Cass. civ. Sez. II, Sent., 30-04-2012, n. 6636

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società Dalma snc, già Canol 2001 snc. con atto di citazione del 2 ottobre 2006 proponeva appello avverso le sentenze n. 540 del 2002 e 637 del 2005 (la prima parziale e la seconda definitiva) con le quali il Tribunale di Trento l’aveva condannata al pagamento in favore della società Graziadei Surgelati srl. dell’importo di Euro 110.263,50 a titolo di risarcimento danni per lucro cessante oltre Euro 87.475,00 a titolo di minor valore dei beni in relazione alla fornitura di un complesso macchinario volto alla laminazione ed arrotolamento di pasta sfoglia. Le decisioni venivano censurate innanzitutto per aver ritenuto che il contratto stipulato tra le parti dovesse essere valutato quale contratto di appalto e non di vendita. Tra le parti erano stati stipulati due contratti e solo il secondo poteva semmai qualificarsi quale appalto (quello afferente all’impianto di arrotolamento) mentre l’impianto di laminazione costituiva produzione tipica della società appellante. La sentenza veniva poi censurata per aver posto alla base della decisione le conclusioni dell’accertamento tecnico preventivo che però aveva completamente esorbitato dai limiti propri determinando le cause delle pretese insufficienze dell’impianto fornito. La quantificazione del danno poi si basava solo sulla sola deposizione del teste C. che non solo non aveva riferito la verità ma, aveva sostanzialmente determinato in modo autonomo ed apodittico i danni asseritamente subiti dall’impresa.

Si costituiva in giudizio la società Graziadei Surgelati srl, osservando, tra l’altro, che la qualificazione giuridica del rapporto fosse del tutto corretta in quanto l’impianto era stato realizzato in relazione alle specifiche esigenza dell’impresa e non costituiva un macchinario prodotto dalla Canol 2001.

Come correttamente osservato dal primo giudice in ogni caso la denuncia dei vizi doveva considerarsi tempestiva anche se si fosse trattato di una vendita.

La Corte di Appello di Trento con sentenza n. 159 del 2007 in parziale modifica della sentenza impugnata condannava la Dalma snc. A pagare alla Graziadei Surgelati srl. la somma di Euro 23.113,36 con gli interessi e rivalutazioni come determinati dalla sentenza n. 637 del 2005 fermo l’obbligo di restituzione dei materiali di cui alla perizia ing. V. del valore di L. 28.460.000 pari ad Euro 14.698,36. Confermava la condanna di cui alla sentenza n. 540 del 2002. A sostegno di questa decisione la Corte trentina osservava:

a) I contratti posti in essere dalle parti integravano gli estremi di un contratto di appalto unitario ancorchè frazionata sia risultata la consegna, considerato che l’opera del committente non era solo quella di mera fornitura ma di realizzazione di un impianto originale con la collocazione in linea di una serie di macchine tutte unitariamente destinate alla produzione di rotoli di pasta, b) l’eccezione di prescrizione non aveva pregio perchè la denuncia era avvenuta pochissimi giorni dopo la fornitura e, comunque, entro un anno dalla consegna dell’impianto di laminazione; c) ad avviso della Corte la censura relativo all’accertamento tecnico preventivo erano priva di ogni fondamento, considerato che l’accertamento tecnico preventivo ha permesso di provare nel modo più convincente l’incapacità dell’impianto di realizzare il prodotto secondo quanto contrattualmente stabilito, d) la sentenza di primo grado andava modificata in relazione alla determinazione del minor valore del macchinario e corretta laddove la sentenza aveva confuso gli importi in L. con quelli in Euro.

La cassazione della sentenza della Corte di Appello di Trento è stata chiesta da Dalma snc. Con ricorso affidato a cinque motivi, illustrati con memoria.

Graziadei Surgelati srl ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1 .= Con il primo motivo la società Dalma snc. Lamenta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in reflazione alla qualificazione giuridica dei due contratti intercorsi, in successione temporanea, tra le parti ex art. 360 c.p.c., n. 3. Avrebbe errato la Corte di Trento, secondo la ricorrente, nell’aver qualificato i due contratti (uno di fornitura di un impianto di laminazione l’altro di una fornitura di un impianto di arrotolamento) quali contratti di appalto avendo ritenuto che, per stabilire la prevalenza di un dare rispetto all’opus, bisognava far riferimento, non tanto alla differenza quantitativa o qualitativa del materiale che veniva scambiato, ma all’intenzione e alla volontà delle parti. Epperò, specifica la ricorrente, altro orientamento giurisprudenziale ritiene che la prevalenza del lavoro sulla materia costituisce criterio fondamentale per distinguere un contratto di vendita da un contratto di appalto, mentre il riferimento alla comune intenzione delle parti rappresenterebbe un criterio suppletivo. Tuttavia, se è vero: a) che nell’ipotesi in esame, la macchina per laminazione ha una propria autonomia funzionale ed è completa per la sua produzione di laminazione della pasta, indipendentemente dall’intenzione d ottenere o meno una successiva lavorazione della pasta in rotoli, dato che la pasta laminata viene venduta regolarmente in pani di diverse grandezze; b) che solo, successivamente, la società Graziadei ha commissionato un’autonoma fornitura di impianto produttore di rotoli, la prima da 4 Kg. e poi atteso che il mercato non rispondeva, da 2,5 Kg.. appare ragionevole ritenere, secondo la ricorrente, che si tratta di due autonomi e distinti anche temporalmente contratti di vendita, sia che si applichi il criterio della prevalenza o meno del lavoro sulla materia, perchè in entrambi i casi la materia sarebbe prevalente sul lavoro di montaggio) sia che venga applicativo il diverso criterio e cioè il criterio della volontà delle parti (adottato dalla Corte trentina). La ricorrente conclude formulando il seguente quesito di diritto: si chiede come criterio generale quale sia l’orientamento della Corte in ordine ai criteri applicativi sulla prevalenza qualitativa dei due contratti di vendita e di appalto, poichè esistono decisioni opposte e non sono state rinvenute decisioni delle Sezioni Unite, in secondo luogo si chiede quale criterio possa essere applicato nel caso specifico, tenuto conto delle prove documentali e orali raccolte in giudizio.

1.1.= Il motivo è infondato e non può essere accolto non solo o non tanto perchè si risolve nella richiesta di una nuova e diversa valutazione di merito, non proponibile al Giudice di legittimità, ma soprattutto, perchè la Corte di Trento ha correttamente ricondotto il rapporto per cui è causa ad un contratto di appalto avendo riscontrato gli elementi strutturali della fattispecie di cui all’art. 1655 cod. civ. e non, invece, gli elementi strutturali di cui all’art. 1470 cod. civ..

1.1.a).= Va qui osservato, che la distinzione tra appalto e vendita (e vendita di cosa futura) si basa su due elementi: a) la volontà dei contraenti e, b) il rapporto fra il valore della materia (prestazione di dare) ed il valore della prestazione d’opera (prestazione di fare), da considerare non in senso oggettivo (quale valore economico della materia e/o dell’opera), bensì avuto riguardo alla comune intenzione dei contraenti. Si è in presenza d’un contratto d’appalto o d’opera; se l’oggetto effettivo e prevalente dell’obbligazione assunta dal produttore-venditore è la realizzazione d’un opus unicum od anche d’un opus derivato dalla serie, ma oggetto di sostanziali adattamenti o modifiche a richiesta del destinatario, laddove la fornitura della materia è un semplice elemento concorrente nel complesso della realizzazione dell’opera e di tutte le attività a tal fine intese. Al contrario, si è in presenza d’un contratto di compravendita, se le attività necessarie a produrre il bene costituiscono solo l’ordinario ciclo produttivo del bene, che può anche concludersi con l’assemblaggio delle sue componenti presso il destinatario, ma è la sola consegna del bene stesso, l’effettiva obbigazione del produttore-venditore, insomma, nella compravendita, oggetto dell’obbligazione è un "dare", nel contratto d’appalto o d’opera, oggetto dell’obbligazione è un "facere". 1.1.b).= Ora nel caso in esame, la Corte trentina, ha accertato (specificando che si ha la certezza) che ciò che il committente Graziadei voleva, in effetti, ottenere non era tanto o soltanto una macchina come genericamente prodotta, indipendentemente, dalle esigenze del committente, ma, piuttosto, un impianto, ovvero, un complesso di beni per la produzione di pasta destinata ad essere venduta arrotolata, da utilizzarsi in esatta conformità alle esigenze produttive prospettate dal committente (in ragione alla quantità oraria e alla pezzatura). Così come ha accertato che la successiva fornitura dell’impianto di arrotolamento costituiva semplicemente il completamento del macchinario perchè permetteva il completamento della produzione con la realizzazione di un impianto automatico idoneo a produrre il prodotto finale costituito da rotoli di diversa dimensione e peso. E tanto era sufficiente per ritenere che l’obbligazione assunta dal produttore-venditore, Canol 2001, aveva ad oggetto la realizzazione d’un opus unicum, di un’opera nuova ed originale, e, cioè, un facere prevalente rispetto ad un’obbligazione di dare.

Così come era sufficiente per ritenere che la fattispecie in esame integrasse gli estremi essenziali di un tipico contratto di appalto.

1.1.c).= Nè è pensabile che le due forniture (l’impianto di laminazione e l’impianto di arrotolamento), abbiano dato vita a due contratti diversi (ad un contratto di appalto e ad un contratto di vendita) per il solo fatto che siano state fornite in tempi diversi, perchè la volontà della parti – così come accertata dalla Corte di merito in ragione dei dati probatori acquisiti – era diretta ad ottenere un impianto completo, commisurato e realizzato per le esigenze specifiche della committente Graziadei.

2.= Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione delle norme di diritto sulla decadenze e sulla prescrizione della denuncia di vizio mancanza di qualità ex art. 360 c.p.c., n. 3. Avrebbe errato la Corte di Appello di Trento per aver ritenuto tempestive le denuncie in ordine a vizi o mancanza d qualità dell’impianto di laminazione e di quello di rotolamento.

Epperò, ritiene la ricorrente, con tale decisione sono state violate le diversificate norme del codice civile di cui all’art. 1512 c.c., in relazione all’art. 1470 c.c. e dell’art. 1186 c.c. in relazione all’art. 1667 c.c.. Infatti la decadenza e la prescrizione eccepite dalla fornitrice dovevano essere ritenute efficaci per quanto riguarda l’impianto di laminazione che non presentava difetti ma soltanto inizialmente un problema di messa a punto, mentre l’eccezione di decadenza e prescrizione sollevate dalla fornitrice è stata operativa, sicuramente, anche per quanto riguarda la seconda vendita relativo alla costruzione dell’impianto completivo ed autonomo per la produzione dei rotoli in relazione a vizi non tempestivamente denunciati. Trattandosi di due contratti di vendita sempre a dire dalla ricorrente – i termini di decadenza dei vizi sono quelli di cui all’art. 1485 e, cioè otto giorni dalla scoperta. In secondo luogo, non sarebbe sufficiente una denuncia generica e superficiale come è avvenuto nel caso specifico. In ragione di queste considerazioni la ricorrente conclude, formulando il seguente quesito di diritto: Si chiede se possa essere considerato valida una denuncia generica di cattivo funzionamento di un impianto in relazione al contratto concluso, sia che lo si consideri di fornitura o di appalto, o se sia, invece, necessario, come stabilisce la giurisprudenza richiamata, una esposizione dettagliata dei vizi che presenta la cosa venduta.

Inoltre, evidenzia la ricorrente la motivazione della Corte di Appello sarebbe contraddittoria in relazione alle prove istruttorie raccolte, scritte ed orali, considerato che le prove acquisite in giudizio fanno riferimento ad asseriti vizi relativi, solamente, all’impianto autonomo di arrotolatura della pasta, e mai a quello principale ed autonomo di laminazione.

2.1.= Il motivo è infondato e, in parte, inammissibile. E’ infondato laddove esprime una censura sul presupposto che i due contratti oggetto di causa fossero da qualificare contratti di vendita, quando, invece, per quanto si è detto, esaminando il primo motivo, i contratti di cui si dice, integrano gli estremi di un unitario contratto di appalto, nonostante, la consegna sia stata frazionata nel tempo. E’ inammissibile, per mancanza degli estremi di autosufficienza, laddove si censura la decisione impugnata per non aver rilevato la genericità della denuncia dei vizi, considerato che i vizi devono essere denunciati in modo specifico, perchè, non sono indicati, nè riportati, in tutto o in parte, i documenti da cui si evincerebbe una generica denuncia dei vizi.

3.= Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione della norma di diritto in relazione all’ipotesi affrontata dell’espletamento dell’accertamento tecnico preventivo e nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4. Secondo la ricorrente, l’accertamento tecnico preventivo (ATP) sarebbe nullo perchè gli accertamenti compiuti integravano gli estremi di una vera e propria CTU durante la fase cautelare ante causam quando la normativa (la vecchia formulazione dell’art. 696 cod. civ.) non lo consentiva. Il tecnico, secondo la ricorrente avrebbe effettuato indagini e valutazioni sulla causa dei danni che non aveva il potere di effettuare. Non solo, ma il fatto stesso che il tecnico abbia consentito che intervenissero i tecnici delle parti per interventi di messa a punto e di modifica rende nulle ed inefficaci la procedura dell’ATP. In ragione di ciò, la ricorrente formula il seguente quesito di diritto:

Si chiede se sia possibile applicare ad accertamenti peritali eseguiti in via di urgenza prima della riforma la nuova formulazione dell’art. 696 c.p.c. e, quindi, consentire al tecnico nominato in sede di indagini peritali tipiche della CTU e, ancora, ci si chiede se sia possibile per legge ritenere sufficiente ed esaustivo un accertamento tecnico preventivo eseguito ante causa e quindi prima di una regolare introduzione del giudizio ordinario di merito in contraddittorio fra le parti, addirittura sostitutivo di una vera e propria CTU, tenuto conto che la decisione del primo giudice con la sentenza parziale si è fondata esclusivamente sull’esito e contenuto di questo contestato ATP e non ha voluto disporre la CTU da noi più volte richiesta.

Ed ancora: Si chiede se una volta dichiarata la nullità dell’ATP per i motivi sopra esposti, possa essere dichiarata nulla anche la sentenza parziale di primo grado.

3.1.= la censura non coglie nel segno e non può essere accolta perchè l’accertamento tecnico preventivo acquisito al giudizio, non ha travalicato i limiti di cui all’art. 696 c.p.c. considerato che il CTU si è limitato – come afferma esplicitamente la Corte di merito – a fotografare i fatti, ma non anche a valutarli, nè ha svolto indagini circa le cause del mancato funzionamento della macchina. Ad un tempo, la Corte di merito ha correttamente utilizzato le informazioni fornite dall’accertamento tecnico preventivo di cui si dice.

3.1.a.1) E’ vero, che fino al D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni nella L. 14 maggio 2005, n. 80 l’ATP previsto dall’art. 696 c.p.c., quale procedimento d’urgenza, aveva la sola funzione di acquisire rilievi planimetrici e/o documentazione fotografica, tesi a documentare lo stato dei luoghi e/o dei macchinari coinvolti, senza entrare nel merito delle questioni tecniche, senza ricercare le cause degli eventi nè la definizione delle responsabilità o delle corresponsabilità delle parti interessate, nè tantomeno era consentito al CTU di esprimere giudizi, azzardare ipotesi o osservazioni personali, nè ricostruzione dei fatti e degli eventi, che potessero in qualche modo configurarsi come un’indebita ingerenza in fatti e in circostanze che ancora dovevano essere provate ed acquisite agli atti istruttori.

3.1.a.1).= Ora, non vi è dubbio che l’ATP di cui si dice ha rispettato i limiti di cui alla normativa considerata perchè – come si evince dai passaggi più significativi dell’accertamento riportati dalla stessa sentenza impugnata, il CTU si è limitato a descrivere il funzionamento della macchina e quanto accadeva quando veniva messa in funzione, laddove scrive: al primo avviamento della linea alcuni sue componenti non entravano in funzione; nei cinque minuti di lavorazione sono stati prodotti 45 rotoli di cui 32 riusciti e 13 scarti, tuttavia, il loro spessore medio risultava di 3,8 mm. mentre doveva essere di 3 mm. e il loro peso era di circa 300 grammi mentre doveva essere di 250 gr. La produzione oraria si calcolava approssimativamente pari a 115 Kg./h. di rotoli buoni e 47 Kg. /h di scarti; durante la laminazione la pasta sfoglia subisce tensioni disomogenea; l’apparecchiatura di arrotolamento non funziona correttamente ed è sempre necessaria la presenza di un operatore.

Non vi è dubbio, pertanto, che quanto detto dal CTU integra gli estremi di una fotografia della situazione di fatto considerato che quando si contesti la funzionalità di un macchinario altro non debba fare il CTU (nella fase di accertamento tecnico preventivo) che mettere in funzione, con le garanzie del contraddittorio, il macchinario e costatarne l’effettivo funzionamento.

3.1.b) E’ giusto il caso di chiarire che, se è pur vero che l’accertamento tecnico preventivo non è un mezzo di prova, essendo finalizzato principalmente a "far verificare, prima del giudizio, lo stato dei luoghi o la qualità o la condizione di cose", che, suscettibili di mutamenti o alterazioni nel tempo, vanno accertati e documentati per essere portati poi alla cognizione del giudice prima che ciò possa accadere, per consentirgli di decidere sulla base delle prospettazioni e deduzioni fatte con riferimento a quelle condizioni ed a quello stato, è altrettanto vero che dagli accertamenti e rilievi compiuti in fase preventiva il giudice può trarre utili elementi che, apprezzati e valutati unitamente e nel contesto delle altre risultanze processuali, possono concorrere a fondare il suo convincimento in ordine alla fondatezza dell’uno o dell’altro assunto.

3.1.b.1).= Ora nel caso in esame, la Corte di merito, come risulta dalla motivazione posta a base della decisione, ha esaminato il materiale probatorio acquisito al processo, compresi gli elementi ed i dati desumibili dall’espletato accertamento tecnico preventivo e, applicando correttamente, la legge, ha statuito, ai sensi degli artt. 115 e 116 c.p.c., iuxta alligata et probata.

4.= Con il quarto motivo la ricorrente lamenta la contraddittorietà della motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5. Secondo la ricorrente la motivazione della decisione con cui la Corte ha rigettata la domanda di assunzione dei testi, introdotti dalla Canol sarebbe contraddittoria perchè fondata sulla presunzione che i testi sarebbero venuti a dichiarare che il mal funzionamento della macchina dipendeva dall’avvicendamento troppo veloce dei dipendenti della Graziadei addetti al funzionamento dell’impianto stesso. Piuttosto se i testi indicati dalla Canol fossero stati tempestivamente assunti e avessero dichiarato che l’impianto, comunque, funzionava durante la loro presenza e che i dipendenti extracomunitari della Graziadei non erano capaci di acquisire le tecniche per far funzionare regolarmente la macchina l’esito del giudizio di primo grado sarebbe stato del tutto diverso, in particolare sul quantum così pesantemente confermato anche con la sentenza di secondo grado. Infatti, dare credito assoluto alla ATP svolta prima dell’inizio della causa e cioè nel lontano 29 gennaio 1998 escludendo così testimonianze decisive relative a circostanze successive a tale epoca, è assolutamente contraddittorio e inaccertabile, giacchè i testimoni avrebbero riferito su circostanze e fatti decisivi ai fini della sentenza, considerato che i testi introdotti dalla Graziadei avrebbero escluso quantomeno la risarcibilità dei danni asseritamente subiti dalla Graziadei dal 1998 in poi.

4.1.= Il motivo è inammissibile perchè privo dei caratteri di autosufficienza, considerato che manca l’indicazione dei capitoli di prova che se confermati avrebbero cambiato le sorti del giudizio.

4.1.a).= Come insegna questa Corte: il ricorrente che, in sede di legittimità denunci la mancata ammissione in appello di una prova testimoniale ha l’onere di indicare specificamente le circostanze formanti oggetto della prova medesima, affinchè la Corte possa esercitare il controllo circa il carattere decisivo dei fatti che si assumono trascurati dal giudice di merito; infatti, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il giudice di legittimità deve essere in grado di compiere tale controllo sulla base delle sole deduzioni contenute nell’atto, senza dover colmare le eventuali lacune con indagini integrative (ex multis Cass. 10357 del 2005).

5.= Con il quinto motivo la ricorrente lamenta l’insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, sul quantum.

Avrebbe errato la Corte trentina nell’aver attribuito la responsabilità per mancata produttività per gli anni 98,99,2000 alla società Canol considerato che i motivi di incremento sono stati determinati da tutte altre decisioni della Graziadei.

Specifica la ricorrente che la Corte di merito nel determinare il quantum del risarcimento dei danni asseritamente subiti dalla società Graziadei non avrebbe tenuto conto: a) che la Graziadei aveva iniziato questa sua attività acquistando l’impianto oggetto di contestazione solamente alla fine del 1997, entrando in funzionamento nel 1998 e, quindi, si trattava di industria priva di esperienza sia organizzativa produttiva che della rete commerciale; b) che la produzione cosiddetta esplosiva successiva alla messa a punto dei macchinari, non era certamente dipesa dalla qualità dell’impianto originario, bensì da una nuova impostazione produttiva fatta con impianto del tutto diverso che è costato quattro volte quello commissionato alla Canol e che, quindi, aveva una maggiore quantità produttiva e, nel frattempo la Graziadei è riuscita ad organizzare la sua rete commerciale.

5.1.= Anche questa censura non ha ragion d’essere e non può essere accolta, non solo perchè si risolve nella richiesta di altra e diversa valutazione dei dati probatori, non proponibile al Giudice di legittimità, ma e soprattutto, perchè la decisione della Corte di Trento non presenta vizi logici nè alcuna contraddizione, ma al contrario, indica adeguatamente le ragioni di fatto e di diritto, poste a fondamento della propria valutazione. In particolare, la Corte di merito ha avuto modo di precisare: a) che agli atti esistevano le proposte di contratto inviate alla Graziadei per l’acquisto dei rotoli oggetto della produzione; b) che la prova testimoniale aveva dato prova di disdette di commesse in ragione dell’insufficienza della confezione del prodotto; c) che il CTU contabile incaricato di determinare il danno da fermo di produzione valutate attentamente i bilanci della Graziadei ha avuto modo di evidenziare che dopo l’entrata n produzione efficiente del macchinario, il fatturato della Graziadei si era incrementato in modo esponenziale. Pertanto, appare convincente la conclusione cui perviene la Corte di Trento, laddove afferma che, valutati gli utili dell’impresa, il suo margine operativo, l’aumento degli incassi, determinare il danno in L. 213 milioni appare del tutto prudenziale se si pensa che i soli utili netti in soli due anni sono stati 309 milioni quando prima erano dell’ordine di 10 milioni.

In definitiva, il ricorso va rigettato e la ricorrente, in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c., condannato al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione così come verranno liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 2700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali e accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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