Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 12-10-2011) 28-10-2011, n. 39164 Giudizio d’appello rinnovazione del dibattimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 30/11/2010, la Corte di appello di Napoli, confermava la sentenza del Tribunale di Napoli, in data 17/6/2010, che aveva condannato M.C. e L.G. rispettivamente alla pena di anni due, mesi sei di reclusione ed Euro 600,00 di multa ed anni due, mesi due di reclusione ed Euro 450,00 di multa per i reati di uso abusivo di carte di credito, falso e (per il solo L.) sostituzione di persona.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità di entrambi gli imputati in ordine ai reati a loro ascritti, ed equa la pena rispettivamente inflitta.

Avverso tale sentenza propongono ricorso congiunto entrambi gli imputati per mezzo del comune difensore di fiducia, sollevando quattro motivo di gravame con i quali deducono:

1) Violazione di legge in relazione all’art. 192 c.p.p. stante la insufficienza della prova che il fatto sussista o costituisca reato;

2) Manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione;

3) Mancata assunzione di una prova decisiva, con riferimento alla revoca dell’assunzione del teste P.C. ed al diniego di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per l’assunzione del detto teste;

4) Violazione di legge per omessa concessione delle attenuanti generiche.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Quanto al primo e secondo motivo, i ricorrenti, pur avendo formalmente denunciato violazione di legge, in relazione ai criteri di valutazione della prova di cui all’art. 192 c.p.p. ed il vizio di difetto di motivazione hanno, nella sostanza, svolto ragioni che costituiscono una critica del logico apprezzamento delle prove fatto dal giudice di appello, soprattutto in ordine al ruolo di "palo" svolto da M.C. e quindi sulla sussistenza del concorso con l’azione criminosa posta in essere da L.G., con la finalità di ottenere una nuova valutazione delle prove stesse; e ciò non è consentito in questa sede. Infatti le critiche svolte in chiave di illogicità, risultano, in realtà, basate su mere deduzioni di fatto, alternative rispetto alle diverse valutazioni plausibilmente e del tutto coerentemente compiute dal Giudice del merito nell’ambito di scelte allo stesso riservate, mentre, sotto il profilo di diritto, le argomentazioni del ricorrente si rivelano manifestamente infondate. E’ il caso di aggiungere che la sentenza impugnata va necessariamente integrata con quella, conforme nella ricostruzione dei fatti, di primo grado, derivandone che i giudici di merito hanno spiegato in maniera adeguata e logica, le risultanze confluenti nella certezza della responsabilità di entrambi gli imputati per i reati loro contestati.

Quanto al terzo motivo in punto di diniego di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, le censure sono infondate, in quanto, secondo l’insegnamento di questa Corte: "in tema di rinnovazione, in appello, della istruzione dibattimentale, mentre la decisione di procedere a rinnovazione deve essere specificatamente motivata, occorrendo dar conto dell’uso del potere discrezionale, derivante dalla acquisita consapevolezza della rilevanza dell’acquisizione probatoria, nella ipotesi di rigetto, viceversa, la decisione può essere sorretta anche da una motivazione implicita nella stessa struttura argomentativa posta a base della pronuncia di merito, che evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in ordine alla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento" (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 5782 del 1^12/2006 Ud. (dep. 12/02/2007) Rv. 236064; Sez. 6, Sentenza n. 40496 del 21/05/2009 Ud. (dep. 19/10/2009) Rv.

245009).

Nel caso di specie, la Corte ha dato atto, con una motivazione congrua, della esistenza di elementi di prova sufficienti per effettuare la valutazione in ordine alla responsabilità di entrambi gli imputati, con la conseguente mancanza della necessità di rinnovare il dibattimento.

Infine è infondato il quarto motivo concernente le non concesse attenuanti generiche e la misura della pena giacchè la motivazione della impugnata sentenza, pure su tali punti conforme a quella del primo giudice, si sottrae ad ogni sindacato per avere adeguatamente richiamato per M.C. l’esistenza di numerosi precedenti penali – elementi sicuramente rilevanti ex artt. 133 e 62 bis c.p.p. – nonchè per le connotazioni di complessiva coerenza dei suoi contenuti nell’apprezzamento della gravità dei fatti. Quanto alla posizione di L.G., la Corte ha fornito una motivazione congrua, valutando negativamente il comportamento processuale dell’imputato che ha fornito una versione falsa dei fatti, volta a scagionare il suocero.

Nè i ricorrenti indicano elementi non considerati in positivo decisivi ai fini di una diversa valutazione.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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