T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 30-11-2011, n. 1673

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente riferisce di aver partecipato alla procedura ristretta indetta dal Comune di Almenno San Bartolomeo per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale nel territorio comunale. Il metodo di affidamento prescelto era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, mentre la durata dell’appalto era stabilita in dodici anni.

All’esito del confronto comparativo – che ha coinvolto cinque imprese – parte ricorrente si piazzava al quarto posto con 55,32 punti, mentre la controinteressata ne riportava 93,47 e si collocava al vertice della graduatoria.

Riferisce C.N. in punto di fatto che l’amministrazione non ha rispettato il periodo cd. di "standstill’ sostanziale e che ha accordato un lasso temporale troppo breve per la trasmissione della documentazione e per la consegna degli impianti.

Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione la Società ricorrente impugna gli atti in epigrafe, deducendo i seguenti motivi di diritto:

a) Violazione dell’art. 11 comma 10 del D. Lgs. 163/2006, per inosservanza del termine dilatorio minimo di 35 giorni durante il quale è inibita la stipulazione del contratto;

b) Illegittimità dell’operato della Commissione per violazione dell’obbligo di custodia dei plichi, violazione dei principi di segretezza delle offerte, par condicio e trasparenza delle operazioni di gara, in quanto i documenti sono rimasti incustoditi per un’ora, ed il verbale nulla specifica sulle modalità di conservazione adottate in detto lasso temporale;

c) Violazione dell’art. 84 commi 2, 4, 8 e dell’art. 206 del D. Lgs. 163/2006 in quanto ai lavori della Commissione – composta dal responsabile dell’Area Affari Generali quale Presidente, da Maggioni Loris (altro membro interno), da Chiarentin Giorgio come componente esterno e dal segretario (istruttore amministrativo dipendente) – ha assistito indebitamente il consulente Ing. Marfurt, incaricato di predisporre la documentazione di gara;

d) Violazione delle regole di svolgimento della selezione stabilite nella lettera d’invito, poiché la Commissione non ha comunicato tempestivamente alle imprese partecipanti la conclusione dei lavori di valutazione delle offerte tecniche, adempimento preliminare alla lettura pubblica dei punteggi;

e) Violazione dell’art. 84 comma 8 del D. Lgs. 163/2006, dato che la Commissione è stata formalmente designata il 15/2/2011 – giorno successivo alla scadenza del termine di presentazione delle offerte – ma il 28/1/2011 il geom. Chiarentin aveva già trasmesso all’Ente l’autorizzazione a partecipare ai lavori rilasciata dal Comune di appartenenza;

f) Violazione dell’art. 84 del D. Lgs. 163/2006 sotto altro profilo, poiché non si è dato conto del rispetto delle norme per la selezione dei Commissari interni (si attesta la sola qualifica), e del componente esterno, per il quale occorreva certificare l’assenza in organico di professionalità adeguate;

g) Violazione dell’art. 83 del D. Lgs. 163/2006 ed eccesso di potere per contraddittorietà, poiché è stato adottato il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ma al canone è stato assegnato l’eccessivo peso ponderale di 77 punti, oltre alla valorizzazione di altri elementi dell’offerta economica.

Parte ricorrente chiede altresì che questo Tribunale dichiari l’inefficacia del contratto di affidamento del servizio e condanni l’amministrazione al risarcimento del danno, in forma specifica o per equivalente.

Si sono costituite in giudizio l’amministrazione e la controinteressata, chiedendo la reiezione del gravame.

Con ordinanza n. 509, assunta nella Camera di consiglio del 18/5/2011, questo Tribunale ha motivatamente respinto la domanda incidentale di sospensione degli atti impugnati, e tuttavia ha ritenuto di fissare l’udienza di merito per instaurare il procedimento di cui all’art. 123 comma 2 del Codice (irrogazione delle sanzioni alternative).

Alla pubblica udienza del 16/11/2011 il ricorso veniva chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Il gravame investe la correttezza degli atti della gara per l’affidamento in gestione del servizio di distribuzione del gas naturale.

1. Con il primo motivo parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 11 comma 10 del D. Lgs. 163/2006, per inosservanza del termine dilatorio minimo di 35 giorni durante il quale è inibita la stipulazione del contratto. Riferisce C.N. che:

– non ricorrevano le condizioni per la deroga prevista dallo stesso art. 11 (grave danno derivante dalla mancata esecuzione immediata della prestazione), essendo il servizio pacificamente gestito dalla ricorrente;

– il Comune era già destinatario di un’istanza di accesso agli atti (protocollata il 4/4/2011) da parte di C.N., che lasciava presumere un possibile contenzioso;

– va dichiarata l’inefficacia del contratto, poichè C.N. è stata privata della possibilità di avvalersi dei mezzi di ricorso prima della sua sottoscrizione, senza che sussistano le ipotesi di urgenza previste dal diritto comunitario; si configura una violazione grave ex art. 121 del Codice dei contratti, unita ai vizi dell’aggiudicazione definitiva, la quale ha influito sulla possibilità della ricorrente di ottenere l’affidamento (ed oltretutto non ricorrono esigenze imperative di interesse generale).

1.1 Deve essere anzitutto disattesa l’eccezione di carenza di legittimazione ed interesse ad agire sollevata dall’amministrazione resistente.

La direttiva 2007/66/CE dell’11/12/2007 ha apportato modifiche alla cd. "direttiva ricorsi", ed ha introdotto tra l’altro – a garanzia di una tutela processuale effettiva e celere – l’obbligo per le stazioni appaltanti di rispettare un congruo termine dilatorio/sospensivo fra la decisione di aggiudicazione e la stipulazione del contratto, affinchè gli offerenti interessati esaminino gli atti e valutino l’opportunità di proporre ricorso giurisdizionale (nuovo artt. 2bis comma 2 della direttiva 89/665/CE). E’ evidente che detto termine è diretto a salvaguardare la posizione di tutti coloro che hanno partecipato alla gara, il cui diritto di agire in giudizio è anche protetto nel nostro ordinamento da una norma di rango costituzionale ( art. 24 Cost.).

L’art. 121 del Codice del processo amministrativo prevede le cd. ipotesi di violazioni gravi, che recano un vulnus al valore comunitario della concorrenza, e che comprendono (lett. c) la violazione dello "standstill’ procedimentale e processuale (cd. violazione della concorrenza in concreto), con compromissione dell’interesse a diventare aggiudicatario, sia direttamente sia attraverso la partecipazione ad una nuova selezione indetta nel rispetto delle regole.

La collocazione di parte ricorrente al quarto posto in graduatoria potrà, come vedremo, riflettersi sulla possibilità di dichiarare o meno l’inefficacia del contratto alla luce dei vizi dedotti (di tipo formale), ma non può certo escludere l’interesse strumentale a censurare gli atti della procedura di gara almeno nella prospettiva di un loro annullamento e del conseguente obbligo di riedizione del confronto comparativo.

1.2 Nel merito, la prospettazione merita parziale condivisione.

In punto di fatto corrisponde al vero che la comunicazione dell’atto di aggiudicazione è avvenuta il 29/3/2011 (doc. 3 ricorrente) mentre il contratto è stato stipulato il 14/4/2011 (cfr. nota doc. 4) ossia dopo soli 16 giorni, per cui è stato oggettivamente violato il termine dilatorio minimo di cui si è già dato conto.

L’inosservanza non è supportata da giustificazioni meritevoli di apprezzamento.

1.3 Anzitutto l’invocato bilanciamento dei valori in conflitto (aspirazione del Comune ad accelerare l’affidamento del servizio alla nuova aggiudicataria e interesse del gestore di fatto a proseguire nell’attività in virtù di un contratto scaduto nel 2006), è del tutto estraneo al contesto normativo di riferimento, il quale si preoccupa di tutelare – inibendo la stipulazione immediata del contratto – la legittima pretesa dei soggetti non aggiudicatari alla verifica giudiziaria della correttezza dell’iter amministrativo che ha condotto all’individuazione del vincitore della gara.

Non ricorrono neppure le condizioni di cui all’art. 121 comma 2 del Codice, poiché non è certamente collocabile tra le esigenze imperative connesse ad un interesse generale il danno derivante dalla mancata corresponsione di consistenti canoni di gestione e dal prolungamento dei tempi per il passaggio delle reti, adempimento peraltro autonomamente imposto dal lodo arbitrale. Premesso che l’esecuzione di quest’ultimo deve avvenire con gli strumenti all’uopo predisposti dall’ordinamento, la disposizione citata esclude espressamente dal novero delle esigenze imperative "gli interessi economici legati direttamente al contratto, che comprendono fra l’altro i costi derivanti dal ritardo nell’esecuzione del contratto stesso…".

Parte resistente eccepisce il valore meramente formaleriproduttivo del testo sottoscritto rispetto ad un vincolo già perfezionato con l’aggiudicazione, e tuttavia la fase della stipulazione è regolata dall’art. 11 comma 10 del D. Lgs. 163/2006 ed assume una propria autonoma connotazione, poiché comunque da quel momento i diritti e gli obblighi reciproci traggono la loro fonte direttamente nel rapporto negoziale. Fuorviante è poi il riferimento all’art. 21octies della L. 241/90, anche per il solo rilievo che – nel caso di accoglimento del gravame per la presenza di uno dei vizi formali sollevati – sarebbe impossibile affermare che l’esito della gara non avrebbe potuto essere diverso.

1.4 Articolate considerazioni si impongono però sulle conseguenze della violazione.

La violazione della clausola di "stand still’ in sé considerata, e cioè senza che concorrano vizi propri dell’aggiudicazione e senza un’apprezzabile incidenza sulla possibilità di ottenere l’appalto, non comporta l’annullamento di quest’ultima nè l’inefficacia del contratto, potendo rilevare ai fini della valutazione delle responsabilità, anche risarcitorie, e dell’applicazione delle sanzioni alternative (cfr. T.A.R. Calabria Reggio Calabria – 20/10/2010 n. 942; T.A.R. Lazio Roma, sez. Ibis – 30/5/2011 n. 4842).

Ai sensi dell’art. 121 comma 1 lett. c) del Codice del processo amministrativo il contratto di appalto stipulato a seguito di aggiudicazione annullata è dichiarato inefficace quando l’amministrazione abbia violato il termine dilatorio stabilito dall’art. 11 del Codice dei contratti pubblici, "sempre che tale violazione, aggiungendosi a vizi propri dell’aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento".

Nella fattispecie il Collegio deve ancora affrontare le ulteriori censure dedotte e tuttavia è possibile fin da ora osservare che le stesse afferiscono a vizi formali delle operazioni di gara, suscettibili di caducare l’intera procedura e tali da precludere ogni valutazione sulle reali chance della ricorrente di conseguire il bene della vita, in ogni caso estremamente ridotte in virtù della collocazione di graduatoria (quarto posto, con sensibile distacco dalla controinteressata). Dunque la violazione dell’obbligo di "stand still’ non ha di per sé precluso alla ricorrente di ottenere l’affidamento, e manca pertanto il presupposto per la declaratoria d’inefficacia del contratto, salva la valutazione ai fini degli ulteriori riflessi che sarà sviluppata in seguito.

2. Parte ricorrente censura l’operato della Commissione per violazione dell’obbligo di custodia dei plichi, dei principi di segretezza delle offerte, par condicio e trasparenza delle operazioni di gara, in quanto i documenti sono rimasti incustoditi per un’ora, ed il verbale (doc. 2) nulla specifica sulle precauzioni assunte in detto lasso temporale. Si tratta in particolare della sospensione per la pausa pranzo avvenuta dalle ore 13 alle ore 14 del giorno 15/2/2011, durante la quale la Commissione non ha osservato accorgimenti per assicurare la loro integrità.

La censura è priva di pregio.

2.1 Sul punto esiste un puntuale contrasto di giurisprudenza in seno al giudice di appello, il quale ha anche affermato che – ai fini della tutela della segretezza delle offerte, e per assicurare la "par condicio" e la trasparenza delle operazioni concorsuali – la Commissione di gara è tenuta a predisporre particolari cautele per la conservazione delle buste contenenti le offerte, e a fare espressa menzione di esse nel verbale di gara (Consiglio di Stato, sez. III – 3/3/2011 n. 1368).

2.2 Questa Sezione ha però aderito al tradizionale orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo il quale, in presenza dell’obbligo di garantire la non manomissione dei documenti di una gara pubblica, è da presumere che lo stesso sia stato assolto dalla stazione appaltante adottando le normali precauzioni per la custodia degli atti amministrativi, tali da assicurare la genuinità ed integrità dei plichi: pertanto la doglianza secondo la quale le buste contenenti le offerte non sarebbero state adeguatamente custodite è irrilevante allorché non sia stato addotto alcun elemento concreto e specifico atto a far ritenere che possa essersi verificata la sottrazione o la sostituzione dei pieghi, la manomissione delle offerte o un altro fatto rilevante ai fini della regolarità della procedura (T.A.R. Campania Napoli, sez. I – 8/7/2010 n. 16615; T.A.R. Sardegna, sez. I – 17/2/2006 n. 238).

Anche il Consiglio di Stato ha osservato che la mancata dettagliata indicazione nei verbali di gara delle specifiche modalità di custodia dei plichi e degli strumenti utilizzati per garantire la segretezza delle offerte non costituisce di per sé motivo di illegittimità del verbale e della complessiva attività posta in essere dalla Commissione di gara, dovendo invece aversi riguardo al fatto che, in concreto, non si sia verificata l’alterazione della documentazione (Consiglio di Stato, sez. V – 22/2/2011 n. 1094). Secondo tale linea interpretativa non è sufficiente invocare la mancanza di idonee cautele a salvaguardia della non manomissione dei plichi – insinuando il generico sospetto di condotte idonee ad inquinare lo svolgimento della procedura – senza che sia dedotta alcuna altra circostanza oggettiva suscettibile di generare il ragionevole dubbio di uno scorretto e negligente assolvimento del dovere di custodia: costituirebbe inutile e formalistica decisione quella di annullare la gara solo perché non è stato dato atto a verbale dell’adozione di misure idonee a contrastare l’astratta possibilità che le buste in questione siano state manomesse. Il supporto normativo di tale indirizzo si rinviene nell’art. 78 del D. Lgs. 163/2006 il quale, nell’indicare gli elementi che non possono essere omessi nella redazione del verbale, non menziona le operazioni di custodia della documentazione di gara (cfr. Consiglio di Stato, sez. V – 7/7/2011 n. 4055).

2.3 Recentemente è stato elaborato un orientamento intermedio (cfr. T.A.R. Piemonte, sez. I – 6/4/2011 n. 651) secondo cui la mera omessa verbalizzazione delle precauzioni assunte non è idonea in sé ad inficiare la procedura laddove il concreto andamento della medesima (ad esempio il trascorrere di un anomalo lasso di tempo tra una seduta e l’altra) ovvero ulteriori elementi non inducano a dubitare della corretta conservazione dei plichi.

2.4 Nel caso di specie la Commissione si è riunita in data 15/2/2011 e nel relativo verbale risulta precisato che, dopo aver accertato l’identità dei rappresentanti delle imprese concorrenti, è stata verificata "l’integrità dei plichi sigillati e controfirmati". Dopo l’esame della documentazione amministrativa si è proceduto – sempre in seduta pubblica – all’apertura del plico B "documenti tecnici" di ogni ditta "verificandone i contenuti". Di seguito la seduta è proseguita in sede riservata, ove le offerte tecniche (già visionate) sono state analizzate fino alle ore 15. La pausa pranzo è durata un’ora e perciò – in assenza di ulteriori "sintomi" oltre alla mancata riproduzione nel verbale della circostanza per cui i plichi sono stati riposti in luogo idoneo – prevalgono i fatti comprovati: gli elaborati delle offerte tecniche erano noti a tutti i componenti della Commissione ed erano stati visionati dai rappresentanti dei concorrenti al momento della loro apertura in seduta pubblica (con garanzia del contraddittorio). In definitiva si ritiene che la sola omessa formale verbalizzazione delle cautele adottate per i pieghi non possa incidere sulla sostanziale correttezza delle operazioni di gara. A ciò si aggiunga la dichiarazione prodotta in giudizio dall’amministrazione resistente e resa dal responsabile del procedimento (doc. 14), che ha attestato che le buste contenti i documenti di gara sono state depositate in una stanza chiusa a chiave, custodita a sua volta dall’Ing. Loris Maggioni, componente della Commissione.

3. Con ulteriore doglianza parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 84 commi 2, 4, 8 e dell’art. 206 del D. Lgs. 163/2006 in quanto ai lavori della Commissione – composta dal responsabile dell’Area Affari Generali quale Presidente, da Maggioni Loris (altro membro interno), da Chiarentin Giorgio come componente esterno e dal segretario (istruttore amministrativo dipendente) – ha assistito indebitamente il consulente Ing. Marfurt, incaricato di predisporre la documentazione di gara: il consesso è stato in tal modo esautorato, e all’obiezione per cui egli avrebbe fornito solo dati tecnici C.N. replica che in tal modo si ammette l’impreparazione dei componenti.

La doglianza è fondata.

3.1 Il Collegio ritiene di rimeditare i propri precedenti e le conclusioni sommariamente raggiunte in sede cautelare, anche in ragione dei recenti arresti dei giudici d’appello.

L’art. 84 comma 4 del D. Lgs. 163/2006 stabilisce che i Commissari diversi dal Presidente, non devono aver svolto, né possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta.

Non può sostenersi che l’applicabilità di tale disposizione è esclusa in quanto nel caso di specie non si verte in tema di appalto di lavori, servizi e forniture, ma di una concessione di pubblico servizio, giacché nella determinazione di nomina della Commissione (doc. 9 ricorrente) l’art. 84 del predetto D. Lgs. è espressamente richiamato e l’Ente procedente si è così vincolato alla sua osservanza.

3.2 Il verbale del 15/2/2011 dà atto che l’Ing. Marfurt assiste alle procedure di gara "in qualità di consulente tecnico incaricato della predisposizione della documentazione tecnica utilizzata nella procedura di gara e di tutte le altre incombenze inerenti l’affidamento a terzi della gestione della rete metanifera". Ne deriva che, nonostante il riferimento nominalistico alla veste di consulente, il suddetto Ing. Marfurt ha partecipato continuativamente all’unica riunione della Commissione, non limitandosi a fornire un occasionale supporto tecnico eb externo ma verosimilmente (alla luce dello stabile affiancamento degli altri componenti) contribuendo in modo pieno ed organico alla formazione del processo decisionale ed alla conseguente assunzione delle determinazioni dell’organo collegiale. Il Consiglio di Stato (cfr. sez. V – 16/3/2011 n. 1628) in proposito ha richiamato il canone ermeneutico che impone di annettere rilevanza, in sede qualificatoria, al dato sostanziale a preferenza della veste formale, e di fatto l’Ing. Marfurt ha agito accanto agli altri membri della Commissione anche nell’adunanza riservata: per la sua peculiare condizione di aver prestato attività fondamentale nella fase di preparazione della gara il predetto soggetto si trovava in una situazione di incompatibilità, e non poteva essere membro di fatto (né "assistente" in via continuativa) della Commissione di gara (Consiglio di Stato, sez. V – 25/7/2011 n. 4450). Le regole poste dall’art. 84 del Codice dei contratti pubblici in ordine ai criteri di scelta dei componenti della Commissione ed alla composizione complessiva dell’organo collegiale, laddove impongono il ricorso a professionalità tecnicamente attrezzate, sarebbero tra l’altro con evidenza eluse se si consentisse l’attribuzione ad un soggetto esterno di compiti decisionali determinanti in sede di valutazione delle offerte tecniche, tali da esautorare la Commissione nell’espletamento di un compito di sua pertinenza.

4. Parte ricorrente deduce la violazione delle regole di svolgimento della gara stabilite nella lettera d’invito, poiché la Commissione non ha comunicato tempestivamente alle imprese partecipanti la conclusione dei lavori di valutazione delle offerte tecniche, adempimento preliminare alla lettura pubblica dei punteggi (par. 13 lettera d’invito – doc. 6 ricorrente): sostiene C.N. che il delegato della ricorrente non era presente alle ore 15, e non ha potuto assistere alla comunicazione delle attribuzioni numeriche.

La censura è priva di fondamento.

4.1 Se formalmente le imprese non sono state avvisate con la modalità stabilita dalla lex specialis, è anche vero che la Commissione – dopo la verifica dei plichi contrassegnati con la lettera B "documenti tecnici" – alla presenza dei rappresentanti delle imprese concorrenti (ore 11.30) ha fissato la successiva seduta pubblica (sia pur destinata all’apertura della busta C "offerta economica") convocandola per le ore 15. L’obbligo di pubblicità deve pertanto ritenersi soddisfatto, e l’assenza del delegato dell’impresa ricorrente non è nella sostanza imputabile ad un deficit informativo.

5. C.N. si duole dell’inosservanza dell’art. 84 del D. Lgs. 163/2006, dato che la Commissione è stata formalmente designata il 15/2/2011 – giorno successivo alla scadenza del termine di presentazione delle offerte – ma il 28/1/2011 il geom. Chiarentin aveva già trasmesso all’Ente l’autorizzazione a partecipare ai lavori rilasciata dal Comune di appartenenza; nella sostanza la prescrizione ex art. 84 comma 10 è stata violata, dato che il membro esterno è stato individuato ben prima della scadenza del termine di presentazione delle offerte.

Detta prospettazione non merita condivisione.

5.1 La stessa ricorrente riconosce che l’obbligo di legge è stato formalmente rispettato. Quanto alla manifestazione di consenso dell’interessato e all’autorizzazione dell’Ente di appartenenza – espresse in data anteriore – è opinione del Collegio che il Comune abbia semplicemente appurato la disponibilità dell’esperto, adempimento preliminare a qualsiasi decisione riguardante la sua cooptazione tra i componenti. In altri termini il nulla osta preventivo è un incombente necessario ma non sufficiente (né definitivo) per la nomina, e si limita ad abilitare il Comune a procedere all’individuazione del soggetto autorizzato: la nomina ha quindi correttamente avuto luogo dopo la scadenza del termine di presentazione delle offerte, con una scelta non scontata e che poteva risultare di segno diverso.

6. C.N. deduce la violazione dell’art. 84 del D. Lgs. 163/2006 sotto altro profilo, poiché non si è dato conto del rispetto delle norme per la selezione dei Commissari interni (si attesta la sola qualifica), e del membro esterno, per il quale occorreva certificare l’assenza in organico di professionalità adeguate (doc. 9).

La doglianza, nella parte riguardante l’esperto esterno, è fondata.

6.1 Come già evidenziato al punto 3.1 la disposizione invocata è stata esplicitamente recepita nella determinazione di nomina della Commissione e l’amministrazione si è vincolata alla sua osservanza, in disparte la questione della diretta applicazione alle fattispecie di concessione di pubblico servizio.

6.2 Nel merito, malgrado il provvedimento di nomina del 15/2/2011 dia conto dell’esperienza maturata dal soggetto prescelto (circostanza messa in luce nell’ordinanza cautelare), lo stesso non racchiude considerazioni (né risulta alcuna attività in tal senso) sul fatto che all’interno della stazione appaltante non sono state individuate professionalità adeguate ai compiti dell’organo ausiliario e neppure sulla necessità di rivolgersi al Consiglio dell’Ordine per chiedere un elenco di candidati con almeno 10 anni di anzianità, nel cui ambito scegliere il professionista membro dell’organo collegiale: (cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. IIter – 27/5/2011 n. 4810). L’assenza di elementi attestanti l’accertamento della carenza in organico di adeguate professionalità, e l’omessa menzione di oggettive e comprovate esigenze che giustifichino la nomina (quale figura tecnica appropriata) del geom. Chiarentin integrano la violazione dell’art. 84 comma 8 del D. Lgs. 163/2006 per difetto di motivazione (Consiglio di Stato, sez. V – 17/1/2011 n. 224).

L’attribuzione agli Ordini del compito di individuare, secondo criteri trasparenti imperniati sulla competenza, le rose di professionisti, appare coerente con le funzioni di tali soggetti, ispirandosi a canoni comunitari di trasparenza ed efficienza che regolano la materia dei contratti pubblici.

7. Infondata è infine la censura di cui alla lett. g) dell’esposizione in fatto, afferente al peso eccessivo riservato al canone. In proposito è sufficiente richiamare il proprio precedente del 28/8/2009 n. 1576: in tale pronuncia si è affermato che con l’art. 14 comma 6 del D. Lgs. 164/2000 il legislatore non ha inteso dare indicazioni dettagliate sul rilievo da attribuire ai singoli elementi che compongono le offerte – predeterminando il valore ponderale da attribuire, rispettivamente, all’elemento qualità e all’elemento prezzo – per cui l’Ente concedente dispone di ampi margini di apprezzamento nel bilanciare il peso dei parametri valutativi, con il solo limite della ragionevolezza delle scelte effettuate circa il dosaggio dei punteggi da assegnare alle singole voci che concorrono alla selezione della migliore proposta (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. III – 14/10/2005 n. 3793). A questo proposito, appare frutto di ragionevole esercizio di discrezionalità il consistente peso ponderale riconosciuto al "canone annuo di affidamento", che da un lato è giustificato dalla decisione dell’amministrazione di farsi integralmente carico dell’onere di rimborso spettante al gestore uscente ai sensi dell’art. 14 comma 8 del D. Lgs. (punto 12 del bando di gara), esonerando così i partecipanti dall’obbligo di sostenere il relativo costo economico, e dall’altro costituisce più in generale un elemento in grado di offrire alle imprese invitate al confronto comparativo un terreno di effettivo esercizio della propria competitività (sentenza T.A.R. Brescia – 5/4/2007 n. 361 confermata in appello da Consiglio di Stato, sez. V – 26/1/2009 n. 370).

8. In conclusione il gravame è fondato e deve essere accolto per i profili sopra precisati, con conseguente annullamento degli atti impugnati.

9. Deve essere viceversa respinta la domanda di dichiarazione d’inefficacia del contratto.

Già si è sottolineato al par. 1.4 che la violazione dell’obbligo di "stand still’ non ha di per sé precluso alla ricorrente di ottenere l’affidamento, e che pertanto non sussiste il presupposto per l’operatività dell’art. 121 comma 1 lett. c) del Codice del processo amministrativo. In questa sede occorre altresì dare conto dell’assenza del presupposto di cui all’art. 122 del Codice (inefficacia del contratto negli altri casi) poiché la norma consente al giudice amministrativo di dichiarare l’inefficacia del contratto "nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara…". Nella fattispecie, i vizi riscontrati (indebita partecipazione del consulente esterno Ing. Marfurt alle sedute della Commissione, omessa motivazione della nomina di un membro esterno all’Ente) sono tali da comportare – ove valorizzati – l’obbligo di rinnovare la gara (cfr. T.A.R. Basilicata – 6/4/2011 n. 162). Inoltre, fra i vari elementi che il giudice deve vagliare per pronunciarsi sulla domanda di inefficacia l’art. 122 contempla pure "l’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati" e "la possibilità di subentrare nel contratto", circostanze insussistenti nella specie come già evidenziato (cfr. par. 1.4).

10. La mancata applicazione dell’art. 121 comma 1 del Codice, in presenza della violazione del termine di c.d. "stand still’, determina in ogni caso – ai sensi del successivo comma 4 – l’applicazione delle sanzioni alternative di cui all’art. 123, come anche autonomamente confermato dal comma 3 del medesimo art. 123 (cfr. per l’enunciazione del principio T.A.R. Lazio Roma, sez. IIter – 11/4/2011 n. 3169; si veda poi T.A.R. Puglia Bari, sez. I – 10/3/2011 n. 409).

10.1 In proposito ritiene il Collegio che le disposizioni richiamate introducano un automatismo che assume un’impronta sanzionatoria. A sostegno di tale assunto si può evidenziare il tenore letterale dell’art. 121 comma 4, il quale statuisce che "Nei casi in cui, nonostante le violazioni, il contratto sia considerato efficace o l’inefficacia sia temporalmente limitata si applicano le sanzioni alternative di cui all’articolo 123"; a sua volta l’art. 123 comma 3 puntualizza che il giudice "… applica le sanzioni di cui al comma 1 anche qualora il contratto è stato stipulato senza rispettare il termine dilatorio stabilito per la stipulazione del contratto,… quando la violazione non abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento".

La natura sanzionatoria (e la conseguente applicabilità d’ufficio) di tali misure è altresì desumibile dai considerando n. 18 e n. 19 della direttiva 2007/66/CE: il primo statuisce che "per impedire violazioni gravi del termine sospensivo obbligatorio e della sospensione automatica, che sono presupposti essenziali per ricorsi efficaci, si dovrebbero applicare sanzioni effettive. Gli appalti conclusi in violazione del termine sospensivo e della sospensione automatica dovrebbero pertanto essere considerati in linea di principio privi di effetti…", mentre il secondo dispone che "In caso di altre violazioni di requisiti formali, gli Stati membri potrebbero considerare inadeguato il principio della privazione di effetti. In questi casi gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di prevedere sanzioni alternative".

10.2 L’applicazione delle predette sanzioni deve avvenire secondo quanto disposto dagli artt. 121 comma 4 e 123. In base a questi ultimi quando, nonostante le violazioni, il contratto sia considerato efficace il giudice dispone (in via alternativa o cumulativa) il pagamento di una sanzione pecuniaria da versare al bilancio dello Stato di importo compreso tra lo 0,5% ed il 5% del valore del contratto e/o la riduzione della durata del medesimo (da un minimo del 10% al massimo del 50% della durata residua). Le misura devono essere determinate "in modo che siano effettive, dissuasive, proporzionate al valore del contratto, alla gravità della condotta della stazione appaltante e all’opera svolta dalla stazione appaltante per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione" (art. 123 comma 2).

Alla luce della posizione espressa dalla Società ricorrente – che ha comunque chiesto di dichiarare l’inefficacia del contratto e dunque ha manifestato l’interesse a concorrere ad un nuovo confronto comparativo – e della congrua estensione temporale della concessione (12 anni), il Tribunale ritiene di proporre la riduzione della durata del contratto nella misura massima indicata dall’art. 123 primo comma – lett. b) del Codice, ossia il 50% (cinquanta per cento) del periodo residuo alla data di pubblicazione del dispositivo. Non si ritiene viceversa di irrogare anche la sanzione pecuniaria – di natura prettamente afflittiva – alla luce degli eventi pregressi evocati dal Comune, caratterizzati da una prolungata gestione in via di fatto del servizio, che da numerosi anni impedisce l’affidamento a condizioni economiche decisamente appetibili per l’Ente concedente: detta circostanza attenua il disvalore dell’illegittima condotta del Comune.

10.3 Il giudice amministrativo applica in concreto le sanzioni "assicurando il rispetto del principio del contraddittorio" ed applicando l’art. 73 comma 3 del Codice. L’adattamento di dette previsioni alla fattispecie impone al giudice di indicare – prima di adottare la decisione definitiva – la misura alternativa che ritiene applicabile, invitando tutte le parti ad esprimere le proprie posizioni sulla proposta. In buona sostanza sul tipo e sulla misura della sanzione che il Collegio ritiene congrua (già indicata al paragrafo precedente, ossia il 50% della durata contrattuale) le parti possono interloquire nel termine di 45 giorni dalla data di deposito di questa sentenza, e per la statuizione definitiva il Collegio rinvia ad ulteriore udienza pubblica da tenersi nella data fissata nel dispositivo.

11. Deve a questo punto essere esaminata la domanda risarcitoria, ed in particolare la richiesta di riparazione per equivalente nella misura del 10% dell’importo complessivo del contratto, tenuto conto del numero dei partecipanti alla gara pari a 5 (cfr. memoria di replica ricorrente, che quantifica il danno in Euro 64.272,95 calcolandolo sul VRD). In linea generale, al fine di ottenere il risarcimento per perdita di "chance" è necessario che il danneggiato dimostri, anche in via presuntiva, la ragionevole probabilità della verificazione del danno e provi, conseguentemente, la realizzazione in concreto almeno di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita, della quale il danno risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta.

11.1 Il profilo dell’accertamento della sussistenza della colpa ha perso consistenza alla luce della sentenza della Corte di Giustizia CE, sez. III – 30/9/2010 (causa C314/2009), già richiamata dalla Sezione nella propria pronuncia 4/11/2010 n. 4552 ed applicata di recente dal Consiglio di Stato, sez. V – 2/11/2011 n. 5837.

Nel caso esaminato è poi indubbia la sussistenza del nesso di causalità tra l’evento dannoso – consistente nella perdita della possibilità di aggiudicarsi l’appalto all’esito di una procedura "secundum legem" – e la condotta della stazione appaltante.

Le violazioni formali in cui il Comune è incorso permettono di integrare altresì il requisito dell’ingiustizia del danno, poiché è stata lesa l’aspettativa di ogni concorrente al rispetto dei principi di imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa.

11.2 Per quanto riguarda il quantum del risarcimento, quando il ricorrente allega solo la perdita di una "chance" a sostegno della pretesa risarcitoria (e cioè quando non riesce a provare che l’aggiudicazione dell’appalto spettava proprio a lui, secondo le regole di gara), la somma commisurata all’utile d’impresa conseguibile in caso di vittoria deve essere proporzionalmente ridotta in ragione delle concrete possibilità di vittoria risultanti dagli atti della procedura.

Sul presupposto che ciascuna impresa concorrente ha le stesse possibilità di aggiudicarsi la gara, la perdita della "chance" viene ordinariamente quantificata dividendo l’utile dell’impresa (stimato nella misura del 10% dell’importo dei lavori) per il numero di imprese partecipanti alla gara (Consiglio di Stato, sez. V – 28/1/2009 n. 491). Detto principio va raccordato con quello per il quale, in materia di illegittima aggiudicazione di una gara o di un concorso pubblici – allorché sia domandato il risarcimento del danno in relazione alla perdita di "chance" – la lesione della possibilità concreta di ottenere un risultato favorevole presuppone che sussista una consistente probabilità di successo, poiché diversamente diventerebbero risarcibili anche mere possibilità di successo, statisticamente non significative (T.A.R. Liguria, sez. II – 11/4/2008 n. 549). In altri casi si è statuito che il pregiudizio è ristorabile ogni qualvolta la possibilità di vittoria sia seria, anche se non necessariamente superiore al 50% (Consiglio di Stato, sez. VI – 15/6/2009 n. 3829).

11.3 Nella specie in definitiva il danno da perdita di chance può essere liquidato solo in via equitativa, avuto riguardo al grado di probabilità che la società ricorrente avrebbe avuto di aggiudicarsi la gara (chance di vittoria) ove la stessa fosse stata correttamente espletata, secondo il criterio civilistico che determina il danno da perdita di occasione favorevole in via equitativa in ragione della maggiore o minore probabilità dell’occasione perduta.

11.4 Ciò premesso, nessuna certezza può aversi in ordine all’esito che avrebbe avuto la gara qualora la Commissione fosse stata composta in modo legittimo: nella consapevolezza che la determinazione giurisdizionale sfugge in questi casi a canoni valutativi rigidi, si può prendere come base di partenza un importo corrispondente a quello evocato dalla ricorrente – pari al 10% del VRD – da diminuire sia in ragione del numero delle imprese partecipanti sia alla luce della non significativa probabilità di vittoria correlata all’esito della gara (seppur viziata e tuttavia condotta a termine).

Al fine di operare tale riduzione vanno infatti valorizzati tutti gli indici significativi delle potenzialità di successo della parte ricorrente, quali appunto il numero di concorrenti e la configurazione della graduatoria stilata: il divario rispetto alla prima classificata (oltre 38 punti) e la collocazione in graduatoria (4 posto) inducono il Collegio ad apportare un’ulteriore decurtazione sulla cifra, che tenga conto di entrambi i predetti elementi. In buona sostanza l’ammontare di 64.272 Euro deve essere diminuito del 50% in ragione del piazzamento (4° posto su 5) e di un ulteriore 50% per il sensibile distacco dalla prima classificata, per cui la somma spettante in via equitativa risulta congruamente fissata in 16.000 Euro.

Si deve invece escludere il ristoro di altri voci quale il danno curriculare, nel caso di specie così ipotetico (alla luce del piazzamento) da sfuggire anche alla logica della perdita di "chance".

11.4 La somma sopra indicata, trattandosi di debito di valore, va incrementata con la rivalutazione monetaria dal giorno in cui è stato stipulato il contratto con l’impresa illegittima aggiudicataria, sino alla pubblicazione della presente sentenza (a decorrere da tale momento, in conseguenza della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta). Spettano, inoltre, gli interessi nella misura legale dalla data di pubblicazione delle presente decisione fino al soddisfo effettivo (cfr. Consiglio di Stato, sez. V – 26/1/2011 n. 550; T.A.R. Puglia Bari, sez. I – 14/9/2010 n. 3458).

Spese al definitivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe:

– accoglie la domanda caducatoria e, per l’effetto, annulla il provvedimento di aggiudicazione definitiva e gli altri atti presupposti impugnati.

– respinge la domanda di dichiarazione d’inefficacia del contratto stipulato con la controinteressata.

– accoglie la domanda di risarcimento del danno per perdita di chance per l’importo fissato in narrativa.

– dà impulso al procedimento di applicazione della sanzione alternativa e formula la proposta di riduzione della durata contrattuale nella misura indicata in narrativa.

Spese al definitivo.

Rinvia la prosecuzione della causa all’udienza pubblica del 14 marzo 2012.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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