Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 13-10-2011) 28-10-2011, n. 39199 Ricorso straordinario per errore materiale o di fatto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

p. 1. Con sentenza n. 41360/2010, pronunciata in data 21/10/2010, la Sesta sezione di questa Corte, rigettava, in parte, il ricorso proposto da P.P. avverso la sentenza n. 123/2008 della Corte di Appello di Roma che, in data 8/01/2007, aveva condannato il ricorrente alla pena di anni uno, mesi quattro di reclusione per i fatti di cui ai capi F) ed L) (qualificati come ipotesi di corruzione per un atto d’ufficio ex art. 318 c.p.) ed F1) (qualificato come turbata libertà degli incanti ex art. 353 c.p.). p. 2. Avverso la suddetta sentenza, il P. ha proposto ricorso ex art. 625 bis c.p.p. deducendo errore di fatto in relazione all’omessa rilevazione del tempus commissi delicti con conseguente omessa declaratoria di prescrizione per i reati ascritti. Rileva, infatti, il ricorrente che, nella fattispecie ricorrevano tutti i presupposti perchè la Corte dichiarasse la prescrizione atteso che:

– non era stata dichiarata l’inammissibilità del ricorso, sicchè il rapporto d’impugnazione doveva ritenersi validamente instaurato;

– il reato di cui al capo F) era stato commesso fino al luglio 2000, quello di cui al capo F1) era stato commesso fino al (OMISSIS) e quello di cui al capo L) fino al (OMISSIS).

Poichè per tutti i reati, il termine prescrizione era di anni sette e mesi sei, ne conseguiva che, anche a voler considerare il termine di sospensione di mesi sei e gg 18 (dal 22/3 al 10/10/2007 per l’astensione dalle udienze indetta dall’Unione delle Camere penali), tutti i suddetti reati si erano ampiamente prescritti nelle more fra il giudizio di appello e quello di Cassazione ed esattamente: i reati di cui al capo F) si erano prescritti a far data dall’agosto 2008, quelli di cui al capo F1) a far data dall’agosto 2009 e quelli di cui al capo L) dal 18/1/2008.

Motivi della decisione

p. 1. In punto di diritto, va osservato che, per pacifica giurisprudenza di questa Corte, l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall’art. 625 bis c.p.p. consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso. Di conseguenza: 1) qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio; 2) sono estranei all’ambito di applicazione dell’istituto gli errori di interpretazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l’attribuzione ad esse di una inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenziali consolidati, nonchè gli errori percettivi in cui sia incorso il giudice di merito, dovendosi questi ultimi far valere – anche se risoltisi in travisamento del fatto – soltanto nelle forme e nei limiti delle impugnazioni ordinarie: ex plurimis SSUU 16103/2002 Rv. 221280 – Cass. 6770/2008 Rv. 239037. p. 1.1. Peraltro, quanto alla prescrizione maturata durante il processo e non dichiarata dalla Corte di Cassazione, nell’ambito di questa stessa Corte, in ordine all’ammissibilità o meno del ricorso ex art. 625 bis c.p.p., vi è contrasto.

Secondo una prima tesi, la mancata rilevazione della prescrizione del reato nel corso del processo di cassazione non è riconducibile all’errore materiale o di fatto di cui all’art. 625 bis c.p.p. e ciò perchè, in definitiva, "l’individuazione del momento di consumazione del reato (per il quale non è sufficiente il dato emergente dall’iniziale capo di imputazione ma occorre la verifica di una non diversa valutazione dei giudici del merito) e la verifica dell’esistenza o meno di cause di interruzione ovvero di sospensione della prescrizione (si pensi innanzitutto a rinvii di udienza per ragioni addebitatoli all’imputato o alla sua difesa e con i requisiti di cui all’art. 159 c.p., comma 3) sono attività prettamente a contenuto valutativo, che richiedono un apprezzamento anche discrezionale suscettibile di previo contraddittorio e, come tale, insuperabilmente diverso dal mero controllo formale di immediata e indiscutibile evidenza. In definitiva, il tema dell’intervenuta o meno prescrizione del reato per cui si procede è argomento, o punto della decisione, tipicamente oggetto di valutazione e giudizio, e la sua mancata trattazione nel processo in cassazione non è di regola riconducibile all’errore di fatto, tantomeno all’errore materiale, di cui all’art. 625 bis c.p.p.: Cass. 10781/2009 Rv. 243668 – Cass. 33872/2006 riv 234878 – Cass. 41237/2008 riv 242416 – Cass. 13279/2011 riv 249949 – Cass. 4783/2011 riv 249562.

Secondo altra tesi, invece, integra errore di fatto di natura percettiva, che legittima la proposizione del ricorso straordinario previsto dall’art. 625 bis cod. proc. pen., l’omesso esame, da parte della Corte di cassazione, della questione della prescrizione del reato, causato dalla mancata rilevazione del "tempus commissi delicti": Cass. 15683/2010 riv 246963 – Cass. 41918/2009 riv 245058 – Cass. 15683/2010 riv 246963 – Cass. 41489/2010 riv 248712. p. 1.2. Questa Corte ritiene più aderente alla ratio legis dell’art. 625 bis c.p.p. nonchè alla stessa interpretazione che dell’istituto è stata data da questa stessa Corte (cfr SSUU 16103/2002 Rv. 221280 – Cass. 6770/2008 Rv. 239037 cit), la seconda delle tesi di cui si è dato conto, pur con le seguenti precisazioni.

La prescrizione, per le sua peculiarità, presenta indubbiamente una serie di problematiche di fatto e giuridiche che non è pensabile che possano essere fatte valere, per la prima volta, in sede di ricorso straordinario.

A mero titolo di esempio, si può far riferimento:

– alla disciplina applicabile e cioè se la nuova o quella previgente;

– al tempus commissi delicti che, ad es. quanto alla ricettazione può variare in modo significativo se si considera il dies a quo quello della consumazione del reato presupposto ovvero quello dell’accertamento della ricettazione;

– ai rinvii ai fini della sospensione dei termini, che comportano un apprezzamento in ordine alla addebitabilità effettiva del singolo rinvio alla parte privata nonchè alla qualificazione della causa di rinvio ai fini dell’applicazione o meno del termine massimo dei sessanta giorni di sospensione. Ciò significa, quindi, che, in tema di prescrizione, l’errore di fatto, rimediabile con il ricorso straordinario, è configurabile solo quando la decisione in ordine alla causa estintiva non è soggetta ad alcuna valutazione giuridica e/o di fatto, ma ad una semplice presa d’atto che la medesima, nel giudizio di cassazione, era maturata e che la Corte, appunto, per una svista derivante da un evidente mero errore di fatto, non l’ha rilevata.

Premesso questo principio di diritto, va anche osservato che la Corte – investita del ricorso straordinario – non si trova nella materiale condizione di prendere visione del fascicolo del processo nell’ambito del quale si assume essere maturata la prescrizione: di conseguenza, è ovvio che dev’essere onere della parte – che ha la disponibilità del fascicolo o comunque la possibilità di accedervi – anche in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, allegare e produrre tutta la documentazione in copia autentica sulla base della quale verificare la fondatezza o meno del ricorso straordinario, allegazione che consiste, ad es. nel produrre le sentenze di merito (al fine di verificare se e in che termini sia mai stata sollevata questione sulla prescrizione o comunque questioni su di essa influente, come ad es. la data del commesso reato), i verbali del dibattimento di primo e secondo grado (al fine di verificare se siano stati concessi rinvii che potrebbero avere determinato delle sospensioni) e comunque ogni altra eventuale documentazione utile ai fini della decisione.

Applicando, ora, al caso di specie i suddetti principi, deve osservarsi che il ricorrente, non ha assolto al suddetto onere probatorio perchè:

– non ha prodotto le sentenze di merito dalle quali poter desumere sia le imputazioni sia le date di commissione dei reati;

– pur affermando che si erano verificate cause di sospensione, questa Corte non è stata messa in grado di verificare e controllare se e in che termini la suddetta affermazione fosse corretta.

Va, pertanto, affermato il seguente principio di diritto: "Integra errore di fatto di natura percettiva, che legittima la proposizione del ricorso straordinario previsto dall’art. 625 bis cod. proc. pen., l’omesso esame, da parte della Corte di cassazione, della questione della prescrizione del reato.

In tema di prescrizione, l’errore di fatto, rimediabile con il ricorso straordinario, è configurabile solo quando la decisione in ordine alla causa estintiva non è soggetta ad alcuna valutazione giuridica e/o di fatto, ma ad una semplice presa d’atto che la medesima, nel giudizio di cassazione, era maturata e che la Corte, per una svista derivante da un evidente mero errore di fatto, non l’ha rilevata. E’ onere del ricorrente, alla stregua del principio di autosufficienza del ricorso, allegare e produrre, in copia autentica, tutta la documentazione sulla base della quale verificare la fondatezza o meno del ricorso straordinario". p. 4. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000,00.

P.Q.M.

DICHIARA Inammissibile il ricorso e CONDANNA Il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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