato (riproposte nei medesimi termini con il presente ricorso) circa la non plausibilità che il B. (piuttosto che altro correo) avesse utilizzato l’utenza cellulare a lui attribuita e sequestrata il (OMISSIS) a bordo dell’automobile del correo P., posto che a costui, in occasione dell’arresto in data 9 luglio 2010, veniva sequestrato altro cellulare, da lui stesso evidentemente usato e posto che l’utenza de qua (riferita al B.) era stata chiamata da altro cellulare intestato al P., il giorno 17 marzo 2010, in occasione del furto commesso il giorno precedente in (OMISSIS). In ogni caso il B. ed il correo venivano segnalati il giorno successivo in Ungheria e poi in Serbia per poi fare ritorno in Ungheria; il primo a bordo di una BMW ed il secondo alla guida del veicolo molto verosimilmente rubato al quale erano state cambiate le targhe per occultarne la provenienza.

Ha altresì sottolineato il Tribunale – quanto al furto di altro autobus commesso sempre a (OMISSIS) – che una volta che l’automezzo era uscito dall’A/4 alla stazione di (OMISSIS) (in prossimità del confine orientale ) si era accertato che P., S. e B. avevano varcato il confine ungherese per poi uscire dall’Ungheria attraverso il varco confinario presso il quale la polizia di frontiera aveva, poco dopo, rinvenuto il veicolo rubato, essendo peraltro risultato documentato dalle fotografie contenute nel cellulare poi sequestrato, che anche il B. si trovava a (OMISSIS), il giorno del furto.

Infine, circa l’altro furto dell’autobus marca SETRA, commesso in (OMISSIS), emergeva dall’esaustiva motivazione del provvedimento impugnato che le indagini di P.G. integrate da intercettazioni telefoniche successive, avevano consentito di acclarare che l’automezzo, dopo la consumazione del furto, aveva percorso la rete autostradale per uscire alla stazione di (OMISSIS), dell’A/4 ad ore 1,59 del giorno successivo. La verificata attivazione delle celle durante il tragitto ad opera delle utenze telefoniche di B. e di D.G. confermava la presenza sul mezzo anche del ricorrente. Il giorno successivo anche il B., insieme a P. ed a S. si trovavano in Ungheria. Quest’ultimo attraversava la frontiera ungherese, su di un veicolo con la targa italiana: (OMISSIS) per giungere poi, il giorno successivo, in Bulgaria con un autobus Setra, recante la stessa targa mentre il P. ed il B. utilizzavano la vettura Volvo del primo; donde la assai verosimile conclusione che il veicolo rubato, come accaduto negli altri casi, era stato portato in Ungheria per sostituirvi la targa prima di consegnarlo al destinatario finale. Il Tribunale ha altresì ritenuto la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza anche quanto all’altro delitto contestato al B., di cui all’art. 416 c.p.. Era invero risultato elemento pacificamente acquisito dalle investigazioni il fatto che la perpetrazione di un numero indeterminato di furti di autobus costituisse la precipua finalità di un sodalizio criminale – a tale scopo costituito ed utilizzato – del quale, previa ripartizione dei rispettivi compiti esecutivi ed ideativi, facevano parte, oltre al S., il B. (entrambi incaricati della consegna al destinatario dei veicoli rubati) il D.M. (con compiti di coordinamento) nonchè P., T. e C.G.: impiegati a bordo dell’auto – staffetta, con funzioni di controllo e di vigilanza durante il percorso compiuto dai veicoli oggetto di furto.

Ciò posto, deve in conclusione rilevarsi che il ricorrente ha in verità prospettato esclusivamente, sotto l’insussistente doglianza del difetto di motivazione, censure di merito (peraltro reiterando pedissequamente doglianze, peraltro non immuni da censure di genericità, già oggetto della richiesta di riesame sulle quali il Tribunale si era già esaustivamente pronunziato) che non possono ovviamente formare oggetto di sindacato in sede di legittimità perchè propongono in sostanza una diversa ricostruzione dei fatti.

Deve invece osservarsi che il Tribunale del riesame ha fornito, all’esito della valutazione delle risultanze indizarie entro i limiti della summaria cognitio che contraddistingue il procedimento incidentale de quo, congrua ed adeguata motivazione scevra da censure logiche, perchè basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza. Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7- 13 giugno 2000) al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al Direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *