Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 18-10-2011) 28-10-2011, n. 39188

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 16.5.2005, il Tribunale di Taranto, sezione distaccata di Vinosa, dichiarò C.M. responsabile dei reati di ricettazione e sostituzione di persona unificati sotto il vincolo della continuazione e – ritenuta l’ipotesi lieve della ricettazione – lo condannò alla pena di mesi 4 di reclusione ed Euro 200,00 di multa.

Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame ma la Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto con sentenza in data 15.10.2009, confermò la decisione di primo grado.

Ricorre per Cassazione l’imputato deducendo violazione della legge processuale e vizio di motivazione in quanto la Corte territoriale si sarebbe limitata a richiamare le argomentazioni del giudice di primo grado.

Con altro ricorso deduce vizio di motivazione in quanto non sarebbe giunta ad una comprensione critica delle prove.

Motivi della decisione

Il primo ricorso è manifestamente infondato.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di sentenza penale di appello, non sussiste mancanza o vizio della motivazione allorquando i giudici di secondo grado, in conseguenza della completezza e della correttezza dell’indagine svolta in primo grado, nonchè della corrispondente motivazione, seguano le grandi linee del discorso del primo giudice. Ed invero, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione. (Cass. pen., Sez. 3A, sent. 4700 14.2.1994 dep. 23.4.1994 rv 197497).

Il secondo ricorso è del tutto generico, dal momento che non svolge alcuna critica specifica alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata.

I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *