Cass. civ. Sez. II, Sent., 30-04-2012, n. 6596 Parti comuni dell’edificio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Provvedendo su due cause riunite, instaurate dalla Carla Maria s.s., di Carla e Maria Borgoglio – di poi mutata in Carla Valeria s.s., di Carla Borgoglio e Valeria Varona la prima nei confronti di T. A., la seconda verso Tu.An. e la Rosella di Turrin A. & C. s.a.s., entrambe dirette all’accertamento dell’appartenenza al condominio di (OMISSIS), di un cortile interno, il Tribunale di Chiavari condannava A. e Tu.An. e la Rosella di Turrin A. & C. s.a.s., a demolire la costruzione in legno realizzata all’interno di detto cortile e ad eseguire altre opere di rimessione in pristino.

Gravata dalle parti soccombenti, detta sentenza era riformata dalla Corte d’appello di Genova.

Riteneva la Corte territoriale, richiamandosi a giurisprudenza di legittimità, che in tema di condominio negli edifici il titolo contrario, idoneo ad escludere dalla comunione un bene oggettivamente destinato all’uso comune e incluso tra quelli di cui all’art. 1117 c.c., è soltanto l’atto istitutivo del condominio stesso, cui abbiano partecipato tutti i condomini, e che a tal fine può rilevare la clausola del contratto di vendita della singola unità immobiliare solo se riprodotta negli atti d’acquisto di tutti gli altri appartamenti. Rilevava, quindi, nello specifico, che il condominio era stato istituito con atto di divisione del 2.8.1971 tra V., N. e C.F., i quali, tra l’altro, avevano convenuto l’attribuzione a questi ultimi due dell’appartamento al piano terra, con annesso cortile di proprietà esclusiva, sicchè erano del tutto prive di rilievo le discrasie tra i successivi atti di cessione delle diverse unità immobiliari facenti parte del condominio, atti alcuni dei quali riportavano il cortile in oggetto come cosa comune, mentre altri lo indicavano come di proprietà esclusiva del titolare dell’appartamento posto al piano terra.

Pertanto, atteso che i T. avevano acquistato quest’ultimo immobile con il cortile di pertinenza dal precedente proprietario esclusivo ( C.F., il quale aveva acquistato la quota della germana N.), con atto del 4.2.1980, trascritto il 28.2.1980, dovevano considerarsi del tutto irrilevanti le mappe catastali, che descrivevano uno stato di fatto anteriore alla costituzione del condominio. A nulla valeva, pertanto, la circostanza che con atto precedente, del 4.11.1978, trascritto il 25.11.1978, N. e C.F. avessero ceduto ai danti causa dell’attrice l’appartamento posto al primo piano dello stabile condominiale, poichè la priorità della trascrizione non poteva "valere a sanare la carenza del diritto trasferito".

Per la cassazione di tale sentenza ricorre la Carla Valeria s.s. di Carla Borgoglio e Valeria Varona, formulando due motivi d’impugnazione, illustrati da memoria.

Resistono con controricorso A. e Tu.An. e la Rosella, di Turrin A. & C. s.a.s..

Motivi della decisione

1. – In via preliminare va respinta l’eccezione, sollevata dalle parti controricorrenti, di inammissibilità del ricorso per nullità della procura speciale, in quanto rilasciata dalla sola B. C. in relazione ad un atto da ritenersi di straordinaria amministrazione e come tale soggetto, a termini del contratto sociale, alla firma congiunta delle due socie e amministratrici.

1.1. – Infatti, ai sensi dell’art. 2298 c.c., comma 1, i poteri di rappresentanza attribuiti all’amministratore di società in nome collettivo vanno individuati con riferimento agli atti che rientrano nell’oggetto sociale, qualunque sia la loro rilevanza economica e natura giuridica, salve le specifiche limitazioni risultanti dall’atto costitutivo o dalla procura. All’interno di tali atti, pertanto, non si pone alcuna differenza, nemmeno in relazione al carattere dispositivo o conservativo dell’atto stesso, rilevando soltanto l’incidenza che l’atto abbia sugli elementi costitutivi dell’impresa e sulla possibilità di esistenza della stessa, sicchè, qualora lo statuto sociale distingua tra atti di ordinaria e atti di straordinaria amministrazione, può ritenersi eccedente l’ordinaria amministrazione, in quanto estraneo all’oggetto sociale, l’atto dispositivo che sia suscettibile di modificare la struttura dell’ente e perciò sia con tale oggetto contrastante, essendo esteriormente riconoscibile come non rivolto a realizzare gli scopi economici della società, perchè da essi esorbitante (Cass. nn. 8538/04 e 15422/05).

2. – Con il primo motivo è dedotto il vizio di omessa motivazione su di un fatto controverso e decisivo, ex art. 360 c.p.c., n. 5, "in relazione all’art. 1117 c.c.". Sostiene parte ricorrente che la Corte d’appello non ha dato contezza di come sia pervenuta ad affermare che all’appartamento di cui al piano terra, di proprietà di Tu.

A., sarebbe annesso in proprietà esclusiva il cortile in questione, proprietà non desumibile, ed anzi esclusa, dai confini dell’appartamento stesso così come descritti nell’atto di divisione del 2.8.1971. In particolare, parte ricorrente sostiene che dal testo di tale atto e dalla planimetria ad esso allegata si ricavi che il confine nord dell’appartamento posto al piano terra e assegnato a N. e C.F., descritto come "distacco a nord cui si accede dal civ. (OMISSIS)", escluda ex se che tale lato del cortile sia annesso in proprietà esclusiva a detto appartamento; che il testo del contratto divisorio, tacendo del tutto il confine sud non assegni quest’ultimo lato del cortile come annesso dell’appartamento citato;

che il confine ovest non riguardi alcuna porzione su quel versante; e che il lato est, descritto con la dizione "la recinzione metallica di separazione delle case civ. (OMISSIS) della stessa via", non può identificare altro che la dividente del solo tratto di cortile lato est col frontistante cortile dei predetti numeri civici di (OMISSIS).

3. – Con il secondo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. La Corte territoriale, sostiene parte ricorrente, pur avendo correttamente affermato che in tema di condominio negli edifici il titolo contrario, idoneo a escludere dalla comunione un bene oggettivamente destinato all’uso comune, è soltanto l’atto istitutivo del condominio stesso, o un successivo atto modificativo cui abbiano partecipato tutti i condomini, ha, però, erroneamente identificato tale atto istitutivo nella predetta divisione del 1971, la quale, invece, non ha annesso alla proprietà esclusiva dell’appartamento posto al piano terra il cortile in oggetto. I successivi atti di trasferimento delle unità immobiliari individuali non sono fra loro contraddittori, perchè tutti contemplano la proprietà condominiale del cortile.

4. – Entrambi i motivi da esaminare congiuntamente per la comune inerenza alla medesima questione, dedotta in maniera speculare (e dunque sostanzialmente ripetitiva) – sono infondati.

4.1. – Secondo la nota e costante giurisprudenza di questo S.C. il vizio di omessa od insufficiente motivazione, denunciabile con ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo quando nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile una obiettiva deficienza del criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio convincimento, mentre il vizio di contraddittoria motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della ratio decidendi, e cioè l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione adottata. Questi vizi non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (Cass. nn. 6064/08, 17076/07 e 18709/07).

In particolare, poi, per quanto attiene alla censura di omessa motivazione circa un punto (ora fatto) controverso e decisivo, il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento. Pertanto, la denunzia in sede di legittimità dell’omesso esame del documento deve contenere l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa (Cass. nn. 5377/11, 4369/09, 11457/07, 3075/06 e 7086/05).

4.2. – Nello specifico la Corte territoriale ha così motivato:

"Poichè nel caso di specie il condominio è stato istituito con la divisione per atto notaio Maggio del 2.8.1971 con il quale C. V. e C.N. e F. ebbero a dividere un compendio di provenienza successoria che comprendeva, tra l’altro, anche tutti gli immobili che erano loro pervenuti per via ereditaria, attribuendoseli negozialmente, e poichè in quella sede i paciscenti statuirono la attribuzione a N. e F. dell’appartamento al piano terra, con annesso cortile di proprietà esclusiva, oltre che dell’appartamento sito al primo piano, se ne trae (…) che del tutto privi(e) di rilievo sono le discrasie tra gli atti di cessione successivamente intervenuti, quanto alle diverse unità immobiliari che compongono il condominio, e che riportano, alcuni la previsione di condominialìtà del cortile ed altri della proprietà esclusiva del medesimo in capo alla unità al pianoterreno" (v. pagg. 9-10 sentenza impugnata).

A fronte di tale motivazione, le censure mosse dalla parte ricorrente, la quale in buona sostanza sostiene che il precitato atto divisorio non autorizzerebbe la conclusione tratta dalla Corte ligure, non sono tali da rendere certa – e non solo possibile o probabile – la soluzione opposta.

Nè il testo contrattuale, nè la planimetria allegata all’atto di divisione, l’uno e l’altra riprodotti nel ricorso in una con la descrizione del cortile conteso così come operata dal c.t.u., consentono di ritenere certa la tesi di parte ricorrente, basata non già su evidenze testuali o topografiche, ma su deduzioni tutt’altro che scontate, ove si consideri, per contro, che nessuno dei confini dell’appartamento al piano terra è descritto riferendosi al cortile, che pure, ed almeno per tre lati (nord, est e sud), stando alla tesi di parte ricorrente, avrebbe dovuto delimitarlo.

Mancano, dunque, i presupposti per cui possa ritenersi dimostrato il vizio motivazionale dedotto, mentre, per quanto concerne la violazione dell’art. 1117 c.c., è sufficiente osservare che parte ricorrente non indica alcuna affermazione di diritto, contenuta nella sentenza impugnata, che contrasterebbe con il suddetto dato positivo o con una qualsivoglia sua interpretazione.

5. – Il ricorso va dunque respinto.

6. – Le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della parte ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese, che liquida in Euro 2.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese generali di studio, IVA e CPA. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 12 gennaio 2012.

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