Cass. civ. Sez. II, Sent., 30-04-2012, n. 6628 Garanzia per i vizi della cosa venduta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 23.5.1989 la Cerasoli s.n.c. di Cerasoli Salvatore & C. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Vercelli, la Compagnia Generale Trattori – C.G.T. s.p.a.(ora Tesa s.p.a.), per ottenere, tra l’altro, la condanna al risarcimento dei danni conseguenti ai vizi riscontrati nel trattore(Caterpillar per movimento terra D8K n. (OMISSIS)) vendutole già usato dalla G.G.T. Esponeva l’attrice che prima del giudizio, in data 27.7.87, aveva in via transattiva, convenuto con la venditrice, a cura e spese della stessa, l’eliminazione dei vizi del trattore ed aveva presentato ricorso per accertamento tecnico preventivo, ex art. 696 c.p.c., al Tribunale di Perugia, al fine di accertare le causa di inidoneità del mezzo all’uso convenuto. Instaurato il giudizio di merito innanzi al Tribunale di Vercelli. si costituiva la Tesa s.p.a. e, previa assunzione di prova testimoniale ed espletamento di C.T.U., con sentenza 24.5.2003, il Tribunale rigettava l’eccezione di preseprescrizione dell’azione nonchè quella di inutilizzabilità della relazione peritale per incompetenza territoriale del giudice adito in sede di accertamento preventivo; rigettava tutte le domande dell’attrice, ritenuto che dalla C.T.U. non risultasse che la macchina trattore fosse affetta da vizio di surriscaldamento;

compensava per un quarto le spese di lite, ponendo la residua parte a carico dell’attrice. Avverso tale decisione la Cerasoli s.n.c. proponeva appello cui resisteva la Tesa S.P.A. con appello incidentale condizionato.

Con sentenza depositata il 16.2.2006 la Corte d’Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannava la Tesa s.p.a. al pagamento, in favore della Cerasoli s.n.c., della somma, liquidata in via equitativa, di Euro 104.999,02 oltre interessi legali e rimborso dei 2/3 delle spese processuali che dichiarava compensate per il residuo terzo.

Rilevava, in particolare, la Corte di merito l’utilizzabilità dell’accertamento tecnico preventivo, stante l’intervenuta rinuncia tacita, di parte appellata, all’eccezione di incompetenza del Tribunale di Perugia, ritenendo, inoltre, attendibili e rilevanti, ai fini dell’accertamento dell’asserito surriscaldamento della macchina venduta da C.G.T., le testimonianze acquisite in primo grado, ritenute, invece, dal giudice di prime cure, ininfluenti e generiche.

Per la cassazione di tale sentenza la Tesa s.p.a. propone ricorso affidato a 10 motivi. Resiste con controricorso la Cerasoli s.n.c..

Motivi della decisione

La società ricorrente deduce:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. in relazione ai nuovi documenti prodotti dalla Cerasoli s.n.c. con l’atto di appello; contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, nella specie, secondo la disciplina transitoria di cui alla L. n. 353 del 1990, agli artt. 90 e 92 trovava applicazione il disposto dell’art. 345 c.p.c. nella nuova formulazione, alla stregua della L. n. 353 del 1990, art. 92, comma 2 secondo cui le modificazioni alle norme del codice di rito hanno efficacia a partire dal 30.4.1995, indipendentemente dal fatto che il giudizio sia o meno pendente a tale data; ne conseguiva la necessità di riformare la sentenza impugnata in quanto fondata sui nuovi documenti prodotti in appello;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 2719 c.c. sull’avvenuto disconoscimento delle scritture prodotte in copia nell’atto di appello; la Corte di appello aveva ritenuto non solo ammissibili ma anche utilizzabili i documenti relativi alla dichiarazioni testimoniali, prodotti unicamente in copia ed espressamente disconosciuti;

3) violazione dell’art. 101 c.p.c., e dell’art. 115 c.p.c., comma 1 nonchè degli artt. 87 e 76 disp. att. c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. e, in ogni caso, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo relativo alla mancata produzione dei documenti oggetto di conferma testimoniale;

nel caso di specie non sussisteva alcuna produzione, neppure irregolare, dei documenti oggetto di conferma testimoniale in quanto non erano stati mai inseriti stabilmente nel fascicolo di parte o di ufficio nè tale mancata produzione poteva ritenersi superata, come sostenuto dal giudice di appello, sulla base di un’asserita accettazione del contraddittorio; con motivazione insufficiente e contraddittoria la Corte d’appello aveva, quindi, affermato che la difesa della Tesa avrebbe dovuto richiedere, ai sensi dell’art. 76 disp. att. c.p.c., copia dei documenti prodotti dalla Cerasoli s.n.c. al fine di verificare la conformità dei documenti prodotti in appello a quelli esibiti dai testimoni in primo grado, non considerando che detti documenti non erano stati prodotti sicchè non se ne poteva richiedere la copia;

4) violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., comma 1 e dell’art. 244 c.p.c. nonchè omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia riguardante la valutazione delle testimonianze;

considerato che la prova testimoniale richiedeva la conferma dei documenti da 1 a 17, come elencati nella memoria del 20.4.1994, le dichiarazioni testimoniali rese in sede di prova delegata, stante l’impossibilità di ricostruire quale documento fosse stato di volta in volta esibito ai testi, dovevano essere intese come confermative della documentazione elencata da controparte con detti numeri; la Corte di appello, in assenza di motivazione, aveva ritenuto che le testimonianze assunte in primo grado fossero confermative di altri documenti rispetto a quelli espressamente elencati in primo grado e che le testimonianze stesse fossero confermative proprio dei documenti prodotti ex novo in appello;

5) violazione e falsa applicazione dell’art. 38 c.p.c. e dell’art. 1965 c.c. in relazione all’art. 1362 c.c. e segg. nonchè omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo relativo all’incompetenza del Tribunale di Perugia in sede di A.T.P.;

in presenza di una clausola contrattuale di deroga della competenza(non abrogata e non derogata dall’avvenuta successiva transazione), la contestazione della competenza ex art. 38 c.p.c. doveva rapportarsi con esclusivo riferimento al foro del domicilio eletto, senza alcun riferimento agli altri fori alternativi e non era, quindi, necessaria la loro contestazione, a fronte di quella relativa alla competenza del procedimento di istruzione preventiva avanti ad un giudice di merito competente, diverso da quello adito in sede preventiva;

6) violazione e falsa applicazione degli artt. 38, 112, 115, 184 e 698 c.p.c. nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione sull’incompetenza del Tribunale di Perugia in relazione all’accertamento tecnico preventivo; l’inapplicabilità dell’art. 38 c.p.c., in quanto si trattava non di una questione di competenza vera e propria ma di una questione di ammissibilità della prova, comportava il vizio di motivazione sulla valutazione delle consulenze tecniche svolte in sede preventiva e nel corso del giudizio;

7) insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia concernente la valutazione dell’accertamento tecnico preventivo e della C.T.U. in relazione all’asserito surriscaldamento del trattore, laddove la decisione di secondo grado aveva valutato le risultanze delle consulenze tecniche svolte in sede preventiva e nel corso del primo grado di giudizio, ritenendo confrontabili gli esiti della prima e della seconda prova, pur in presenza di disomogeneità tra le prove stesse (posto che al termine della prima prova la temperatura del macchinario era di 95 e che al termine della seconda prova la temperatura era di 92);

8) violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116, 244 c.p.c. nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia concernente la valutazione delle deposizioni testimoniali circa il surriscaldamento della macchina; il giudice di appello, al riguardo, aveva ritenuto attendibili e rilevanti le testimonianze assunte in primo grado, benchè generiche ed ininfluenti;

9) violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1226 e 1227 c.c. nonchè omessa o, comunque, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia relativo alla quantificazione del danno; immotivatamente la sentenza impugnata aveva equiparato il lucro cessante con la somma degli importi dei contratti non conclusi dalla società Cerasoli e non aveva tenuto conto del comportamento colpevole della società stessa, sia per aver tenuto ferma la macchina per un anno omettendo di segnalare alcunchè alla C.G.T. e chiedendo l’accertamento tecnico preventivo solo nell’agosto 1988 e sia per non aver utilizzato il trattore così da ricavarne una qualche "resa, seppure inferiore agli standard" in conseguenza del surriscaldamento;

10) violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 112 e 342 c.p.c., nonchè dell’art. 2697 c.c. in relazione agli artt. 2934, 2935 e 2938 c.c. sull’avvenuta prescrizione dell’azione proposta dalla Cerasoli s.n.c.; la Corte di appello aveva respinto detta eccezione ritenuto che essa fosse stata formulata con esclusivo riferimento al contratto iniziale e non alla transazione del 27.7.87, in assenza di specifiche censure, ex art. 342 c.p.c., nella comparsa di costituzione in appello; non aveva, però, considerato il giudice di appello che l’unico onere a carico di chi eccepisce la prescrizione è l’allegazione del fatto estintivo, vale a dire l’inerzia del titolare, circostanza dedotta sin dalla comparsa di costituzione di primo grado; nel caso in esame doveva, peraltro, applicarsi la prescrizione di cui all’art. 1512 c.c., tenuto conto che detta transazione non sostituiva il contratto iniziale di alienazione.

Il primo motivo di ricorso è infondato, posto che per i giudizi iniziati in primo grado, in epoca anteriore al 30.4.1995, come quello in esame, trova applicazione, quanto al giudizio di appello, prescindendo dall’epoca in cui questo si svolge, l’art. 345 c.p.c. nella formulazione anteriore alle modifiche di cui alla L. n. 353 del 1990 ed, in particolare, quale risultante per effetto della L. n. 581 del 1950, art. 36. Consegue che le parti, nella specie, ben potevano produrre nuovi documenti, proporre nuove eccezioni e chiedere l’ammissione di nuovi mezzi di prova,salva l’applicazione del disposto di cui all’art. 92 c.p.c. se la deduzione poteva essere proposta in primo grado (Cfr. Cass. n. 18488/2006).

La seconda censura è priva del requisito di autosufficienza per la mancata indicazione dei documenti che sarebbero stati disconosciuti;

in ogni caso la sentenza impugnata ha affermato che le dichiarazioni prodotte in copia erano state confermate dalla prova testimoniale articolata al riguardo in primo grado e che dei documenti non aveva tenuto conto in quanto non rinvenuti nel fascicolo di parte.

Infondata è la terza doglianza, considerato che la Corte di merito ha affermato: che la produzione delle dichiarazioni di primo grado, pur se irrituale, non era stata contestata in quella sede dalla controparte; che doveva ritenersi assodata la produzione anche per le vicende relative alla prova testimoniale richiesta per la conferma di essi; ha aggiunto che era onere della controparte dimostrare che i documenti prodotti in appello erano diversi da quelli prodotti in primo grado(V. pag. 22 sent.).

Il quarto motivo di ricorso è privo di autosufficienza, stante la omessa specificazione delle testimonianze assunte in primo grado e che sarebbero state confermative di altri documenti rispetto a quelli elencati in quanto riguardanti documenti prodotti ex novo in appello;

inoltre, con detto motivo viene prospettata una questione nuova rispetto a quanto dedotto con l’appello incidentale.

In ordine al quinto motivo, da esaminarsi congiuntamente al sesto, per evidente connessione, il giudice distrettuale ha correttamente sostenuto che la competenza territoriale si era radicata in relazione alla dedotta inadempienza dell’accordo transattivo, con conseguente operatività di tutti i fori legalmente previsti per i rapporti obbligatori, profilo non contestato dall’allora convenuta; in ogni caso non vi è prova che il foro convenzionale, in favore del Tribunale di Vercelli, fosse esclusivo, non avendo la ricorrente riportato la clausola del contratto di deroga della competenza. Al riguardo va rammentato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (V. ordinanza sez. 3 n. 17449/2007 e Cass. n. 5147/1987), la designazione convenzionale di un foro territoriale, anche se coincidente con uno di quelli previsti dalla legge, non attribuisce a tale foro carattere di esclusività, in difetto di una pattuizione espressa in tal senso, con la conseguenza che, qualora concorrano fori territoriali alternativi, il procedimento di istruzione preventiva espletato innanzi ad uno dei giudici che sarebbe competente per detta causa conserva la sua efficacia anche se il successivo giudizio di merito venga instaurato davanti ad un giudice diverso che sia del pari competente a conoscere della controversia.

La sesta doglianza è inammissibile,inoltre, poichè la ricorrente:

a) ha riconosciuto che la Corte di appello aveva correttamente rilevato come l’incompetenza del Tribunale di Perugia (per l’accertamento tecnico preventivo) non dovesse essere eccepita in sede di regolamento di competenza e come, quindi, potesse essere contestata nel corso del giudizio di merito"; b)non ha contestato l’affermazione del giudice di appello secondo cui il fondamento della domanda attorea, a giudizio del Tribunale, riposava sulla transazione 27.7.87 (v.pag.4 1 sent, imp.).

Vanno disattesi il settimo e l’ottavo motivo di ricorso, da analizzarsi anch’essi congiuntamente per la loro connessione;

entrambi si risolvono nella richiesta di rivalutazione delle risultanze peritali(7 motivo) e testimoniali( 8 motivo), risultanze congruamente scrutinate dal giudice distrettuale (pagg. 64-65 sent. imp.) Infondato risulta anche il nono motivo di ricorso, non avendo la ricorrente indicato il vizio di ragionamento nel quale sarebbe incorso il Giudice distrettuale nel quantificare il danno, liquidato in relazione ai fatti emersi in istruttoria e conformemente ai principi di diritto enunciati in materia dalla S.C.; la sentenza impugnata ha, infatti, riconosciuto per L. 21.311.061, le spese di riparazione e per L. 50.000.000 il danno per perdita di lavori in considerazione del mancato funzionamento della macchina, pervenendo all’importo di Euro 104.999,00 per la rivalutazione monetaria e gli interessi.

E’, infine, inammissibile il decimo motivo; il giudice di appello ha affermato che la sentenza di primo grado aveva respinto l’eccezione di prescrizione in quanto si riferiva alla vendita e non alla transazione (ove era stata rilasciata la garanzia) e che l’appello avverso tale pronuncia era inficiato dal vizio di genericità non censurato in quanto Tesa s.p.a. appellante incidentale, non aveva "prospettato ragioni potenzialmente idonee ad infrangere la ratio decidendi addotta dal giudicante di prime cure "con conseguente difetto di specificità del motivo di appello (pagg. 73 e 74 sent. imp); ai fini della denuncia sul punto si richiedeva, quindi, la trascrizione, innanzitutto, del motivo di appello ed il successivo confronto con la decisione resa sul punto. Alla stregua delle considerazioni svolte il ricorso va rigettato. Consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per spese oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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