Cass. civ. Sez. II, Sent., 30-04-2012, n. 6612 Contratto preliminare Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione del 4/10/1997 V.M. conveniva in giudizio C.G. e la società Il Sasso s.r.l. per sentirli condannare a dare esecuzione ad un contratto preliminare trasferendo in favore di esso attore e per esso, in virtù della clausola con la quale egli si era riservato di acquistare per sè o per persona da nominare, alla società Immobiliare Silvia s.a.s. il terreno descritto in contratto.

In corso di causa si costituiva C.A. quale erede di C. G..

Con sentenza del 9/11/2004 il Tribunale di Prato, disattese le eccezioni (di nullità o annullabilità del preliminare) sollevate dai convenuti, disponeva il trasferimento dell’immobile in favore dell’Immobiliare Silvia che dichiarava tenuta al pagamento del prezzo residuo.

I convenuti proponevano appello al quale resisteva il V..

La Corte di Appello di Firenze con sentenza 16/2/2010 rigettava l’appello confermando la sentenza appellata salvo che per quanto attiene all’individuazione del soggetto tenuto al pagamento del saldo prezzo che era individuato nella persona dello stesso stipulante V.M., anzichè nella società Silvia Immobiliare, terza nominata a favore della quale era trasferita la proprietà del bene.

In particolare, la Corte territoriale rileva che:

– la clausola contrattuale prevede la facoltà di nomina del terzo acquirente e che tempestivamente, con l’atto di citazione per l’esecuzione del contratto, il V. lo ha nominato;

il terzo nominato con l’atto introduttivo del giudizio, in forza della clausola, è semplicemente il destinatario dell’effetto acquisitivo, come nel contratto a favore di terzo e pertanto non assume gli obblighi del contratto che invece continuano a gravare sullo stipulante; la partecipazione del terzo al giudizio non è, quindi, necessaria;

– il dispositivo deve essere corretto in conformità all’iniziale domanda dell’attore che si era offerto di pagare il residuo prezzo e, quindi, il residuo prezzo deve essere posto a carico dello stipulante, non potendo essere posto a carico del terzo, rimasto fuori del processo e neppure legittimato all’impugnazione;

– i motivi di appello dei convenuti sono infondati: non v’è stato errore da parte degli stessi o approfittamento da parte del V. della loro buona fede in ordine alla pattuizione riguardante due particelle catastali (la n. 12 e la n. 14) che figurano nella bozza di uno dei due preliminari e non nell’altra;

le planimetrie allegate alle bozze (una delle planimetrie firmata, nella quale non figuravano le particelle 12 e 14) dalle quali avrebbe dovuto desumersi la reale volontà delle parti non sono, invece significative dell’effettivo accordo raggiunto, in quanto il preliminare non riproduce il contenuto delle bozze, nè l’iniziale previsione di prezzo, ma contiene semplicemente la proposta dei venditori che non è stata accettata e l’iniziale trattativa è stata superata dall’accordo intervenuto con il preliminare al quale non può essere attribuito un oggetto diverso da quello ivi manifestato;

– la bozza sottoscritta, nella quale non compaiono le due suddette particelle non ha funzione negoziale, ma è un semplice promemoria formato a corredo di accordi diversi e pertanto non è raggiunta la prova dell’errore nel sottoscrivere il preliminare;

– le suddette particelle non possono coincidere con il terreno che nel preliminare è escluso ed indicato con la frase "guardando con le spalle alla casa, alla sinistra della strada vicinale" perchè non corrispondono nè per posizione, nè per dimensioni a quel terreno;

– gli appellanti avevano sostenuto di avere venduto le particelle per terreno agricolo senza sapere che il terreno era urbanisticamente destinato a stoccaggio materiali e, invece, non sussiste neppure errore sulla qualità essenziale dell’oggetto perchè non è dimostrato nè che i venditori fossero in errore, nè che senza tale errore il contratto non sarebbe stato concluso, nè che la diversa destinazione avrebbe inciso in misura significativa sul corrispettivo tanto da rendere l’affare sconveniente è nulla è detto quanto alla riconoscibilità dell’errore;

– il motivo di appello avente ad oggetto l’ammontare delle spese legali liquidate in primo grado a favore degli attori deve essere rigettato in quanto la somma è stata liquidata in misura inferiore a quella richiesta in primo grado dagli stessi appellanti.

C.A. e la soc. Il Sasso s.r.l. propongono ricorso affidato a nove motivi e depositano memoria. Resiste con controricorso V.M. e deposita memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione degli artt. 112 e 329 c.p.c., art. 2909 c.c..

Il motivo è articolato su due distinte censure numerate con i numeri 1.1 e 1.2 del primo motivo.

Al numero 1.1. è censurata la qualificazione del contratto perchè il giudice di appello avrebbe dato al contratto la qualificazione di contratto a favore di terzo in contrasto con la qualificazione datane dal giudice di primo grado e senza che vi fosse un motivo di appello sul punto;

Al numero 1.2 è censurata l’individuazione di un soggetto debitore del prezzo diverso rispetto al soggetto individuato dalla sentenza di primo grado, in conformità alla qualificazione di contratto per persona da nominare nel quale il nominato subentra nei diritti e obblighi contrattuali.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono il vizio di motivazione in ordine alla qualificazione del contratto come contratto a favore di terzo.

3. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono l’errata qualificazione del contratto e la violazione degli artt. 1401 e 1405 c.c. e degli artt. 1411 e 1413 c.c. perchè la formula per sè o per persona da nominare depone per la volontà di stipulare un contratto per persona da nominare, posto che è normale che il beneficiario dell’acquisto sia anche il soggetto tenuto al pagamento, essendo, invece anomalo il contrario.

4. Con il quarto motivo i ricorrenti deducono la carenza di legittimazione attiva dell’attore V.M. e la violazione dell’art. 81 c.p.c. nonchè la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia in ordine al motivo di appello con il quale gli appellanti sostenevano che non poteva essere disposto il trasferimento del bene al soggetto nominato (immobiliare Silvia) in quanto non costituitasi in giudizio e il V. non poteva considerarsi sostituto processuale della stessa.

5. Il primo motivo con riferimento alla censura di cui al numero 1.1.

(qualificazione del contratto), il secondo, il terzo motivo e il quarto motivo possono essere esaminati congiuntamente in quanto trovano il loro fulcro nell’assunto per il quale il V. non avrebbe potuto agire in base al contratto, erroneamente qualificato come contratto a favore di terzo, per fare acquistare la proprietà al terzo nominato.

La censura di cui al numero 1.1 del primo motivo, il secondo motivo, il terzo e il quarto motivo sono manifestamente infondati.

Il V., promittente compratore, si era riservato la facoltà di nominare, in proprio luogo, l’acquirente fino al momento della stipula del rogito di trasferimento.

Nel caso d’inadempimento di un contratto preliminare di compravendita che preveda la stipulazione del contratto definitivo a favore del promissario o di un terzo da nominare al momento della stipula, perchè il promissario possa ottenere in giudizio pronuncia di trasferimento direttamente a favore del terzo, occorre che la nomina di quest’ultimo sia fatta nella stessa domanda (cfr. Cass. 17/2/1983 n. 1219; Cass. 12/4/1999 n. 3576) .

Inoltre, non era stata prevista come necessaria e non era intervenuta una electio amici prima del rogito notarile, con la conseguenza che alla persona nominata era attribuito il mero diritto alla prestazione dovuta dal promittente venditore, senza che vi fosse, cioè, mutamento delle originarie parti stipulanti (cfr. Cass. 7/3/2002 n. 3328).

Pertanto:

a) sono infondate le censure di difetto di legittimazione attiva di cui al 4 motivo dirette a contestare la legittimazione attiva del V. (stipulante) in quanto, non essendo intervenuta anteriore nomina del terzo, l’unico soggetto legittimato ad agire era lo stipulante; è altresì infondata l’eccezione di omessa pronuncia sulla legittimazione contestata, posto che il giudice di appello ha affermato (con ciò pronunciandosi) la legittimazione attiva dell’attore;

b) sono infondate le censure sulla qualificazione del contratto di cui al secondo e al terzo motivo perchè il giudice di appello non ha qualificato il contratto per persona da nominare come contratto a favore del terzo, ma si è limitato a rilevarne l’assimilabilità quanto agli effetti perchè, nel contratto sottoposto al suo esame il terzo non subentrava nel contratto, ma diveniva destinatario del diritto oggetto del trasferimento;

c) ne discende altresì l’infondatezza del primo motivo quanto alla violazione del giudicato sulla qualificazione contratto: il giudice di appello non ha mutato la qualificazione del contratto come contratto per persona da nominare, ma si è limitato a individuare (confermando quanto già affermato del primo giudice) nello stesso stipulante il soggetto legittimato ad agire per l’esecuzione dell’obbligo di adempiere il contratto, in coerenza con l’interpretazione del contratto come contratto nel quale la persona da nominare era la persona a favore della quale doveva avvenire il trasferimento, come, d’altra parte, reso evidente dalla riserva di nomina al momento del rogito.

6. Con il quinto motivo i ricorrenti deducono il vizio di motivazione relativo all’interpretazione del contratto.

Nel motivo si critica la motivazione della sentenza di appello perchè avrebbe fatto riferimento ad una bozza di preliminare nella quale sarebbero state incluse le due particelle in contestazione (la 12 e la 14), contraddittoria rispetto all’affermazione per la quale non vi sarebbe consequenzialità tra le bozze e il preliminare perchè superate da ulteriore sviluppo della trattativa.

La censura è priva di rilevanza, come emerge dalla stessa motivazione della sentenza nella quale si legge "… fossero incluse o fossero escluse inizialmente dalla trattativa le particelle 12 e 14 è cosa che non ha importanza e che non serve ad attribuire al contratto preliminare un oggetto diverso da quello in esso manifestato" (alla sesta pagina della sentenza impugnata).

Inoltre, sempre con riferimento al preteso vizio di motivazione, nel motivo si ripropongono questioni già trattate del giudice di appello relative:

– alla mancata indicazione delle particelle n. 12 e 14 e l’indicazione della particella 65 nella planimetria allegata al contratto, che nel contratto non era inclusa;

– alla rilevanza della planimetria nell’individuazione dell’oggetto del contratto e il riferimento alla stessa da parte del V.;

alla circostanza che, contestualmente alla stipula del preliminare, erano concesse al V., in locazione, le particelle 12 e 14 proprio perchè estranee al preliminare;

alla rilevanza della clausola contrattuale che escludeva il terreno indicato con la frase "guardando con le spalle alla casa, alla sinistra della strada vicinale" (si sostiene che anche le particelle 12 e 14 si trovavano in quella posizione).

Tutte queste censure sono inammissibili in quanto non evidenziano un vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, ma una critica delle valutazioni di merito del giudice di appello che, motivando adeguatamente su tutti i fatti sopra elencati (v., punto per punto l’esauriente percorso motivazionale della Corte di Appello qui sintetizzato nella parte dedicata allo svolgimento del processo) è giunto alla conclusione che al preliminare, nel quale era espressamente previsto il trasferimento delle particelle nn. 12 e 14, non poteva essere attribuito un oggetto diverso da quello ivi manifestato, malgrado nella planimetria allegata e sottoscritta, le stesse non fossero indicate; in questo senso va inteso anche il riferimento all’errore ostativo che, appunto, viene escluso; la censura sull’uso di questa terminologia da parte del giudice di appello è del tutto irrilevante in quanto la Corte di Appello non ha applicato la normativa dell’annullamento del contratto per tale vizio, ma ha ritenuto che nel contratto preliminare fossero incluse anche le particelle che venivano espressamente menzionate, ancorchè non inserite nella planimetria e così motivando ha ricostruito la reale volontà delle parti.

I ricorrenti aggiungono che sarebbe stata trascurato, nella motivazione, il fatto che il terreno di cui alle particelle 12 e 14 sarebbe stato concesso in locazione lo stesso giorno del preliminare, ma la mancata motivazione sulla rilevanza dell’intervenuta locazione non integra il vizio dedotto perchè, da un lato, mancano e non sono neppure dedotti elementi idonei a sostenere la decisività del fatto e, dall’altro, il fatto non appare, di per sè decisivo perchè la locazione è compatibile con l’intento di immettere il promissario acquirente nella detenzione fino alla stipula del definitivo.

7. Con il sesto motivo i ricorrenti deducono la violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e 1363 c.c. e sostengono che:

7.1 sarebbe stato violato l’art. 1363 c.c. perchè non sarebbe stato valutato il contratto nel suo complesso, comprensivo anche della planimetria allegata (che non comprendeva le particelle in contestazione);

7.2 non sarebbe stata valutata la dichiarazione del V. che il 26/9/1997 aveva dichiarato che i terreni da trasferire erano quelli indicati nel preliminare e nell’allegata planimetria (che, come detto non comprendeva le particelle 12 e 14).

8. Il motivo è infondato perchè la Corte di Appello, non ha trascurato, ma ha tenuto conto della planimetria, adeguatamente motivando nel senso che la mancata indicazione, in planimetria, delle particelle 12 e 14, era attribuibile ad un errore o più verosimilmente (secondo il giudice di appello) alla redazione e sottoscrizione della planimetria in un momento anteriore all’accordo, definitivamente consacrato con il preliminare. Il fatto che il V. abbia dichiarato il 26/9/1997 che i beni da trasferire erano quelli esattamente indicati nel preliminare e nell’allegata planimetria è del tutto irrilevante, posto che nella dichiarazione si rinvia sia al preliminare che alla planimetria e la mancata coincidenza tra indicazioni del preliminare e indicazioni della planimetria è stata risolta, con adeguata motivazione, nel senso che le indicazioni di cui alla planimetria fossero inidonee a escludere la volontà di trasferire anche le particelle 12 e 14, espressa nel preliminare; in conclusione, il giudice di appello non ha violato la regola per la quale occorre indagare sulla comune volontà delle parti.

9. Con il settimo motivo i ricorrenti deducono il vizio di motivazione e la violazione dell’art. 1429 c.c. (errore essenziale) e art. 1431 c.c. (errore riconoscibile) in relazione al terzo motivo di appello con il quale i ricorrenti lamentavano il mancato accoglimento della loro domanda di annullamento del contratto per errore essenziale; al riguardo assumono che:

– le parti, come risulta dal contratto, avevano inteso compravendere terreni agricoli mentre le particelle 12 e 14 avevano acquisito vocazione edificatoria, rilevante ai fini dell’errore essenziale, dal momento della adozione da parte del Comune, del piano di fabbricazione di cui alla Delib. 26 aprile 1992, n. 82 che le destinava ad espansione residenziale:

la Corte di Appello aveva preso in considerazione solo la particella n. 12 e non anche la n. 14 e l’aveva considerata non già come destinata all’edificazione, ma allo stoccaggio materiali;

– la Corte di Appello aveva ritenuto non provato che parte venditrice fosse in errore sulla destinazione urbanistica, mentre l’errore era provato dallo stesso contratto con il quale si vendevano terreni agricoli e non terreni edificabili (così come nel contestuale contratto di locazione avente ad oggetto i terreni di cui al preliminare);

– la Corte di Appello aveva errato nel ritenere non provato che la diversa destinazione di quella particella avrebbe influito significativamente sul valore complessivo dell’affare si da renderlo sicuramente ed oggettivamente sconveniente; non avrebbe tenuto conto della notoria differenza di valore fra terreni edificabili e terreni non edificabili e del fatto che le porzioni di terreno in questione avevano una superficie (mq. 1950 e mq. 6979) non marginale rispetto alla superficie (mq 45.000) complessivamente promessa in vendita;

La Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere necessario il requisito della riconoscibilità dell’errore (ritenuto non provato) in quanto le parti avevano promesso in vendita terreni agricoli e pertanto l’errore sarebbe comune ad entrambe le parti con la conseguenza che, non sussistendo l’esigenza di tutelare l’affidamento di alcuno del contraenti (essendo entrambi convinti della destinazione agricola) non poteva operare il requisito della riconoscibilità. 10. L’errore sulla edificabilità o inedificabilità di un terreno è errore di fatto che cade su una qualità dell’oggetto, cioè di una circostanza relativa ai caratteri reali del terreno, giacchè un fondo non fabbricabile (agricolo, spazio pubblico ecc), pur appartenendo al medesimo genere di quello sfruttabile per scopi edilizi, se ne differenzia per il suo impiego; i contraenti di una compravendita, poichè si determinano alla sua conclusione per le qualità del terreno e per le utilità che possono ricavare rispettivamente dalla cessione e dall’acquisto di esso, incorrono in errore essenziale se abbiano ignorato la natura dell’immobile (Cass. S.U. 1/7/1997 n. 5900). Peraltro, l’art. 1429 c.c., comma 2 stabilisce che l’errore è essenziale quando cade sull’identità o sulla qualità dell’oggetto della prestazione che, secondo il comune apprezzamento o in relazione alle circostanze, deve ritenersi determinante del consenso, mentre l’errore che verte sul valore attiene ai motivi che, come tali, non influiscono sul processo formativo della volontà negoziale (Cass. S.U. 5900/1997 cit.).

Siccome è chiesto l’annullamento dell’intero contratto e non solo della parte relativa alle particelle che si assumono erroneamente promesse in vendita come agricole e invece edificabili, non può desumersi dall’asserito errore sulla edificabilità di circa il 20% di ciò che era promesso in vendita (circa 9000 mq. su 45.000) che questo errore sia stato determinante del consenso sull’intero contratto e che non sia stato un mero errore sul valore della cosa tenuto conto che all’errore sul valore complessivo del bene (nella specie il compendio immobiliare venduto) il legislatore appresta la tutela dell’azione di rescissione per lesione, ma non la tutela dell’errore essenziale ai sensi dell’art. 1429 c.c. o, in caso di mala fede, la tutela risarcitoria dell’art. 1440 c.c..

La Corte di appello ha così, conclusivamente, motivato: "non è dimostrato che la diversa destinazione di quella sola particella avrebbe influito significativamente sul valore complessivo dell’affare concluso, si da renderlo sicuramente e oggettivamente sconveniente" I ricorrenti a fronte di questa motivazione si limitano a sostenere che si tratta di porzioni di terreno (due particelle e non una sola) non marginali e sottolineano la differenza di valore, ma non hanno fornito elementi oggettivi ulteriori rispetto alla mera differenza di valore (riguardante una modesta porzione del più esteso terreno complessivamente e unitariamente venduto) e tali da essere determinanti del consenso, tenuto conto che era stata valorizzata dalla Corte di Appello proprio la circostanza che l’edificabilità riguardava una parte e non il tutto.

11. Con l’ottavo motivo i ricorrenti deducono il vizio di omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. e il vizio di omessa motivazione in relazione al fatto che il giudice di appello non si sarebbe pronunciato sul motivo di appello avente ad oggetto la nullità del contratto per difetto di causa in applicazione dell’istituto della presupposizione sul rilievo che le parti si sarebbero determinate a contrarre sul presupposto della non edificabilità dei terreni e neppure si sarebbe pronunciato sulla richiesta di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta.

12. Nella prevalente giurisprudenza anche di legittimità, la presupposizione viene definita come obiettiva situazione di fatto o di diritto (passata, presente o futura) tenuta in considerazione – pur in mancanza di un espresso riferimento nelle clausole contrattuali – dai contraenti nella formazione del loro consenso come presupposto condizionante la validità e l’efficacia del negozio (cd. condizione non sviluppata o inespressa), il cui venir meno o verificarsi è del tutto indipendente dall’attività e volontà dei contraenti, e non corrisponde – integrandolo – all’oggetto di una specifica obbligazione dell’uno o dell’altro (v. Cass. 23/9/2004 n. 19144; Cass., 4/3/2002, n. 3052).

Al di là delle possibili definizioni, la suddetta condizione implicita deve essere provata, mentre nel caso di specie non esiste alcuna prova in merito alla presupposizione e pertanto il motivo è inammissibile perchè il ricorrente non ha interesse al rilievo della mancata pronuncia sulla presupposizione, inoltre implicitamente rigettata dal giudice di appello il quale ha escluso che fosse dimostrato che le parti non avrebbero concluso il contratto se avessero avuto cognizione della edificabilità della particella.

Identiche considerazioni valgono per la censura di omessa pronuncia sulla richiesta alternativa di risoluzione per eccessiva onerosità mancando la prova della eccesiva onerosità e quindi mancando interesse ad una pronuncia su una domanda non accoglibile per totale mancanza di prova, nè risulta che la richiesta sia stata formalizzata, come motivo di appello, con la specifica illustrazione delle ragioni poste a fondamento del motivo.

13. Con il nono motivo i ricorrenti deducono il vizio di motivazione sul loro quinto motivo di appello con il quale si dolevano dell’illegittima o ingiusta liquidazione delle spese che erano state liquidate, per l’intero, in Euro 5.225,13 per diritti, Euro 10,399,98 per onorari e Euro 3.161,25 per spese.

14. Il motivo è inammissibile per genericità e per la conseguente impossibilità di apprezzarne la rilevanza in quanto non essendo indicate nel motivo di appello le spese imponibili contestate (la censura era così formulata: "le spese imponibili non corrispondono a quelle che la parte può ragionevolmente avere sostenuto e documentato"), nè i diritti liquidabili, nè gli onorari liquidabili, non era stato neppure fornito al giudice di appello un concreto parametro di valutazione sulla congruità della liquidazione; tale carenza si riproduce in questo giudizio di legittimità con la conseguenza che in questa sede non è apprezzabile la rilevanza del vizio di motivazione dedotto.

15. Deve invece essere accolto il primo motivo di ricorso nella parte relativa all’individuazione del soggetto debitore del prezzo (v. la censura sub 1.2 del primo motivo di ricorso) perchè il giudice di primo grado aveva condannato la Immobiliare Silvia terza nominata per l’acquisto, al pagamento del saldo prezzo e l’individuazione del soggetto debitore dei saldo prezzo non aveva formato oggetto di appello; pertanto il giudice di appello, sostituendo al predetto debitore altro debitore (nella persona di V.M.), è incorso nel denunciato vizio di extrapetizione non essendo consentita neppure l’ipotizzata correzione del dispositivo per rimuovere una statuizione erronea secondo il giudice di appello, ma sulla quale nessuna delle parti abbia formulato censure.

16. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata limitatamente alla parte del primo motivo accolto che ha trovato accoglimento e deve essere confermata la sentenza di primo grado quanto alla condanna di Silvia Immobiliare s.a.s. al pagamento del residuo prezzo della compravendita; per l’accoglimento solo parziale del ricorso possono integralmente compensarsi tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso quanto all’individuazione del soggetto tenuto al pagamento del saldo prezzo, cassa la sentenza impugnata limitatamente alla riforma della sentenza di primo grado che ha posto a carico di V.M. invece che a carico della società Silvia s.a.s. l’obbligo di pagamento del saldo prezzo e conferma, sul punto, la sentenza appellata; rigetta nel resto il ricorso e compensa le spese di questo giudizio di Cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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