Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 12-05-2011) 27-10-2011, n. 38878

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 9/6/2010 la Corte di Appello di Bologna, rigettava l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione avanzata da C.G..

Questi, arrestato in flagranza il 3/3/2007 per il trasporto di kg. 21 di stupefacenti (arbusti tipo khat edulis), era stato liberato in data 19/3/2007 e successivamente prosciolto con formula piena, perchè il fatto non costituisce reato, dal G.U.P. del Tribunale di Modena, con sentenza di non luogo a procedere del 7/11/2007. 2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per Cassazione l’interessato, a mezzo del difensore deducendo la erronea applicazione della legge ed il difetto di motivazione. Invero la condotta del ricorrente era stata connotata da assoluta trasparenza e lealtà processuale in quanto, fin dal primo momento, si era dichiarato estraneo alla vicenda e le sue affermazioni erano state avvalorate da quelle del collega di lavoro B.. Inoltre le modalità di trasporto della sostanza erano state normali e prive di sotterfugi. La stessa tipologia del vegetale trasportato, Chata Edulis, non lo rendeva immediatamente percepibile come sostanza stupefacente. Pertanto se una colpa aveva connotato la condotta del C., essa doveva considerarsi lieve e non ostativa al riconoscimento dell’indennizzo.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è infondato.

3.1. Va premesso che, come è noto, il rapporto tra giudizio penale e giudizio per l’equa riparazione, è connotato da totale autonomia ed impegna piani di indagine diversi e che possono portare a conclusioni del tutto differenti (assoluzione nel processo, ma rigetto della richiesta riparatoria) sulla base dello stesso materiale probatorio acquisito agli atti, ma sottoposto ad un vaglio caratterizzato dall’utilizzo di parametri di valutazione differenti.

In particolare, è consentita ai giudice della riparazione la rivalutazione dei fatti non nella loro valenza indiziaria o probante (smentita dall’assoluzione), ma in quanto idonei a determinare, in ragione di una macroscopica negligenza od imprudenza dell’imputato, l’adozione della misura, traendo in inganno il giudice.

3.2. Nella specie, è quindi determinante stabilire se la Corte di merito abbia motivato in modo congruo e logico in ordine alla condotta del C. ed alla sua idoneità ad ingenerare nel giudice che ha emesso il provvedimento restrittivo della libertà personale il convincimento di un suo probabile coinvolgimento nell’attività di traffico di droga.

Ebbene, la Corte territoriale, facendo buon governo dell’applicazione delle norme in materia e con logica motivazione, ha evidenziando le ragioni che hanno indotto al rigetto della richiesta.

Ha osservato la Corte di merito che dalla sentenza di proscioglimento erano emersi dei fatti che palesavano la colpa grave del C., idonea a concorrere a determinare l’errore del giudice.

In particolare:

– il ricorrente, conducente di TIR dediti al trasporto di fiori dall’Olanda, era stato trovato alla guida dell’autoarticolato su cui era stata rinvenuta la sostanza stupefacente;

– il trasporto era stato effettuato senza documenti di accompagnamento della merce;

– infatti, era stato svolto in modo estemporaneo, in base ad un accordo di un suo collega di lavoro con persone che egli non conosceva;

– la merce trasportata, dietro corrispettivo, doveva essere consegnata presso un casello autostradale.

Il proscioglimento era stato determinato dalle dichiarazioni del suo collega di lavoro, B.A., che l’aveva scagionato, riferendo che il C. non era a conoscenza del contenuto dei colli trasportati.

Ha osservato di contro la Corte distrettuale che le modalità della commessa (da persone sconosciute), del trasporto (senza documenti) e della consegna della merce (presso un casello), avrebbero dovuto indurre il ricorrente valutare la possibilità della illiceità dell’oggetto del trasporto.

Ne ha dedotto la Corte, con ragionamento coerente e privo di manifesta illogicità, che le circostanze di fatto acquisite, sebbene non ritenute sufficienti per l’affermazione della penale responsabilità del C., denotavano il mantenimento di una condotta gravemente colposa, idonea ad indurre il ragionevole convincimento della sua responsabilità, ostativa la riconoscimento dell’equo indennizzo.

Alla declaratoria di infondatezza del ricorso segue per legge, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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