Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 12-10-2011) 28-10-2011, n. 39165

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 4/10/2010, la Corte di appello di Firenze, confermava la sentenza del Tribunale di Lucca, in data 19/1/2009, che aveva condannato L.S. alla pena di anni quattro di reclusione ed Euro 8.000,00 di multa, oltre al risarcimento dei danni nei confronti della costituita parte civile, G.A. per i reati di usura continuata in danno di N.B.G. e del medesimo G..

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello, in punto di affidabilità delle dichiarazioni delle parti offese e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati a lui ascritti, ed equa la pena inflitta.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando tre motivi di gravame.

Con il primo motivo deduce violazione di legge, di norme processuali stabilite a pena di nullità e vizio della motivazione in relazione all’art. 644 c.p., comma 1 e comma 5, n. 3). Al riguardo si duole che le conclusioni raggiunte dalla Corte in punto di responsabilità dell’imputato sono fondate esclusivamente sulle dichiarazioni delle persone offese, in mancanza assoluta di riscontri oggettivi circa l’asserita dazione delle somme corrisposte e degli interessi usurari ed eccepisce che le dichiarazioni di entrambi i denunzianti difettano proprio del requisito di linearità e puntualità.

Con il secondo motivo deduce violazione di legge, di norme processuali stabilite a pena di nullità e vizio della motivazione in relazione all’art. 533 c.p.p. eccependo che dal complesso probatorio esaminato dai giudici del merito non emerge la prova della responsabilità dell’imputato "al di là di ogni ragionevole dubbio".

Con il terzo motivo deduce violazione di legge, di norme processuali stabilite a pena di nullità e vizio della motivazione in relazione alla dosimetria della pena ed al giudizio di comparazione fra le circostanze, fra le quali quella di cui all’art. 62 c.p., n. 4).

Il difensore della parte civile ha depositato nota comunicando l’avvenuto decesso di G.A..

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile in quanto fondato su motivi non consentiti nel giudizio per Cassazione e comunque manifestamente infondati.

Nell’esaminare le doglianze formulate dal ricorrente con il primo e secondo motivo, attinenti alla tenuta argomentativa della sentenza, appare utile ricordare, in via preliminare, i rigorosi limiti del controllo di legittimità sulla sentenza di merito.

Invero, ai sensi di quanto disposto dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non concerne nè la ricostruzione dei fatti ne1 l’apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile:

a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato;

b) l’assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. Con l’ulteriore precisazione, quanto alla l’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, che deve essere evidente ("manifesta illogicità"), cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchè siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento (Cass., Sez. 1, 26 settembre 2003, Castellana ed altri). In altri termini, l’illogicità della motivazione, deve risultare percepibile ictu oculi, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Cass., Sez. 4, 4 dicembre 2003, Cozzolino ed altri). Inoltre, va precisato, che il vizio della "manifesta illogicità" della motivazione deve risultare dal testo del provvedimento impugnato, nel senso che il relativo apprezzamento va effettuato considerando che la sentenza deve essere logica "rispetto a sè stessa", cioè rispetto agli atti processuali citati nella stessa ed alla conseguente valutazione effettuata dal giudice di merito, che si presta a censura soltanto se, appunto, manifestamente contrastante e incompatibile con i principi della logica (Cass., Sez. 4, 2 dicembre 2004, Grado ed altri).

Occorre, poi, precisare che, secondo l’insegnamento di questa Corte:

"In tema di valutazione della prova testimoniale, a base del libero convincimento del giudice possono essere poste sia le dichiarazioni della parte offesa sia quelle di un testimone legato da stretti vincoli di parentela con la medesima. Ne consegue che la deposizione della persona offesa dal reato, pur se non può essere equiparata a quella del testimone estraneo, può tuttavia essere assunta anche da sola come fonte di prova, ove sia sottoposta a un attento controllo di credibilità oggettiva e soggettiva, non richiedendo necessariamente neppure riscontri esterni, quando non sussistano situazioni che inducano a dubitare della sua attendibilità" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6910 del 27/04/1999 ud. (dep.01/36/1999) Rv.

213613; Sez. 5, Sentenza n. 8934 del 09/36/2000 Ud. (dep. 08/38/2000) Rv. 217355; Sez. 2, Sentenza n. 4281 del 17/08/2000 Cc. (dep. 24/08/2000) Rv. 217419).

Tanto premesso, occorre precisare che: "in tema di prove, la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e che non può essere rivalutata in sede di legittimità, a meno che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni" (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8382 del 22V2008 Ud. (dep. 25/32/2008) Rv. 239342).

Nel caso di specie il percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale non presenta contraddizioni manifeste, al contrario il controllo dell’attendibilità delle dichiarazioni delle due persone offese, N.B.G. e G.A., è stato effettuato dalla Corte con argomentazioni in fatto coerenti e prive di vizi logico-giuridici. Invero il ricorrente, pur avendo formalmente denunciato il vizio di difetto di motivazione (fondandolo sul mancato controllo della coerenza del narrato delle persone offese) ha, tuttavia, nella sostanza, svolto ragioni che costituiscono una critica del logico apprezzamento delle prove fatto dal giudice di appello con la finalità di ottenere una nuova valutazione delle prove stesse; e ciò non è consentito in questa sede. E’ il caso di aggiungere che la sentenza impugnata va necessariamente integrata con quella, conforme nella ricostruzione dei fatti, di primo grado, derivandone che i giudici di merito hanno spiegato in maniera adeguata e logica, le risultanze confluenti nella certezza della responsabilità dell’imputato per i reati contestati.

Per quanto riguarda il terzo motivo in punto di dosimetria della pena, le censure sono manifestamente infondate. In punto di diritto occorre rilevare che la sentenza appellata e quella di appello, quando non vi è difformità sulle conclusioni raggiunte, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una sola entità logico-giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.

Ne deriva che i giudici di merito hanno congruamente motivato in ordine alla determinazione in concreto della pena, avendo adeguatamente richiamato i precedenti specifici ed il comportamento dell’imputato, elementi sicuramente rilevanti ex artt. 133 e 62 bis c.p.p.. Va poi rilevato che nessuna censura può essere sollevata in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p. n. 4 dal momento che la questione non è stata sollevata con i motivi d’appello.

Nè il ricorrente indica elementi non considerati in positivo decisivi ai fini di una diversa valutazione.

Per quanto riguarda l’istanza di liquidazione delle spese proposta dal difensore della parte civile, occorre rilevare in diritto che:

"Alla morte della persona costituitasi parte civile – evento disciplinato dall’art. 111 c.p.c., in mancanza di specifica disciplina nel codice di rito penale – non conseguono gli effetti interruttivi del rapporto processuale, previsti dall’art. 300 c.p.c. ma inapplicabili al processo penale, che è ispirato all’impulso di ufficio. La costituzione resta valida "ex tunc" e gli eredi del defunto titolare del diritto possono pertanto intervenire nel processo senza effettuare una nuova costituzione, ma semplicemente spendendo e dimostrando la loro qualità di eredi" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 23676 del 19/3/2005 Ud. (dep. 23/36/2005) Rv. 231911;

Sez. 5, Sentenza n. 15308 del 21/03/2009 Ud. (dep. 09/34/2009) Rv.

243603).

Nella fattispecie, pur restando valida la costituzione di parte civile, anche in presenza del decesso della persona costituitosi parte civile, nulla può essere liquidato per le spese non essendo stata compiuta alcuna attività processuale liquidabile in Cassazione.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *