Cass. civ. Sez. II, Sent., 30-04-2012, n. 6632 Azioni a difesa della proprietà

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato in data 21.9.99 la società A.F.A Immobiliare s.r.l citò al giudizio del Tribunale di Siena le società D.B.M. Elettronica s.n.c.,Acqua Borra s.r.l. e Sabini Uno s.r.l., nonchè V.A., esponendo: di aver acquistato dalla prima, con atto del 27.9.95, un fondo in (OMISSIS) comprendente un strada, a carico della quale era stata contestualmente costituita servitù di passaggio a favore della particella n. 125, rimasta di proprietà della venditrice; che quest’ultima aveva, successivamente, frazionato la sua restante proprietà, alienandone le relative parti alle altre due società ed al V.; che costoro,pur non avendone titolo ed avendo altre possibilità di accesso, pretendevano di transitare sulla strada suddetta per accedere ai rispettivi immobili attraverso la particella n. 125, la sola a favore della quale era stata costituita la servitù. Su tali premesse l’attrice chiese accertarsi l’inesistenza del diritto di servitù vantato dai suindicati aventi causa dalla società D.B.M., con condanna dei convenuti al risarcimento dei danni.

Costituitesi separatamente le parti convenute, contestavano il fondamento della domanda al riguardo invocando l’art. 1071 c.c., il V. altresì negando di aver mai utilizzato la strada in questione e proponendo, per tal ragione, domanda ex art. 96 c.p.c..

All’esito di consulenza tecnica di ufficio e prova orale, con sentenza n. 319/03 l’adito Tribunale accolse la domanda negatoria e respinse quella risarcitoria, ma a seguito dell’appello dei convenuti, resistito dall’appellata, la Corte di Firenze, con sentenza del 23.2-20.3.03, ribaltò la decisione, rigettando la domanda e riconoscendo agli appellanti "il diritto di passaggio a piedi e con mezzi meccanici sulla strada oggetto di controversia", compensando interamente le spese del giudizio.

A tale conclusione la corte toscana perveniva sulla base dell’essenziale considerazione che, costituendo la particella n. 125 soltanto un piccolo tratto di raccordo tra la strada di lottizzazione (costituente il fondo servente), dipartentesi dalla S.S. n. (OMISSIS), ed il retrostante "vasto terreno", poi frazionato e venduto dalla D.B.M., l’unica interpretazione logica e coerente all’art. 1027 c.c. dell’atto costitutivo portava a ritenere che il fondo dominante non fosse costituito dalla sola particella indicata, in relazione alla quale non poteva ravvisarsi il requisito dell’utilità, in quanto non suscettibile di alcun uso autonomo, bensì dall’intero terreno rimasto in proprietà dell’alienante, al quale detto "modestissimo raccordo" consentiva l’accesso; sicchè, una volta frazionato l’effettivo fondo dominante, proprietari delle rispettive quote derivanti dal frazionamento legittimamente avevano continuato ad esercitare la servitù. Avverso la suddetta sentenza la società AFA Immobiliare s.r.l ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Hanno resistito con comune controricorso il V. e le società Acqua Borra Immobiliare s.r.l. e Sabini Uno s.r.l..

Non hanno svolto attività difensive la società D.B.M. Elettronica s.n.c. ed M.A., al quale è stato anche personalmente e distintamente notificato il ricorso,in quanto legale rappresentante della prima, cui l’impugnazione è stata notificata, al pari degli altri consorti, presso il difensore domiciliatario del giudizio di appello.

E’ stata infine depositata una memoria illustrativa per la ricorrente.

Motivi della decisione

Va preliminarmente rilevata l’inammisibilità del ricorso nei confronti di M.A., soggetto privo legittimazione processuale, non essendo stato parte nel giudizio di merito, nè risultando – nè essendo stato dedotto – avere il medesimo alcun titolo per partecipare al presente in virtù di eventuale successione nel processo o nel diritto controverso ex artt. 110 o 111 c.p.c..

La ricorrente deduce, nei tre motivi congiuntamente illustrati, violazione e falsa applicazione degli artt. 1027 e 1067 c.c., degli artt. 1067 e 1071 c.c. ed insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

Con i primi due,accomunati in un unico quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c,essenzialmente si lamenta che la corte di merito,pur in cospetto di un titolo inequivocamente indicante quale 2 Giemme New S.r.l. unico fondo dominante la particella n. 125 e non anche le rimanenti parti del terreno rimasto in proprietà del venditore,abbia erroneamente,a seguito del relativo frazionamento,esteso la servitù a vantaggio anche delle risultanti parti di quest’ultimo, non tenendo della loro estraneità alla costituzione del diritto reale,del principio giurisprudenziale secondo cui il proprietario del fondo dominante non può servirsi del passaggio per accedere anche ad altri,se pur di sua proprietà, ed erroneamente applicato alla fattispecie la norma di cui all’art. 1071 c.c., limitata ai casi di divisione del fondo dominante. Le censure non meritano accoglimento.

La decisione impugnata, invero, si basa essenzialmente sull’interpretazione fornita dalla corte territoriale dell’atto pubblico in data 27.9.1996, con il quale venne costituita la servitù, che motivata sulla base di adeguate valutazioni in fatto, non può essere censurata in questa sede per violazioni delle norme di diritto citate, non essendo stato evidenziato – nè dedotto ex art. 1362 c.c. e segg. – alcun profilo di malgoverno delle regole di ermeneutica contrattuale. I giudici di appello hanno, infatti, ritenuto che l’effettiva intenzione dei contraenti, al di là della letterale formulazione della clausola in questione, non avrebbe potuto intendersi, in un contesto nel quale la particella n. 125 rappresentava una minima e di per sè sola insignificante parte del terreno rimasto in proprietà del venditore, se non quella di riservare la servitù a tutta la residua complessiva parte del fondo rimasto in proprietà della venditrice, nell’ambito del quale l’elemento di raccordo con la strada di lottizzazione,insistente all’interno della parte alienata e che la venditrice intendeva continuare ad utilizzare, era allo stato costituito proprio e soltanto da quel mappale.

Tale interpretazione estensiva,che in osservanza del dettato di cui ll’ art. 1362 c.c., comma 1 non si è arrestata al mero dato letterale, ma ha correttamente tenuto conto anche, ai fini dell’accertamento della reale volontà delle parti, delle sole finalità economico – pratiche cui in concreto avrebbe potuto assolvere una pattuizione, che altrimenti sarebbe risultata priva di alcuna utilità, così conformandosi ai sussidiari principi ermeneutici della buona fede e della conservazione del contratto rispettivamente codificati dagli artt. 1366 e 1367 c.c., in quanto ragionevole ed esente da vizi logici è incensurabile in questa sede, in cui il modulo argomentativo adottato dal giudice di merito deve essere vagliato nella sua intrinseca tenuta logico-giuridica e non anche raffrontato con alternative ipotesi di lettura delle risultanze processuali, tanto meno in una fattispecie in cui la particolare situazione accertata rende del tutto implausibile la contraria accezione restrittiva della clausola in questione. Dalle suesposte considerazioni, comportanti l’inammissibilità delle censure avverso l’interpretazione del titolo costitutivo della servitù, deriva l’insussistenza delle lamentate violazioni o false applicazioni di norme di diritto, in particolare di quelle degli artt. 1067 e 1071 c.c., posto che,una volta accertato che la servitù di passaggio gravava sulla parte di fondo venduta a favore di tutta quella residua (e non solo della particella n. 125) rimasta in proprietà della venditrice, la successiva divisione di quest’ultima ne aveva, ai sensi del comma 1 del secondo citato articolo, comportato il trasferimento a favore di ciascuna delle parti risultanti dall’ulteriore frazionamento, senza di per sè comportare alcun aggravamento, nella specie non specificamente dedotto quale conseguenza di tale frazionamento, ma soltanto in relazione all’assunta attività estensiva esercitata sine titulo dagli acquirenti di tali parti.

Con il terzo motivo si censura la mancata considerazione di due dati di fatto, asseritamente decisivi, costituiti dalla circostanza, emersa dalla consulenza tecnica e dalla prova orale, che la residua proprietà della D.B.M. fosse servita da altri due comodi accessi e da quella, anche evidenziata dal c.t.u., che un terzo ne fosse stato realizzato in corso di causa così dimostrandosi che quello sulla p.lla 125 non fosse l’unico obbligato per accedere ai fondi delle controparti.

Il motivo è inammissibile, ancor prima che per difetto di autosufficienza (laddove non riporta, neppure nei passi salienti, i menzionati accertamenti del c.t.u. e le deposizioni testimoniali), atteso che, non vertendosi in ipotesi di costituzione coattiva ex art. 1051 c.c. di servitù di passaggio in presenza di condizioni di interclusione assoluta o relativa, ma di accertamento del contenuto di una servitù derivante da un titolo negoziale, che nella specie si è ritenuta costituita in funzione della specifica possibilità di continuare ad utilizzare una preesistente strada di accesso all’originario fondo (poi frazionato), le possibilità di accessi alternativi, che peraltro non si precisa se specificamente interessanti l’anzidetta strada di lottizzazione, risultano del tutto irrilevanti.

Il ricorso va conclusivamente respinto.

Le spese, infine, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso,in favore dei resistenti, delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui 200,00 per esborsi.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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