Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-04-2012, n. 6572 Costituzione delle servitù per usucapione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ricorso alla Pretura di Napoli, sezione distaccata di Frattamaggiore, C.V. denunciò che i confinanti D. P.G. e P.C. avevano realizzato abusivamente, su di una zona di terreno di 90 mq sulla quale egli aveva acquistato per usucapione una servitù di passaggio, un manufatto dotato di cancello e, poichè l’opera gli impediva di esercitare il suo possesso, chiese di essere reintegrato nel possesso della servitù sull’intera zona destinata al passaggio e, pertanto, di ordinare ai confinanti la demolizione del manufatto.

Con ordinanza del 13 ottobre 1998, il Pretore ordinò la rimozione del manufatto e del cancello.

Nel prosieguo del giudizio, furono esaminati alcuni testimoni ed eseguita una c.t.u.. All’esito, il Tribunale di Napoli, sez. distaccata di Frattamaggiore, rigettò la domanda condannando l’attore al pagamento delle spese processuali. Osservò il primo giudice che l’accesso dal giardino di proprietà del C. al Corso (OMISSIS) non era stato impedito dalla realizzazione del manufatto e che a nulla rilevava che il manufatto non consentisse allo stesso C. di usare della parte di terreno posta al di là del manufatto e del nuovo cancello, in quanto l’attore aveva agito per la tutela del possesso corrispondente all’esercizio del diritto reale di servitù, sicchè l’eventuale esercizio di fatto di facoltà inerenti non al passaggio ma alla proprietà dell’intera striscia doveva ritenersi indifferente ai fini della decisione.

Il C. propose gravame avverso detta sentenza.

2. – La Corte d’appello di Napoli, con sentenza depositata il 2 dicembre 2005, confermò la decisione impugnata. Il giudice di secondo grado osservò che l’appellante, che aveva riconosciuto che il manufatto non gli aveva precluso la comunicazione tra il giardino di sua esclusiva proprietà e la pubblica via, non si era soffermato su tale aspetto, ritenuto dal primo giudice determinante ai fini della decisione. Ritenne poi generica la critica mossa alla sentenza dall’appellante, il quale non aveva chiarito le contraddizioni ed imprecisioni che avrebbero caratterizzato le deposizioni favorevoli alla controparte che il Tribunale avrebbe ingiustamente valorizzato, nè aveva indicato quelle che, al contrario, questo avrebbe immotivatamente trascurato.

Osservò inoltre il giudice di secondo grado che il C., nonostante la presenza del nuovo cancello fatto installare dai convenuti, al di là del quale si estendeva la residua porzione della fascia di terreno chiusa su tutti i lati e dotata solo di un varco, poteva, con le modalità di passaggio praticate anche in passato, e senza ostacolo di sorta, accedere dalla sua proprietà alla pubblica via. Quindi, il C., per potersi fondatamente lamentare della presenza del nuovo cancello, avrebbe dovuto dimostrare o che egli fosse solito passare anche su quella zona situata al di là del nuovo cancello, esercitando anche su detta zona un possesso corrispondente al diritto di proprietà: tale prova non era stata fornita.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre il C. sulla base di quattro motivi. Resiste con controricorso P.L..

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione, falsa ed errata applicazione degli artt. 1058, 1061, 1063, 1064 e 1065 cod. civ., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti decisivi della controversia, prospettati dalle parti.

Nonostante dall’originario atto di vendita del 1917 risultasse chiaramente la volontà dei contraenti di mantenere in comune tra loro l’intera striscia di terreno di mq 90 allo scopo di consentire a ciascuno di essi di passare dai rispettivi fondi per uscire sulla via pubblica, i giudici di merito hanno ritenuto sufficiente per il C., al fine di esercitare il proprio diritto di passaggio su tale striscia, solo una piccola parte di essa, rilevando che l’istruttoria non avrebbe dimostrato che lo stesso C. avesse sempre praticato l’intera striscia, originariamente in comune, e che costui non potesse lamentarsi del cancello apposto su detta zona, per essere la parte esistente al di là di tale manufatto irrilevante ai fini dell’esercizio del suo diritto di comunione e di passaggio su di essa, senza considerare che l’esercizio della servitù non può essere limitato alla sola quota di uno solo dei proprietari del fondo dominante, ma deve estendersi, per il principio della indivisibilità della servitù, a favore dell’intero fondo. La dichiarata possibilità da parte del C. di passare dalla sua proprietà attraverso la limitata zona rimasta non occlusa dal cancello apposto nel 1997 non escluderebbe che egli fosse stato spogliato del possesso sull’intera zona riservata, ex contractu o per destinazione del padre di famiglia, a passaggio per uscire sulla pubblica via.

2.1. – La censura è priva di fondamento.

2.2. – La sentenza impugnata, premesso che nel ricorso possessorio l’attore neppure aveva prospettato l’esercizio di un potere di fatto corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà sull’intera particella interessata dal passaggio, ha rilevato, in primo luogo, la inaminissibilità dell’appello, prima ancora della infondatezza dello stesso, per non aver censurato l’affermazione del primo giudice che aveva escluso lo spoglio per avere l’attore riconosciuto che il manufatto realizzato dai convenuti non aveva precluso la comunicazione tra il giardino di sua esclusiva proprietà e la pubblica via.

3. – Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa, errata, incongruente ed inidonea applicazione degli artt. 342 e 346 cod. proc. civ., per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia. La sentenza censurata avrebbe erroneamente ritenuto inammissibile la impugnazione per carenza di specificità dei motivi, senza considerare che, quando si denunci con l’appello la erronea valutazione degli elementi probatori acquisiti, è sufficiente la enunciazione nei motivi dei punti sui quali si richiede il riesame delle risultanze istruttorie: tali indicazioni – si rileva nel ricorso – erano ampiamente esposte nell’atto di appello.

4.1. – Il motivo è inammissibile.

4.2. – La sentenza di secondo grado ha rilevato che l’appellante non aveva chiarito quali fossero state le imprecisioni e le contraddizioni che avrebbero caratterizzato le testimonianze favorevoli ai suoi avversari e che il tribunale avrebbe ingiustamente valorizzato: ciò in quanto, avendo il giudizio di appello natura di revisio prioris instantiae e non di novum iudicium, ai fini dell’ammissibilità del relativo atto di gravame non è sufficiente che la sentenza di primo grado sia impugnata nella sua interezza, risultando, invece, necessarie la impugnazione specifica dei singoli capi censurati della decisione e l’analitica esposizione delle ragioni di censura. Nè, in caso di inosservanza di tale onere, il vizio appare suscettibile di sanatoria in virtù dell’accettazione del contraddittorio ad opera della controparte, atteso che l’inammissibilità della impugnazione comporta il formarsi del giudicato sui capi della sentenza investiti dal gravame inammissibile.

5. – Con il terzo motivo si denuncia violazione, falsa e/o errata applicazione degli artt. 112 e 116 cod. proc. civ. in relazione all’art. 1058 cod. civ., e segg.. Si duole il ricorrente che la sentenza di appello, in contrasto con il titolo, abbia affrontato le questioni attinenti a diritti reali, attinenti alla comproprietà della particella, alla estensione della servitù di passaggio e al possesso ed esercizio di tali diritti in maniera riduttiva, sostenendo che l’attore non avrebbe potuto esercitare nella loro interezza i propri diritti di godimento e di servitù di passaggio sulla intera particella perchè comunque egli aveva la possibilità di accedere alla pubblica via.

6.1. – La doglianza è destituita di fondamento.

6.2. – Nessun rilievo poteva assumere un titolo di comproprietà in un giudizio possessorio avente ad oggetto la reintegrazione nell’esercizio di una servitù di passaggio: il titolo della stessa, costituito dalla sentenza di acquisto della servitù per usucapione, è stato esaminato solo ad colorandum dalla sentenza.

La questione della prova di un possesso uti dominus è stata esaminata dalla sentenza solo ipoteticamente e con l’avvertenza che l’attore non aveva prospettato nel ricorso un suo potere di fatto corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà e che il suo passaggio non era stato nè contestato nè impedito. Detta questione è stata poi risolta negativamente con una motivata valutazione dei mezzi di prova assunti. Resta assorbito dal rigetto dei primi tre motivi del ricorso l’esame del quarto, che si sostanzia nella richiesta di condanna dei resistenti al pagamento delle spese del giudizio quale conseguenza della invocata cassazione della sentenza impugnata.

7. – Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Per il criterio della soccombenza, le spese del presente giudizio, che vengono liquidate come da dispositivo, devono essere poste a carico del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 1500,00, di cui Euro 1300,00 per onorari.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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