Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 12-10-2011) 28-10-2011, n.Attenuanti comuni provocazione 39166

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Ha personalmente proposto ricorso per Cassazione S. G., avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano del 9.11.2010, che confermo la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal gip del Tribunale di Pavia il 7.7.2009, per i reati di cui all’art. 81 cpv. c.p., L. n. 865 del 1967, artt. 2, 4 e 7, art. 648 c.p., art. 628 c.p., commi 1 e 3, art. 99 c.p..

Con il primo motivo, il ricorrente censura sotto il profilo della violazione di legge e del difetto di motivazione (art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, negata dalla Corte di merito sulla base di una non consentita estensione del concetto di unitarietà del reato continuato; con il secondo motivo lamenta il vizio di violazione di legge in relazione al mancato annullamento della sentenza di primo grado, in quanto viziata dalla mancata indicazione dei criteri di calcolo della pena, in particolare per l’omessa specificazione della parte di pena dovuta al reato più grave e degli aumenti dovuti ai reati satellite. L’omissione, secondo il ricorrente, comportava senz’altro la conseguenza dell’annullamento della sentenza, senza alcuna possibilità di interventi correttivi del giudice di appello, che aveva invece provveduto al calcolo analitico dei singoli fattori.

Motivi della decisione

1. E’ infondato il motivo concernente il mancato annullamento della sentenza di primo grado in quanto viziata dalla mancata indicazione dei criteri di calcolo della pena. E’ vero, infatti, che in tema di reato continuato, nel determinare la pena complessiva, il giudice non solo deve individuare il reato più grave, stabilendo la pena base applicabile per tale reato, dovendo anche calcolare l’aumento di pena per la continuazione in modo distinto per i singoli reati satelliti anzichè unitariamente (Cass. Nr. 04209 del 16/12/2008 SEZ. 3, Pandolci), ma contrariamente a quanto sostiene il ricorrente il giudice di appello, in caso di conferma della sentenza di condanna di primo grado, ne può integrare la motivazione, ove riscontri un difetto in ordine alla individuazione della pena base e dell’aumento a titolo di continuazione, perchè, da un lato, l’omessa indicazione dei criteri di determinazione della pena, anche nel caso di reato continuato, non da luogo ad una nullità ma ad una lacuna di motivazione e, dall’altro, le sentenze di primo e di secondo grado, ai fini del controllo di congruità della motivazione, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile (cfr.

Corte di Cassazione nr. 05606 del 10/01/2007 SEZ. 2 Conversa e altro). Ciò, anche se va sicuramente stigmatizzata qualunque prassi giudiziaria troppo approssimativa in ordine alla concreta commisurazione delle pena, tanto più rispetto al calcolo della pena base e dei singoli aumenti per i reati satellite nel caso di reato continuato, avuto riguardo alle recenti modifiche legislative che per alcuni versi ne hanno attenuato l’unità giuridica, in particolare con riferimento alla decorrenza del termine prescrizionale.

2. Merita invece accoglimento il motivo concernente la mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6. L’avviso espresso dalla Corte territoriale circa la necessità che in caso di contestazione di più reati avvinti dal vincolo della continuazione, la riparazione del danno, per integrare l’attenuante in questione, sia effettuata per tutti i fatti "unificati", sembra infatti il frutto di una superficiale lettura della sentenza delle sezioni unite di questa Corte nr. 3286 del 27/11/2008 Chiodi, secondo cui in tema di continuazione, la circostanza attenuante dell’integrale riparazione del danno va valutata e applicata in relazione a ogni singolo reato unificato nel medesimo disegno criminoso.

La sentenza, citata dal giudice di appello, comporta infatti conseguenze applicative del tutto opposte a quelle ritenute dalla sentenza impugnata, e cioè la valorizzazione della condotta riparatoria in riferimento anche soltanto a taluno dei singoli fatti di reato unificati per continuazione, con effetti sulla pena base quando il risarcimento riguardi il reato più grave, e sugli aumenti di pena quando riguardi i reati satellite, l’"integralità" della riparazione potendo (e dovendo) quindi essere apprezzata all’interno di ciascuna ipotesi criminosa, che sotto questo profilo recupera la propria autonomia "materiale", in coerenza con i limiti dell’unità giuridica del reato continuato.

Alla stregua delle precedenti considerazioni, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 2, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano per nuovo giudizio sul punto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 2, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano per nuovo giudizio sul punto.

Rigetta nel resto il ricorso.
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