Cass. civ. Sez. II, Sent., 30-04-2012, n. 6637 Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

m.p., con atto di citazione del 21-22/febbraio 1995 conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Treviso, G. G. e gli eredi di M.A.: la vedeva Ma.

P. e i figli F., Fr. e D., esponendo che G. e M.A. con separati atti notarili, avevano acquistato da C.L. alcuni terreni siti nel comune di (OMISSIS) e che detti immobili, come da scrittura privata del 11 marzo 1987, erano divenuti anche di sua proprietà per la quota di un terzo.

Avendo chiesto di ottenere in via bonaria il trasferimento della propria quota, mentre G. si era dichiarato disponibile al trasferimento, gli eredi di M. si erano rifiutati, chiedeva, pertanto, di essere dichiarato proprietario per quota indivisa di un terzo degli immobili suddetti o in via subordinata ai sensi dell’art. 1932 cod. civ. venisse emessa sentenza costitutiva di trasferimento.

Si costituiva in giudizio Geremia aderendo alla domanda dell’attore.

Si costituiva Ma.Pa. in proprio e in rappresentanza dei tre figli minori deducendo di non essere a conoscenza di quanto dedotto dall’attore ed evidenziava la necessità di accertamenti istruttori circa l’autenticità del documento sia in relazione al suo contenuto e sia al rapporto sostanziale.

Il Tribunale di Treviso con sentenza pronunciata il 3 agosto 2001 e il 3 maggio 2002 rigettava le domande proposte da m.p. e lo condannava al pagamento delle spese di causa.

Avverso questa sentenza interponeva appello m.p. chiedendo che in riforma della impugnata sentenza, venisse dichiarata l’autenticità della sottoscrizione M.A. apposta in calce alla scrittura del 11.3.1987 e venisse dichiarato che l’appellante fosse proprietario per la quota di un terzo del terreno sito in (OMISSIS) o, in via subordinata, venisse emessa sentenza costitutiva ex art. 1932 cod. civ. di trasferimento di proprietà di 1/3 di terreno a suo favore.

Si costituiva Ma.Pa. in proprio e quale rappresentante dei tre figli minori eccepiva l’inammissibilità dell’appello perchè l’appello le era stato notificato a lei quale rappresentante di tutte e tre i figli mentre il figlio F. nelle more fosse diventato maggiorenne. Nel merito contestava la fondatezza dei motivi di appello e ne chiedeva il rigetto.

La Corte di Appello di Venezia accoglieva l’appello e dichiarava che m.p. aveva acquistato da G.G. e M.A. in forza della scrittura privata per la quota indivisa da un terzo la proprietà del terreno sito a (OMISSIS). A sostegno di questa decisione la Corte veneziana osservava:

a) Dal contesto della scrittura privata dell’11 marzo 1987 emergeva abbastanza chiaramente sia pure con espressioni non giuridicamente e tecnicamente perfette che l’appellante avesse versato agli intestatari del terreno, individuato per relationem con il richiamo ai due atti di compravendita stipulati con il C., un terzo del prezzo stabilito nei due contratti e quindi L. 10.267.000;

2) ed anche un terzo delle spese sostenute per due contratti;

3) che a seguito di tale versamento il predetto fosse divenuto proprietario dell’immobile per la quota di un terzo.

Sulla scorta dei criteri ermeneutici dettati dall’art. 1362 c.c. e segg. i quali per accertare il significato di un contratto impongono di ricercare la comune volontà dei contraenti principalmente dal senso letterale delle parole appare sufficientemente manifestata in tal modo dal G. e dal M. la volontà di procedere al trasferimento di proprietà della quota indivisa di un terzo del terreno in favore del m. in cambio del pagamento da parte di questi del relativo prezzo da costoro corrisposto al C. ed anche dal m. la volontà di acquistare la quota del bene stesso.

La cassazione della sentenza della Corte di Venezia è stata chiesta da Ma.Pa., M.D., F. e Fr. con atto di ricorso affidato a tre motivi. m.p. ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1 .= Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 300, 328, 286, 331, e 164 c.p.c. e art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Avrebbe errato la Corte veneziana, secondo i ricorrenti, nell’aver ritenuto che il vizio attinente all’individuazione della parte nei cui confronti il potere impugnatorio debba essere esercitato non importasse l’inammissibilità dell’appello avendo provveduto l’appellante a notificare autonomamente pur in assenza di qualsivoglia ordine di integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c. al M. F. un atto di riassunzione per l’udienza successiva alla prima. Epperò, ritengono i ricorrenti una siffatta determinazione è contraria ai principi del diritto e all’orientamento della Suprema Corte a Sezione Unite di cui alla sentenza n. 15783 del 2005. Alla luce dei principi evidenziati dalla Suprema Corte se la notifica dell’atto di appello al genitore legale rappresentante risalga a quando il figlio è già divenuto maggiorenne debba ritenersi che non sia mai avvenuta la vocatio in ius di quest’ultimo in relazione al giudizio di gravame. Nè ritengono ancora i ricorrenti, la successiva notifica effettuata nel corso dell’appello e richiamata dalla stessa Corte veneziana era in grado di sanare con efficacia ex tunc il vizio della impugnazione perchè non vi era stato un ordine del giudice in tal senso e l’appellante si era limitato a notificare un atto di citazione in riassunzione d’appello ove il sig. M.F. non veniva individuato quale parte nei cui confronti il potere impugnatorio doveva essere esercitato.

In ragione di queste osservazioni, i ricorrenti formulano il seguente quesito di diritto. Se in caso di raggiungimento della maggiore età da parte del soggetto costituito in giudizio a mezzo del genitore legale rappresentante verificatosi nel corso del giudizio di primo grado, non dichiarato nè notificato, il legittimato a ricevere gli atti del giudizio di impugnazione sia il soggetto diventato maggiorenne e non il genitore, ai sensi degli artt 300, 328, 286 c.p.c..

Se, la relazione ad un processo già pendente alla data del 30 aprile 1995 cui non si applica la disciplina di cui alla L. n. 353 del 1990 in presenza di un vizio che attiene all’individuazione della parte nei cui confronti il potere impugnatorio deve essere esercitato stante il raggiungimento della maggiore età di un soggetto nel corso del processo di primo grado, e quindi in presenza di un vizio che attiene alla vocatio in ius, non sia applicabile l’attuale testo dell’art. 164 c.p.c., che predispone uno strumento per sanare con efficacia ex tunc il vizio della citazione e dell’impugnazione. Se per farsi luogo all’integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c. fosse necessario l’ordine del giudice e la vocatio in ius del litisconsorte necessario quale parte originaria nei cui confronti pure il potere impugnatorio doveva essere esercitato.

1.1.= Il motivo è infondato e non può essere accolto perchè il vizio cui era affetta la notifica dell’atto di appello a F. M. è stato sanato dalla successiva e regolare notifica dell’atto di cui si dice, per iniziativa della stessa parte appellante.

1.1.a) Come insegna questa Corte (sent. Cass sez. un. n. 15783 del 2005) "Qualora uno degli eventi idonei a determinare l’interruzione del processo (nella specie, il raggiungimento della maggiore età da parte di minore costituitosi in giudizio a mezzo dei suoi legali rappresentanti) si verifichi nel corso del giudizio di primo grado, prima della chiusura della discussione (ovvero prima della scadenza dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, ai sensi del nuovo testo dell’art. 190 cod. proc. civ.), e tale evento non venga dichiarato nè notificato dal procuratore della parte cui esso si riferisce a norma dell’art. 300 cod. proc. civ., il giudizio di impugnazione deve essere comunque instaurato da e contro i soggetti effettivamente legittimati e ciò alla luce dell’art. 328 cod. proc. civ., dal quale si desume la volontà del legislatore di adeguare il processo di impugnazione alle variazioni intervenute nelle posizioni delle parti, sia ai fini della notifica della sentenza che dell’impugnazione, con piena parificazione, a tali effetti, tra l’evento verificatosi dopo la sentenza e quello intervenuto durante la fase attiva del giudizio e non dichiarato nè notificato". 1.1.a.1).= Pertanto, nel caso specifico, era inammissibile l’impugnazione proposta da m.p. nei confronti del genitore del minore M.F., considerato che il minore aveva raggiunto la maggiore età nel corso precedente del giudizio, benchè l’evento non sia stato dichiarato nè notificato, atteso che lo stato di incapacità per minore età è per sua natura temporaneo ed il raggiungimento della maggiore età, costituendo un evento prevedibile nell’an e nel quando, è sottratto a forme di pubblicità, ed esclude la possibilità di sanatoria dell’eventuale errore incolpevole nell’individuazione del soggetto nei cui confronti il potere di impugnazione deve essere esercitato.

1.1.b).= Tuttavia, nel caso in esame, come pure ha evidenziato la Corte veneziana – la mancata notifica dell’atto di appello ad una delle parti costituite nel giudizio di primo grado, più che determinare l’invalidità, l’inefficacia, o la nullità dell’atto di appello, determinava la necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti del figlio divenuto maggiorenne, considerato che era stato convenuto in primo grado quale coerede di M.A. e, quindi, quale litisconsorte necessario in causa inscindibile. E’ pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che la notifica dell’impugnazione relativa a cause inscindibili eseguita nei confronti di uno solo dei litisconsorti nei termini di legge, introduce validamente il giudizio di gravame, anche nei confronti di tutte le altre parti, ancorchè l’atto di impugnazione sia stato, a queste, tardivamente notificato. In tal caso l’atto tardivo riveste la funzione ed assume il carattere di notificazione per integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c. (ex multis Cass. sent. N. 1512 del 2003).

1.1.b.1).= Nel caso in esame, pertanto, la Corte veneziana avrebbe dovuto disporre l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., ordinando il rinnovo della notifica dell’appello alla parte nei cui confronti la precedente notifica era stata irritualmente eseguita.

Tuttavia, l’integrazione del contraddittorio, comunque, necessaria, effettuata volontariamente dal ricorrente, con ricorso notificato a M.F., quale erede di M.A., ancor prima, o in assenza, del provvedimento del giudice, deve ritenersi pienamente legittimo perchè assolve alla medesima funzione ove effettuato in conseguenza dell’ordine del giudice.

1.1.c).= A sua volta, l’atto d’integrazione del contraddittorio costituisce la riproposizione dell’impugnazione nei confronti dei soggetti originariamente pretermessi mediante la notifica agli stessi dell’atto di impugnazione originario. Tuttavia, l’art. 331 cod. civ., non impone formule predeterminate circa il contenuto dell’atto d’integrazione del contraddittorio, essendo sufficiente ai fini della sua validità, l’esposizione dei fatti di causa e delle doglianze mosse con l’atto di impugnazione, cioè atti che siano idonei al raggiungimento dello scopo di porre il destinatario al corrente dei termini dell’impugnazione e di difendersi costituendosi per l’udienza stabilita. Pertanto, considerato che l’atto notificato a M. F. conteneva l’atto di appello originariamente notificato (come sembra afferma la stessa Corte di merito) e la vocatio in ius assumendo le medesime conclusioni già esposte nella citazione dell’appello precedentemente ed erroneamente notificato (come si evince dalla lettura di quella parte dell’atto di cui si dice trascritto dall’attuale resistente, nel controricorso), era idoneo a raggiungere lo scopo cui era destinato. Nè è pensabile che l’erronea dicitura "atto di citazione in riassunzione d’appello" potesse rendere nullo l’atto per inosservanza della forma, considerato che ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 1, quel vizio di forma non impediva che l’atto raggiungesse lo scopo cui fosse destinato.

2.= Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano l’omessa motivazione su di un fatto controverso e decisivo e la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Avrebbe errato la Corte di Venezia nell’aver ritenuto accertata e riconosciuta dal Giudice di primo grado l’autenticità della sottoscrizione opposta da M.A. in calce alla scrittura privata dell’11 marzo 1987 e, comunque, le risultanze della consulenza tecnica grafologica, quanto all’autografia della sottoscrizione e ad un tempo nell’aver ritenuto che le risultanze della consulenza tecnica non fossero state contestate dagli eredi del M., nemmeno in fase di appello, perchè avrebbe omesso di prendere in considerazione fatti decisivi per il giudizio. Piuttosto, specificano i ricorrenti, a) sin dall’atto di costituzione del giudizio di primo grado, essi, avrebbero disconosciuto la scrittura dell’11 marzo 1987 sia nel contenuto che nella sottoscrizione del de cuius M.A., denunciandola come apocrifa; b) che il CTU aveva evidenziato l’esistenza di elementi che inficiavano la riferibilità della sottoscrizione al sig. M. all’epoca indicata dalla scrittura; c) che il giudice di primo grado, mai avrebbe accertato l’autenticità della scrittura, considerato che ha rigettato le domande attoree, specificando nella parte motiva che la questione dell’autenticità o meno della sottoscrizione rimaneva assorbita dal previo esame di altri aspetti formali e contenutistici del documento, che ne escludevano la sua validità. Risulta di tutta evidenza, dunque, ritengono i ricorrenti che la Corte di Appello nell’omettere in toto di prendere in considerazione i predetti fatti e omettendo del tutto di svolgere un’adeguata motivazione sugli stessi, sia incorsa nel vizio di violazione delle norme degli artt. 115 e 116 c.p.c., ed omissione di motivazione.

2.1 .= Il motivo è fondato e va accolto perchè la Corte veneziana non ha tenuto conto che il Tribunale di Treviso aveva ritenuto superflue le eccezioni in ordine all’autenticità della scrittura private e della stessa sottoscrizione di M.A. perchè, comunque, quella scrittura non poteva considerarsi | un contratto di trasferimento di proprietà per mancanza di elementi essenziali.

Sicchè i M. in qualità di convenuti in appello, interposto da m., vittoriosi in primo grado, non avevano necessità di proporre appello incidentale in ordine alle eccezioni proposte e non esaminate, o respinte, dal primo Giudice, ma erano soltanto tenuti – così come hanno fatto – a riproporle nel nuovo giudizio in modo chiaro e preciso, tale da manifestare in forma non equivoca la volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo, ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ..

2.1.a).= La Corte veneziana, a ben vedere, non ha tenuto conto dell’orientamento che questa Corte ha costantemente espresso e cioè che: la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, difettando l’interesse al riguardo, non ha l’onere di proporre, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, appello incidentale per richiamare in discussione "le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado", da intendersi come quelle che risultino superate o non esaminate perchè assorbite o anche quelle esplicitamente respinte qualora l’eccezione mirava a paralizzare una domanda, comunque, respinta per altre ragioni, ma è soltanto tenuta a riproporle espressamente nel giudizio di appello in modo tale da manifestare la sua volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo, ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ.". (ex multis Cass. n. 24021 del 2010).

2.1.b) Pertanto, avendo gli attuali ricorrenti riproposto in appello le eccezioni di cui si dice laddove – come ha evidenziato lo stesso controricorrente nella parte espositiva del controricorso, chiarivano che la pretesa dell’appellante di ritenere valida la scrittura privata dell’11.3.1987 in forza del dettato dell’art. 1424 c.c. era del tutto inammissibile tanto più che gli eredi avevano disconosciuto l’autenticità della scrittura medesima e della sottoscrizione del de cuius M.A. e nel giudizio di primo grado non ne erano state provate l’autenticità (…), la Corte veneziana avrebbe dovuto riesaminare l’eccezione in ordine alla autenticità della scrittura privata e della sua sottoscrizione da parte di M.A., prima ancor di esaminarne il contenuto di quella scrittura e/o, comunque, di esaminarla nel caso in cui – come è avvenuto – ritenesse che la scrittura privata più volte richiamata, esprimesse un contenuto sfavorevole agli appellati (i M.) e cioè un contenuto diverso da quello accertato e dichiarato dal Giudice di primo grado.

3.= Col il terzo motivo i ricorrenti lamentano la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, art. 1362 c.c. e art. 1363 c.c. e segg. artt. 1470, 1322, 1350, 1324, 1334, 1988, 2720 e 922 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Avrebbe errato la Corte veneziana, secondo i ricorrenti, nell’aver ritenuto che la scrittura dell’11 marzo 1987 integrasse un atto di compravendita con il quale il G.G. e M.A. avrebbero trasferito all’appellante la proprietà di un terzo dei terreni dagli stessi precedentemente acquistati nel 1981 da C.L. ricevendo come corrispettivo dall’acquirente un terzo del prezzo dagli stessi già versato al venditore, perchè non avrebbe considerato le espressioni usate dai contraenti, l’effettivo contenuto della scrittura, i comportamenti tenuti dalle parti prima e dopo la conclusione del contratto. Piuttosto la Corte veneziana, secondo i ricorrenti, sarebbe incorsa nella violazione delle regole di interpretazione contrattuale ed in particolare degli artt. 1362 e 1363 cod. civ. Evidenziano i ricorrente che in detta scrittura non compare alcun riferimento agli atti notarili di compravendita del 19 gennaio 1981 e del 26 giugno 1981 nè ad un prezzo di L. 10.267.000 e/o di L. 30.800.000 da dividere per tre – dati questi assunti dalla Corte di Appello come dati certi sulla cui base qualificare la scrittura de qua compravendita". E’ certo che le espressioni adoperate, sia considerate singolarmente, che nel contesto complessivo in cui sono inserite, non individuano alcuna funzione economico-sociale di trasferimento della proprietà, nè individuano un’assunzione dell’obbligo di riprodurre in forma pubblica il consenso, limitandosi, invece, a dare atto dell’esistenza di un diritto per la quota di 1/3 in capo al sig. m. senza riferimento alcuno alle modalità di acquisto di detto diritto nonostante i modi di acquisto della proprietà siano tipici e tassativamente previsti dall’art. 922 cod. civ. Insomma, ritengono i ricorrenti, la Corte veneziana aveva di fronte una scrittura, dal cui contenuto non sarebbe desumibile alcun effetto traslativo in cui non è manifestata alcuna funzione economico sociale di trasferimento e tanto meno alcun obbligo dei sottoscrittori di adeguare il proprio comportamento al contenuto dell’atto.

3.1.= Il motivo rimane assorbito dal secondo motivo del ricorso, dovendo ritenere che la questione in ordine all’autenticità della scrittura privata dell’11.3.1987 e della sua sottoscrizione da parte di M.A. è pregiudiziale rispetto alla ricostruzione del contenuto di quella scrittura e che, per quanto si è detto, dovrà essere esaminata in via preliminare.

In definitiva, va accolto il secondo motivo del ricorso dichiarato assorbito il terzo, rigettato il primo La sentenza impugnata va, pertanto, annullata in relazione alle ragioni di cui in motivazione e la causa, di conseguenza, rimessa per nuovo esame ad altro giudice del merito di secondo grado che si indica in altra sezione della Corte di appello di Venezia cui è anche demandato, ex art. 385 c.p.c., di provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo del ricorso, accoglie il secondo e dichiara assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione alle ragioni di cui in motivazione e rinvia il processo ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia, alla quale è rimesso, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., il regolamento delle spese anche per il presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2012

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