T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 01-12-2011, n. 9485

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso introduttivo del giudizio la parte ricorrente ha impugnato gli atti indicati in epigrafe, deducendo censure di violazione di legge e di eccesso di potere sotto diversi profili, evidenziando quanto di seguito esposto.

La I. S.r.l. è una Società avente quale oggetto e scopo sociale la costruzione e la gestione di impianti e stabilimenti industriali per lo stoccaggio, trattamento e smaltimento di rifiuti di qualsiasi provenienza, ivi inclusi quindi i rifiuti solidi urbani, che per molti anni ha gestito la discarica denominata S4 situata in Latina, località Borgo Montello, su aree di sua proprietà.

Essendo in corso di esaurimento l’invaso S4, la I. Srl ha presentato alla Regione Lazio un progetto per la realizzazione di un nuovo impianto per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani denominato S5, onde ottenere l’approvazione e l’autorizzazione ex artt. 27 e 28 del d.lgs. 5.2.1997, n. 22.

La Regione Lazio, con ordinanza n. 4 del 30.1.1998 del Presidente della Giunta Regionale, ha ordinato a I. Srl di iniziare i lavori di scavo propedeutici all’allestimento del nuovo invaso.

Il Comune di Latina, però, ha posto in essere comportamenti strumentali finalizzati ad impedire la nuova discarica, tra l’altro, stipulando un Protocollo di intesa con l’Amministrazione regionale impugnato e annullato con sentenza del TAR del Lazio n. 4176/2000.

Con la medesima sentenza n. 4176/2000 è stata annullata anche l’ordinanza comunale n. 49/1998 e la determinazione n. 74 del 17.9.1999 (con le quali l’Amministrazione comunale aveva autorizzato la E. Srl a bonificare i bacini S1, S2 ed S3, di proprietà della Capitolina S.r.l., al fine di recuperare volumi per abbancare nuovi rifiuti per 350.000 mc.).

Nelle more, la I. S.r.l. è stata autorizzata a realizzare l’impianto denominato S5, ma il progetto di ampliamento dello stesso, presentato il 23.12.1999, ma non è stato sottoposto alla prevista conferenza di servizi a causa di una diffida pervenuta dal Comune di Latina con nota 18.4.2000 n. 38450.

Di contro, la Regione Lazio – premesso che con sentenza n. 4176/2000 era stata annullata la citata autorizzazione rilasciata alla E. Srl per bonificare i bacini S1, S2 ed S3, in quanto il giudice amministrativo aveva rilevato l’incompetenza dell’Amministrazione comunale, essendo competente al riguardo l’Amministrazione regionale -, con deliberazione 20.6.2000 n. 1608, ha approvato il progetto presentato dalla E. Srl per la bonifica e la creazione di ulteriori volumi di abbancamento successiva alla bonifica degli invasi S1, S2 ed S3, presso la discarica di Borgo Montello.

La deliberazione regionale n. 1608/2000 è stata impugnata dalla I. Srl con ricorso RG n. 16681/2000, dichiarato inammissibile con sentenza in pari data rispetto alla presente.

Con successiva D.G.R. n. 202 del 6.2.2001 la Regione Lazio ha approvato una variante di dettaglio del suddetto progetto approvato con D.G.R. n. 1608/2000, consistente nella risagomatura dell’argine di collegamento prospiciente la discarica S4 (di proprietà della I. Srl).

In sostanza, dopo aver approvato il progetto della E. Srl avente ad oggetto la bonifica dei bacini S1, S2 ed S3 e la creazione di ulteriori volumi di abbancamento, la Regione Lazio ha autorizzato la medesima Società a mettere in esercizio l’invaso ubicato tra i bacini S1 ed S3, senza prima che l’intera la bonifica fosse completata.

Peraltro, come risulta dal verbale della Polizia Provinciale di Latina del 28.11.2000, a seguito di un sopralluogo in cantiere, è emerso che alcune opere sono state realizzate non in conformità alla DGR n. 1608/2000. Malgrado ciò, all’esito della conferenza di servizi del 13.7.2001, è stato rilasciato parere favorevole alla messa in esercizio dell’invaso ubicato tra il bacino S1 ed il bacino S3, ed il 3.8.2001, la Regione Lazio ha adottato la deliberazione n. 1245 rilasciando alla E. Srl l’autorizzazione ex art. 28 del D.Lgs. n. 22/1997 e dell’art. 16 della L.R. n. 27/98, per la messa in esercizio dell’invaso indicato.

La I. Srl – avendo in comune con l’invaso autorizzato l’argine di contenimento e la falda acquifera ed avendo rilasciato una fidejussione pari a 8 Mld. di lire in relazione al rischio inquinamento – ha ritenuto erronee ed illegittime le determinazioni assunte dalla Regione Lazio ed ha proposto ricorso dinanzi al TAR del Lazio, avanzando la domanda di annullamento indicata in epigrafe.

L’Amministrazione regionale, costituitasi in giudizio, ha sostenuto l’infondatezza del ricorso e ne ha chiesto il rigetto.

Anche la controinteressata E. Srl si è costituita in giudizio sostenendo l’infondatezza delle censure proposte dalla Società ricorrente ed ha eccepito, in corso di causa, il sopravvenuto difetto di interesse della I. Srl.

Con ordinanza 6.12.2001 n. 7469, è stata rigettata la domanda cautelare proposta dalla Società ricorrente.

Con successive memorie le parti hanno argomentato ulteriormente le rispettive difese.

All’udienza del 28 ottobre 2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

Motivi della decisione

1. In via preliminare, il Collegio esamina e respinge l’eccezione di improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse della ricorrente, proposta dalla E. Srl.

La controinteressata, per sostenere tale eccezione, ha fatto riferimento ad atti successivi a quello impugnato che inciderebbero sull’esito della causa, avendo determinato il mutamento della situazione di fatto e di diritto esistente all’epoca in cui è stato adottato il provvedimento contestato. In particolare, la E. Srl ha rilevato che: – i provvedimenti impugnati sono stati eseguiti; – con d.d. 8.8.2002 n. 667 è stato approvato l’intero progetto esecutivo e costruttivo degli invasi S1, S2 ed S3 (mentre la DGR n. 1245/2001 ne aveva approvato solo una parte) e con successivo decreto n. 130 del 25.10.2005 è stato autorizzato l’ampliamento dell’impianto; – è stato, poi, approvato il nuovo Piano regionale dei rifiuti (che prevede in Borgo Montello anche gli impianti della E. Srl); – sia la Società ricorrente che la Società controinteressata hanno ottenuto successivi provvedimenti autorizzatori che hanno loro consentito di svolgere le loro attività nel campo dello smaltimento dei rifiuti mediante l’apertura di nuovi invasi, essendo i precedenti (oggetto di causa) ormai chiusi.

Il Collegio non può escludere che, almeno alcuni di tali atti abbiano potuto incidere sull’interesse della ricorrente a coltivare la causa, ma la maggior parte degli atti citati dalla controinteressata (ad eccezione dell’AIA oggetto del decreto n. 35 del 5.4.2007) non sono stati prodotti in giudizio e, quindi, non sono stati forniti sufficienti elementi di valutazione per ritenere fondata l’eccezione.

2. Passando all’esame del merito, il Tribunale rileva che la I. Srl ha proposto i seguenti motivi di ricorso:

A. violazione delle DDGGRR n. 1608/2000 e n. 202/2001 ed eccesso di potere sotto diversi profili: – a fronte dell’approvazione di un progetto per la bonifica degli invasi S1, S2 ed S3 (approvato con DGR n. 1608/2000, impugnata con ric. RG n. 16681/2000), con il provvedimento impugnato la E. Srl è stata autorizzata a mettere in esercizio l’invaso localizzato tra i bacini S1 ed S3, prima di procedere alla bonifica di tutti i bacini (come previsto dalla citata DGR n. 1608/2000); – la Regione Lazio ha erroneamente preso per buone le considerazioni del collaudatore (cfr. nota 18.7.2001) tese a giustificare la mancata esecuzione totale del polder e la relativa mancata esecuzione della prescrizione VIA (confermata dalla DGR n. 202/ 2001 che imponeva la totale realizzazione del polder al fine di sottoporre a collaudo definitivo l’opera: cfr. pag. 5), e l’eliminazione delle gabbionature metalliche, che non erano state eliminate nel progetto di variante approvato con DGR n. 202/2001 (come erroneamente affermato dal collaudatore), ma, semplicemente, non erano state citate (con conseguente vigenza delle prescrizioni VIA dettate al riguardo, posto che la stessa DGR n. 202/2001 prescriveva che restavano valide le citate prescrizioni VIA); – in ogni caso, lo stesso collaudatore ha dato atto che il sistema protettivo riguardante gli argini, previsto dall’Ufficio VIA, è stato realizzato solo sul versante esterno e non su quello interno; – inoltre, il collaudatore ha rappresentato che il sistema di monitoraggio geoelettrico (teso a verificare l’esistenza di eventuali lesioni del telo impermeabilizzante), prescritto dall’Ufficio VIA regionale, sarebbe stato realizzato con un sistema alternativo (non in linea con quello prescritto dall’Ufficio VIA, più garantista in quanto composto da un maggio numero di elettrodi);

B. violazione dell’art. 15 della L.R. n. 27/1998 (che disciplina il parere da esprimere ai fini dell’approvazione del progetto) ed eccesso di potere per difetto di istruttoria: – contrariamente a quanto previsto dalla normativa richiamata, alla conferenza di servizi istruttoria del 5.4.2001 hanno partecipato i rappresentanti degli enti locali, l’a.d. di E. Srl, il progettista ed il collaudatore nominati dalla citata Società, ma non anche i rappresentanti degli uffici tecnici competenti (VIA, Geologico, UAPA, ASL); da ciò consegue l’illegittimità derivata del parere espresso ai sensi dell’articolo 16 della medesima legge regionale (che disciplina il parere da rendere ai fini dell’autorizzazione all’esercizio delle attività di smaltimento);

C. violazione dell’art. 15, comma 2, lett. c), della L.R. n. 27/1998, e degli artt. 8 e 9 del DPR 12.4.1996 recante norme in materia di VIA: – la normativa richiamata prevede misure minime di pubblicità ai fini della valutazione di impatto ambientale che sono state rispettate in occasione dell’emanazione della DGR n. 1608/2000, ma non sono state rispettate nel corso del procedimento concluso con DGR n. 1245/2001, impedendo, così, alla ricorrente di partecipare al procedimento e rappresentare le ragioni per le quali non sarebbe stato possibile rilasciare l’autorizzazione constata;

D. eccesso di potere per erroneità dei presupposti e difetto di istruttoria, violazione della DGR n. 1608/2000 e della DGR n. 202/2001: – con le deliberazioni regionali indicate è stata autorizzata la realizzazione del progetto della E. Srl a condizione che fossero rispettate le prescrizioni dettate dall’Ufficio VIA, ma con verbale della Polizia provinciale di Latina del 28.11.2000, è stato accertato che tali prescrizioni non sono state ottemperate.

Con memoria 22.9.2011, per sostenere le proprie ragioni, la Società ricorrente ha rappresentato che le censure prospettate sono state confermate dagli accertamenti eseguiti dal Prof. Ing. Rodolfo Napoli, nominato consulente tecnico nell’ambito del proc. Penale RGNR 183/2007, da cui risulta che i lavori eseguiti in esecuzione dei provvedimenti impugnati hanno contribuito alla situazione di inquinamento che interessa l’area occupata dalle discariche.

Al riguardo, però, la E. Srl non ha accettato il contraddittorio eccependo che tali accertamenti sono stati svolti nell’ambito di un procedimento penale a lei ignoto e costituiscono frutto di una violazione del segreto istruttorio che non può consentirne l’utilizzazione nel presente giudizio.

All’udienza del 27 ottobre 2011 la ricorrente, per dimostrare di aver ottenuto e di poter legittimamente utilizzare la citata relazione tecnica, ha depositato in giudizio la richiesta di archiviazione del 4.8.2011 del Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Latina.

Al riguardo, però, si rileva che la citata richiesta di archiviazione riguarda il procedimento penale n. 7241/11 mod. 21, mentre gli accertamenti eseguiti dal Prof. Ing. Rodolfo Napoli sono stati eseguiti nell’ambito del procedimento penale n. 183/2007 mod. 21.

In presenza di tali dubbi e non avendo la parte ricorrente fornito ulteriori elementi di valutazione al riguardo, il Collegio ritiene di non poter utilizzare e non poter trarre argomenti di convincimento da tale documentazione.

3. L’Amministrazione resistente e la controinteressata E. Srl si sono difese in giudizio depositando note e documenti relativi alla vicenda, contestando le censure avanzate dalla parte ricorrente, affermando l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.

4. Il Collegio – premesso che con sentenza in pari data è stato respinto il ricorso RG n. 16681/2000 avente ad oggetto la DGR n. 1698/2000 – ritiene che il ricorso sia infondato e debba essere respinto.

4.1. Con il primo motivo di ricorso, la Società ricorrente ha contestato la violazione delle DD.GG.RR. n. 1608/2000 e n. 202/2001 ed il vizio di eccesso di potere sotto diversi profili, rilevando che con dette deliberazioni sarebbe stato approvato un progetto basato sulla preventiva bonifica delle discariche gestite dalla controinteressata (S1, S2, S3), cui avrebbe dovuto fare seguito la realizzazione di nuovi volumi da destinare allo stoccaggio dei rifiuti. A parere della ricorrente, tuttavia, la bonifica di tutti gli invasi non sarebbe stata portata a termine (mancando quella del bacino S2) a causa del mancato completamento del polder e della mancata installazione di gabbionate metalliche destinate all’argine comune agli impianti delle due Società. Al riguardo, la ricorrente afferma che l’Amministrazione regionale avrebbe erroneamente condiviso le considerazioni espresse dal collaudatore con nota 18.7.2001 (in risposta alla nota di I. Srl del 16.7.2001).

Tali censure risultano infondate in quanto, come correttamente controdedotto dalla Regione Lazio, va, anzitutto, considerato che in sede di conferenza di servizi del 5.4.2001, le Amministrazioni interessate hanno espresso parere favorevole alla esecuzione di collaudi separati per le opere finalizzate alla messa in sicurezza dei vecchi invasi colmi e le opere indipendenti da queste, quale l’invaso autorizzato con il provvedimento impugnato.

Per quanto concerne le censure con le quali la Società ricorrente ha messo in discussione valutazioni e scelte di carattere tecnicodiscrezionali quali, in particolare, quelle concernenti la mancata esecuzione totale del polder, l’eliminazione delle gabbionature metalliche ed il sistema di monitoraggio geoelettrico, il Collegio ritiene che tali contestazioni non siano inammissibili, come sostenuto della parti resistenti, ma è chiaro che le scelte di carattere tecnicodiscrezionale dell’Amministrazione sono sottratte al sindacato del giudice amministrativo, salvo evidenti profili di illogicità o abnormità (Consiglio Stato, sez. V, 25 luglio 2011, n. 4454; T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 18 maggio 2010, n. 11956).

Nella fattispecie, il Collegio ritiene che la parte ricorrente non abbia fornito sufficienti e idonei elementi di valutazione per indurre a ritenere manifestamente irragionevoli o palesemente errate le scelte tecnicodiscrezionali contestate e, quindi, le relative censure vanno respinte.

4.2. Con il secondo motivo di ricorso, la I. Srl ha lamentato la violazione dell’art. 15 della L.R. n. 27/1998, che disciplina il parere da esprimere ai fini dell’approvazione del progetto, ed il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria, rappresentando che, contrariamente a quanto previsto dalla normativa richiamata, alla conferenza di servizi istruttoria del 5.4.2001 hanno partecipato i rappresentanti degli enti locali, l’a.d. di E. Srl, il progettista ed il collaudatore nominati dalla citata Società, ma non anche i rappresentanti degli uffici tecnici competenti (VIA, Geologico, UAPA, ASL). Da ciò conseguirebbe l’illegittimità derivata del parere espresso ai sensi dell’articolo 16 della medesima legge regionale, che disciplina il parere da rendere ai fini dell’autorizzazione all’esercizio delle attività di smaltimento.

Tale censura presenta profili di inammissibilità, perché una contestazione del genere avrebbe dovuto essere proposta avverso il provvedimento di approvazione del progetto (oggetto del ricorso RG n. 16681/2000) e non contro il provvedimento con il quale è stato autorizzato l’esercizio delle attività di smaltimento.

Ad ogni modo, va considerato che la normativa richiamata dalla ricorrente (art. 15 l.r. n. 27/1998) riguarda il procedimento di autorizzazione degli impianti di smaltimento rilasciata con del. GR n. 1608/2000, ma non attiene al procedimento concluso con il provvedimento impugnato, al quale, invece, si riferisce l’articolo 16 della stessa legge, che non prevede l’adempimento istruttorio citato dalla ricorrente.

4.3. Stessa sorte spetta al terzo motivo di ricorso (violazione dell’art. 15, comma 2, lett. c), della L.R. n. 27/1998, e degli artt. 8 e 9 del DPR 12.4.1996 recante norme in materia di VIA), con il quale la Società ricorrente ha contestato che la normativa richiamata prevede misure minime di pubblicità ai fini della valutazione di impatto ambientale che sono state rispettate in occasione dell’emanazione della DGR n. 1608/2000, ma non sono state rispettate nel corso del procedimento concluso con DGR n. 1245/2001, impedendo, così, alla ricorrente di partecipare al procedimento e rappresentare le ragioni per le quali non sarebbe stato possibile rilasciare l’autorizzazione constata.

Anche sotto questo profilo, infatti, va rilevato che la normativa richiamata dalla ricorrente (art. 15 l.r. n. 27/1998) non attiene al provvedimento impugnato – al quale si riferisce l’articolo 16 della stessa legge che non prevede l’adempimento istruttorio citato dalla ricorrente -, ma al procedimento di autorizzazione degli impianti di smaltimento rilasciata con del. GR n. 1608/2000.

4.4. Va, infine, respinto, il quarto motivo di ricorso (eccesso di potere per erroneità dei presupposti e difetto di istruttoria, violazione della DGR n. 1608/2000 e della DGR n. 202/2001), con il quale la ricorrente ha rilevato che con le deliberazioni regionali indicate è stata autorizzata la realizzazione del progetto della E. Srl a condizione che fossero rispettate le prescrizioni dettate dall’Ufficio VIA, ma con verbale della Polizia provinciale di Latina 28.11.2000, è stato accertato che tali prescrizioni non sono state ottemperate.

Sul punto, va considerato – come correttamente rilevato dall’Amministrazione resistente e dalla controinteressata – che le doglianze di parte ricorrente si basano su un verbale della Polizia provinciale di Latina del novembre 2000 e, quindi, anteriore al positivo collaudo delle opere realizzate.

5. Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato e debba essere respinto.

6. Sussistono validi motivi – legati alla particolarità della vicenda e delle questioni trattate – per disporre la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

– respinge il ricorso;

– dispone la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa;

– ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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