Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 13-10-2011) 28-10-2011, n. 39202

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

p. 1. Con ordinanza in data 18/03/2011, il Tribunale di Napoli respingeva l’istanza di riesame proposta da M.G. e P.C. avverso il decreto di convalida del sequestro probatorio emesso dal P.M. del tribunale di Torre Annunziata in data 15/02/2011, nell’ambito di un procedimento penale nel quale gli istanti erano indagati per il reato di usura. p. 2. Avverso la suddetta ordinanza, la sola M., in proprio, ha proposto ricorso per cassazione deducendo violazione dell’art. 644 c.p. per essere "contraddittoria ed illogica la motivazione del Tribunale laddove ha ritenuto la documentazione offerta dai prevenuti priva di valore probatoria ed inidonea in relazione alle operazioni dei plurimi acquisiti preziosi e delle annotazioni promemoria rinvenute nei fogli e nei quaderni".

Motivi della decisione

p. 1. In tema di sequestro probatorio tre sono i principi di diritto fissati dalle SSUU (sentenza n 5876/2004 rv 226712) e, poi reiteratamente ribaditi da questa Corte (Cass. 23215/2004 Rv 229415 – Cass. 9556/2004 Rv 228389 – Cass. 30328/2004 Rv 229127 – Cass. 25966/2004 Rv 22978 – Cass. 35615/2004 Rv 229721 – Cass. 17289/2006 Rv 234532 – Cass. 17711/2004 Rv 232282):

– "il ricorso per violazione di legge, ai sensi dell’art. 325 c.p.p., comma 1, è ritualmente proponibile per denunciare la mancanza assoluta di motivazione dell’ordinanza di riesame, confermativa del sequestro probatorio di cose qualificate come corpo del reato, in ordine al presupposto della finalità probatoria perseguita in funzione dell’accertamento dei fatti";

– "il decreto di sequestro probatorio di cose qualificate come corpo del reato dev’essere necessariamente sorretto da idonea motivazione, anche in ordine alla concreta sussistenza del presupposto della finalità probatoria perseguita in funzione dell’accertamento dei fatti" ossia dell’assicurazione della prova del reato per cui si procede o della responsabilità dell’autore";

– In sede di riesame del sequestro probatorio, il tribunale deve stabilire l’astratta configurabilità del reato ipotizzato. Tale astrattezza, però, non limita i poteri del giudice nel senso che questi deve esclusivamente "prendere atto" della tesi accusatoria senza svolgere alcun’altra attività, ma determina soltanto l’impossibilità di esercitare una verifica in concreto della sua fondatezza. Alla giurisdizione compete, perciò,il potere-dovere di espletare il controllo di legalità, sia pure nell’ambito delle indicazioni di fatto offerte dal pubblico ministero. L’accertamento della sussistenza del "fumus commissi delicti" va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica. Pertanto, il tribunale non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l’indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando l’integralità dei presupposti che legittimano il sequestro": SSUU 23/1996 Rv. 206657.

Orbene, è sufficiente leggere il ricorso per avvedersi che la ricorrente, lungi dal contenere il motivo di ricorso entro il suddetto stretto ambito (così come, invece, ha fatto correttamente il tribunale il quale, dopo avere dato degli elementi probatori in atti, ha ritenuto che l’ipotesi accusatoria fosse, in astratto, configurabile), si dilunga in un esame del merito dei singoli indizi giungendo alla conclusione che i medesimi non avrebbero una valenza tale da poter far configurare l’ipotizzato reato di usura.

Sennonchè, la censura va ritenuta inammissibile proprio perchè, con la medesima, la ricorrente non ha evidenziato alcuna violazione di legge ma si è limitata a contestare, espressamente, sotto il profilo della illogicità della motivazione, la sussistenza del contestato reato di usura: il che, alla stregua della citata giurisprudenza di questa Corte, deve ritenersi inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

DICHIARA Inammissibile il ricorso e CONDANNA la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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