Cass. civ. Sez. II, Sent., 30-04-2012, n. 6622 Efficacia della legge nel tempo e nello spazio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

B.E., con atto di citazione del 15 aprile 2005 conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Sondrio R. M.M.P., e premettendo che in data (OMISSIS) era deceduto M.L., suo compagno convivente, e che con testamento olografo del 16 novembre 1999 le aveva legato la somma di L. 1.000.000.000 pari ad attuali Euro 513.455,89, chiedeva l’adempimento del predetto legato alla figlia M.P., unica erede del de cuius.

Si costituiva la convenuta contestando l’autenticità e, quindi la validità del testamento. Eccepiva la compensazione dell’eventuale debito con il credito vantato nella sua qualità di erede nei confronti dell’attrice per la donazione della somma di Euro 500.000,00 effettuata dal de cuius il 24 novembre 1999 su un conto corrente presso un istituto di credito in (OMISSIS), in relazione alla quale svolgeva domanda riconvenzionale di accertamento di nullità segnatamente per difetto di forma e la condanna di controparte alla restituzione di detta somma. Svolgeva domanda riconvenzionale anche per l’accertamento della nullità e conseguente restituzione di una donazione indiretta della somma di L. 100 milioni effettuata dal de cuius in favore della convenuta fornendo a quest’ultima il denaro per l’acquisto di un immobile nel comune di Lecco.

Il Tribunale di Sondrio con sentenza n. 207 del 2007: a) dichiarava l’inammissibilità e conseguente inutilizzabilità a fini probatori, della produzione documentale operata dalla convenuta in allegato alla memoria di replica; b) dichiarava la validità del legato azionato in giudizio dall’attrice e condannava la convenuta al pagamento in favore di B.E. della somma di Euro 516.456,89 oltre interessi legali c) rigettava entrambe le domande riconvenzionali.

Avverso tale sentenza interponeva appello davanti alla Corte di Appello di Milano R.M.M.P. chiedendo al riforma integrale della sentenza del Tribunale di Sondrio.

Si costituiva B.E. chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza di primo grado.

La Corte di Appello di Milano con sentenza n. 2441 del 2009, confermava la sentenza del Tribunale d Sondrio. A sostegno di questa decisione la Corte di Appello osservava: a) nel caso in esame la donazione, per rendere inefficace il legato, avrebbe dovuto contenere un’espressa previsione di revoca del legato;

b) la parte che fa valere la nullità della donazione avrebbe dovuto fornire la prova del fatto e nel caso in esame l’appellante non avrebbe offerto alcuna prova in ordine al luogo nel quale è stata disposta la donazione e se esso fosse stato diverso da quello di ricezione.

La cassazione della sentenza della Corte di Appello di Milano è stata chiesta da R.M.M.P. con ricorso affidato a tre motivi, illustrati con memoria. B.E. ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.

Motivi della decisione

1.= Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 769 e 782, comma 2, in relazione all’art. 1325 c.c., comma 1, n. 1 (art. 360 c.p.c., n. 3). Avrebbe errato la Corte di Appello di Milano nel non aver considerato che la donazione del 24 novembre 1999 non si era perfezionata per mancanza di accettazione da parte della signora B.. In particolare, sostiene la ricorrente, la donazione, in quanto contratto, si perfeziona con il consenso delle parti, all’offerta del donante deve seguire, prima della morte di questo, l’accettazione espressa del donatario, al quale non si può imporre un effetto che pur vantaggioso potrebbe essere non voluto.

Nel caso in esame, non sarebbe mai intervenuta un’accettazione espressa da parte della beneficiaria considerato che non sarebbe non sufficiente, nè il silenzio dell’oblato, nè un suo comportamento concludente, nè la presa di possesso della cosa donata che, nella specie, si sarebbe concretata attraverso l’accreditamento della somma di denaro sul conto corrente (OMISSIS) intestato alla signora B..

1.1.= La censura è inammissbile perchè la questione sollevata con il ricorso non essendo stata, in alcun modo, trattata nella decisione impugnata, ha carattere di novità. I motivi del ricorso per Cassazione devono investire questioni che abbiano formato oggetto del thema decidendum del giudizio di secondo grado, come fissato dalle impugnazioni e dalle richieste delle parti, e, in particolare, non possono riguardare nuove questioni di diritto, se esse postulano indagini ed accertamenti in fatto non compiuti dal giudice del merito ed esorbitanti dai limiti funzionali del giudizio di legittimità.

D’altra parte, qualora la questione sia stata già proposta, sia in primo grado che in appello, ed il giudice di merito non si sia pronunciato su di essa, essa può essere fatta valere non sotto il profilo della violazione di legge, ma solo come violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., cioè, sotto il profilo della omessa corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.

2= Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 782 c.c., comma 1, della L. 31 maggio, n. 218, artt. 56 e 14 falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., vizio motivazionale (art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5).

Avrebbe errato la Corte di Appello di Roma, secondo la ricorrente, nell’aver ritenuto superata la nullità della donazione ritenendo quella donazione stipulata in (OMISSIS) o, addirittura, escludendo l’applicazione, al requisito della forma, del diritto italiano per essere rimasto indeterminato il luogo di stipulazione del contratto, perchè la mancata prova che il contratto si sia perfezionato in Italia, non comportava l’automatica applicazione della legge "altra" ipotizzata dalla norma nazionale di diritto internazionale privato;

essa implicava piuttosto, che la questione rimaneva incerta, onde applicando l’art. 14 (o magari il principio generale che può ricavarsi in termini di favor) si dovrebbe approdare comunque al diritto italiano. La sentenza sembra improntata alla logica secondo cui, in mancanza della prova rigorosa che il contratto si sia perfezionato in Italia, la nullità non possa essere accertata e dichiarata (alla stregua del diritto italiano) con la conseguenza di presumere (in assenza di ogni logico presupposto) la stipulazione dell’atto in (OMISSIS) e, comunque, l’applicazione del diritto svizzero al requisito della forma. Piuttosto, secondo la ricorrente, la principale norma di riferimento è la L. 31 maggio 1995, n. 218, art. 56 alla cui stregua la donazione è regolata, quanto alla sostanza, dalla legge nazionale del donante e quanto alla forma, alternativamente dalla legge che ne regge la sostanza, ovvero da quella dello Stato nel quale l’atto è compiuto. Sicchè, la donazione di cui trattasi, sarebbe retta in linea di principio, dal diritto italiano, tranne applicare, alla sola forma, in alternativa, il diritto svizzero, ove risultasse che l’atto sia stato compiuto in (OMISSIS), o, comunque, che quivi è stata comunicata l’accettazione, dato che sarebbe questo evento a costituire il momento terminale e perfezionativo della fattispecie.

2.1.= Il motivo è infondato e non può essere accolto perchè la Corte romana ha fatto buon uso della normativa e dei principi di cui alla L. 31 maggio 1995, n. 218, nonchè della normativa in materia di donazione e di quella di cui all’art. 2697 cod. civ..

2.1.a).= Come è pacifico la L. 31 maggio 1995, n. 218, art. 56 stabilisce che le donazioni che presentano elementi di estraneità rispetto all’ordinamento italiano, devono essere regolati per ciò che attiene alla sostanza, dalla legge nazionale del donante al momento della donazione e, per ciò che attiene alla forma, dalla legge che ne regola la sostanza oppure dalla legge dello Stato nel quale l’atto è compiuto. Pertanto, al fine di stabilire se una donazione, avuto riguardo alla forma possa essere regolata dalla legge di altro Stato diverso da quello italiano, è necessario accertare il luogo dove è stato posto l’atto di donazione. Ora nell’ipotesi in esame, in mancanza di altra e diversa prova, il luogo dove è stato posto l’atto di donazione non può non coincidere con il luogo dove materialmente risulta essere stato effettuato il deposito bancario considerato che il deposito bancario rappresenta la forma attraverso cui è stata posta in essere la donazione di cui si dice.

2.1.b).= Ai sensi dell’art. 2697 cod. civ. la prova di un luogo diverso rispetto a quello del deposito bancario era a carico di chi invocava la nullità della donazione per mancanza di forma dell’atto.

Tale prova è mancata. Come scrive la Corte romana: "(…) l’appellante se da un lato svolge un’argomentazione giuridica compiuta in ordine alle norme applicabili, nulla allega e tanto meno prova in ordine ad un elemento fondamentale per la decisione: quale sia stato il luogo nel quale è stata disposta la donazione e se esso fosse diverso da quello della ricezione". Insomma, come ha affermato la Corte romana, l’attuale ricorrente (originaria appellante) non ha dato prova che la donazione sia stata posta in essere in un luogo diverso dalla ricezione della donazione stessa e in mancanza di una diversa prova, considerato che il denaro, è un bene mobile, doveva ritenersi che l’atto di donazione sia stato posto in essere nel luogo dove è stato depositato il denaro. La Corte romana, correttamente, ha specificato che non aveva motivo di ritenere che la donazione in esame sia stata disposta dall’Italia, per il solo fatto che il donante fosse cittadino italiano, visto che anche la donataria, pur cittadina italiana, aveva un rapporto di contoricorrente nella Confederazione Elvetica, il che vai quanto dire che i dati riscontrati inducevano a ritenere che la donazione di denaro mediante deposito era stata posta in essere nel luogo della banca ove il deposito veniva effettuato.

3.= Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 782 e 1325 c.c. della L. 31 maggio 1995, n. 218, artt. 56 e 14 della Legge federale svizzera 18 dicembre 1987, artt. 116 e 117 sul diritto internazionale privato (art. 360 c.p.c., n. 3). In particolare la ricorrente ritiene che ammesso pure che la donazione a favore della signora B. si fosse perfezionata in (OMISSIS), essa non potrebbe essere sottratta alla sua naturale condizione di atto nullo per due ragioni: a) la Corte romana non avrebbe applicato correttamente il combinato disposto dell’art. 782, e dell’art. 1325 cod. civ. perchè avendo l’art. 1325 cod. civ. elevato la forma della donazione a requisito di sostanza del negozio, esso ricadrebbe nell’ambito di applicabilità della L. n. 218 del 1995, art. 56, comma 1 e pertanto, la legge della forma non può essere diversa dalla (ovvero non può che essere la legge della sostanza b).

La Corte romana avrebbe errato, ancora, nel non aver indicato con precisione e rigore quale legge straniera riteneva applicabile. In particolare, sempre secondo la ricorrente – risulterebbe pretermesso la Legge federale svizzera, art. 117 sul diritto internazionale, privato il quale disponendo che se le parti non hanno scelto il diritto applicabile il contratto è regolato dal diritto dello Stato con il quale è più strettamente connesso. Si presume che la connessione più stretta sa quella con lo Stato in cui la parte che deve eseguire la prestazione caratteristica ha la dimora abituale o, se ha concluso il contratto in base ad un’attività professionale o commerciale cui ha la stabile organizzazione. Pertanto, specifica la ricorrente, essendo pacifico che tutte e due le parti (e non solo quella che deve eseguire al prestazione) hanno in Italia la dimora abituale l’ordinamento svizzero rimette ogni disciplina del contratto senza alcuna distinzione, di forma e di sostanza alla legge italiana, per cui ancora una volta non può sfuggirsi alla nullità della donazione per violazione dell’art. 782 cod. civ.. L’ordinamento svizzero, in altri termini, conterrebbe un c.d. "rinvio indietro". 3.1.= Il motivo nella sua duplice articolazione non ha ragion d’essere e non può essere accolto perchè la Corte romana ha correttamente applicato la normativa e i principi del diritto internazionale privato ed in particolare la L. n. 218 del 1995, art. 56. 3.1.a).= A ben vedere, la disposizione di cui alla L. n. 218 del 1995, art. 56, comma 3 nel prevedere che "la donazione è valida quanto alla forma (..)" non contiene alcuna distinzione tra forme diverse (ad probationem e ad substantiam) ed essendo ordinata al principio della conservazione della validità degli atti giuridici, nella consapevolezza che l’aspetto della forma possa essere regolato da un sistema normativo differente rispetto al sistema normativo che regge la sostanza, è ragionevole ritenere che quell’espressine si riferisca ad ogni tipo di forma. Per altro, ai fini del diritto internazionale privato, sia interno che convenzionale non esiste una forma che rilevi in modo diverso da quanto regolato normativamente. E di più, nei casi in cui la forma del negozio giuridico è richiesta per la stessa validità dell’atto, considerato che si traduce in una richiesta di una forma particolare (normalmente è richiesta la forma della scrittura e non quella dell’oralità o della gestualità contestualizzata o del silenzio circostanziato), non significa che la forma richiesta, acquisti l’identità di sostanza del negozio che invece, riguarda l’assetto degli interessi specificati sotto il profilo soggettivo ed oggettivo.

3.1.b).= La Corte romana non ha neppure errato nell’aver escluso l’applicabilità nel caso in esame della Legge federale svizzera, art. 117 che – sempre a dire della ricorrente – conterrebbe un "rinvio indietro", ovvero, un rinvio alla legge italiana, perchè: a) la L. n. 218 del 1995, art. 13 esplicitamente esclude l’applicabilità di tale tipo di rinvio con riguardo alle disposizioni concernenti la forma degli atti. In altri termini in ragione della L. n. 218 del 1995, art. 13 le norme di diritto internazionale svizzero in materia non trovano applicazione; b) l’art. 124 LDIP (della legge federale sul diritto internazionale privato) dispone che "Il contratto è formalmente valido se conforme al diritto che gli è applicabile o al diritto del luogo di stipulazione. 2 Se, al momento della stipulazione, le parti si trovano in diversi Stati, è sufficiente la conformità al diritto di uno di essi. 3 Se il diritto, applicabile al contratto prescrive l’osservanza di una forma a tutela di una parte, la validità formale è regolata esclusivamente da questo diritto, a meno ch’esso non ammetta l’applicazione di un altro diritto";

In definitiva, il ricorso va rigettato e la ricorrente in ragione del principio della soccombenza, ex art. 91 c.p.c., condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione così come verranno liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, a favore di B.E., che liquida in Euro 6000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi e oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2012

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