Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-04-2012, n. 6573

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 19 febbraio 2001 il Tribunale di Biella – adito dalla s.p.a. Manifattura Fratelli Suppa e in via riconvenzionale dalla s.r.l. Biellawool – respinse sia la domanda dell’attrice (diretta ad ottenere la condanna dell’altra parte all’adempimento di contratti tra loro intercorsi nel 1992 e 1993, di fornitura di 32.069 kg. di lana di provenienza australiana), sia quella della convenuta (diretta ad ottenere la risoluzione per inadempimento della transazione del 25 ottobre 1995, con cui gli originari rapporti erano stati novati, con la previsione della consegna di 20.000 kg. del prodotto, che però l’attrice non aveva voluto ricevere, nonostante l’avvenuta verifica della conformità ai campioni da parte del terzo arbitratore G.R.).

Impugnata in via principale dalla s.p.a. Manifattura Fratelli Suppa e in via incidentale dalla s.r.l. Biellawool, la decisione è stata riformata dalla Corte d’appello di Torino, che con sentenza dell’11 marzo 2005 ha rigettato il primo gravame e accolto parzialmente il secondo, pronunciando la risoluzione del contratto di transazione, ma respingendo la consequenziale domanda di risarcimento di danni.

La s.p.a. Manifattura Fratelli Suppa ha proposto ricorso per cassazione, in base a sei motivi. La s.p.a. Biellawool si è costituita con controricorso e ha presentato una memoria.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso la s.p.a. Manifattura Fratelli Suppa lamenta che il primo motivo del proprio appello è stato ingiustificatamente considerato generico dal giudice di secondo grado, nell’erroneo presupposto che fosse soltanto riassuntivo delle tesi sostenute dall’attrice nel giudizio a quo e privo di riferimenti a specifiche affermazioni della sentenza impugnata.

La doglianza è inconferente, poichè tutti gli assunti prospettati nel motivo di gravame di cui si tratta sono stati comunque vagliati dalla Corte d’appello, in occasione dell’esame delle altre censure rivolte dalla s.p.a. Manifattura Fratelli Suppa alla decisione del Tribunale.

Con il secondo e il terzo motivo di impugnazione la ricorrente addebita alla Corte d’appello di essere incorsa in un duplice errore, relativamente alla testimonianza resa dall’arbitratore G. R.: avere escluso sia che dovesse essere revocata l’ordinanza con la quale il Tribunale aveva disposto una sua ulteriore audizione, sia che egli fosse incapace a deporre, in quanto interessato nella causa.

Le due censure possono essere prese in considerazione congiuntamente, poichè per una stessa ragione vanno disattese: non riportano le circostanze su cui G.R. era stato chiamato a riferire, sicchè questa Corte non è stata posta in grado di delibare – alla luce del contenuto dell’atto introduttivo del giudizio di legittimità e senza necessità di utilizzare altre fonti, come è richiesto dalla regola dell’autosufficienza – la plausibilità e la pertinenza delle deduzioni della ricorrente.

Con il quarto motivo di ricorso la s.p.a. Manifattura Fratelli Suppa si duole del disconoscimento, da parte della Corte d’appello, del vizio di ultrapetizione che aveva commesso il Tribunale, nel rigettare entrambe le domande specularmente contrapposte formulate dall’una parte e dall’altra, per una ragione che nessuna di loro aveva fatto valere: la mancata "ratifica" della merce, da parte dell’arbitratore.

La censura è inammissibile, in quanto attiene a un presunto vizio della sentenza di primo grado, che con quella di appello è comunque venuto meno, essendo stata accolta una delle domande che secondo la ricorrente non potevano essere contemporaneamente respinte.

Con il quinto motivo di ricorso la s.p.a. Manifattura Fratelli Suppa lamenta che la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto che la s.r.l.

Biellawool avesse adempiuto la propria obbligazione di consegna della lana, mediante l’esibizione dei documenti rappresentativi della mercè giacente nei magazzini di una terza società, mentre avrebbe dovuto rimetterli al vettore, ai sensi dell’art. 1510 c.c., comma 2.

Neppure questa doglianza può essere accolta, poichè si risolve nell’assiomatica affermazione che il prodotto dovesse essere trasportata altrove, anzichè consegnata nel luogo in cui si trovava al momento del contratto, come ha ritenuto il giudice di secondo grado, alla stregua della generale previsione dell’art. 1510 c.c., comma 1.

Nel contesto dello stesso quinto motivo di impugnazione si sostiene inoltre che il fax prodotto in giudizio non dimostra affatto l’avvenuta "ratifica" scritta da parte dell’arbitratore G. R..

La tesi non è congruente con la ratio decidendi posta a base, sul punto, della sentenza impugnata, con la quale si è ritenuto che nella transazione le parti non avevano convenuto che la conformità della merce ai campioni dovesse essere dichiarata per iscritto e che essa era stata attestata verbalmente: sul che nessuna contestazione è stata mossa dalla ricorrente.

Con il sesto motivo di impugnazione la s.p.a. Manifattura Fratelli Suppa deduce che la Corte d’appello, aderendo alla tesi del Tribunale circa la risoluzione del contratto in seguito alla mancata "ratifica" dell’arbitratore, avrebbe dovuto concludere nel senso della reviviscenza dei contratti di vendita originari.

L’assunto va disatteso per la ragione già esposta a proposito del quarto motivo di ricorso: la Corte d’appello ha bensì escluso che il Tribunale, ritenendo la transazione risolta per l’inerzia di G.R., avesse pronunciato ultra petita, ma ha riformato sul punto la sentenza di primo grado, dalla quale non avrebbe quindi dovuto nè potuto trarre la conseguenza che la s.p.a. Manifattura Fratelli Suppa ne fa discendere.

Il ricorso viene pertanto rigettato, con conseguente condanna della ricorrente a rimborsare alla resistente le spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in 200,00 Euro, oltre a 4.000,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare alla resistente le spese del giudizio di cassazione, liquidate in 200,00 Euro, oltre a 4.000,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *