Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 18-10-2011) 28-10-2011, n. 39184

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 15.4.2008, il Tribunale di Genova dichiarò E. M.A. responsabile del reato di cui all’art. 707 c.p., commesso il (OMISSIS) e lo condannò alla pena di mesi 6 di arresto.

Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame ma la Corte d’appello di Genova, con sentenza in data 12.10.2010, confermò la decisione di primo grado.

Ricorre per Cassazione l’imputato deducendo:

1. violazione di legge in quanto il reato di cui all’art. 707 c.p. presuppone una precedente condanna per delitti determinati da motivi di lucro o per contravvenzioni concernenti la prevenzione di delitti contro il patrimonio, mentre l’imputato riportò da minorenne una condanna in materia di stupefacenti; la Corte territoriale ha ritenuto che si tratti di reato determinato da motivi di lucro, ma la disposizione di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 sarebbe posta tutela della salute;

2. Intervenuta prescrizione del reato alla data del (OMISSIS).

Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

La Corte territoriale ha rigettato il relativo motivo d’appello sull’assunto che il reato in materia di stupefacenti per il quale l’imputato aveva riportato condanna fosse stato determinato da motivi di lucro.

Il motivo di lucro è presupposto richiamato dall’art. 707 c.p. in relazione alle precedenti condanne.

In conseguenza della inammissibilità per manifesta infondatezza del primo motivo di ricorso, il secondo motivo di ricorso è proposto al di fuori dei casi consentiti.

Infatti è inammissibile il ricorso per Cassazione proposto unicamente per far valere la prescrizione maturata dopo la decisione impugnata e prima della sua presentazione, privo di qualsiasi doglianza relativa alla medesima, in quanto viola il criterio della specificità dei motivi enunciato nell’art. 581 c.p.p., lett. c) ed esula dai casi in relazione ai quali può essere proposto a norma dell’art. 606 c.p.p.. (Cass. Sez. Un. sent. n. 33542 del 27.6.2001 dep. 11.9.2001 rv 219531).

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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